lunedì 17 settembre 2018 - Associazione di volontariato Idra

Alta Velocità fra Firenze e Bologna | Un’altra Genova sotto l’Appennino?

​A un mese dal crollo del vetusto ponte Morandi, una doverosa riflessione sull’avveniristica (?) ‘grande opera’ TAV. L’associazione ecologista Idra scrive al prefetto di Firenze.

Ponte Morandi: ancora una volta una tragedia annunciata? 

“Il recente caso-Genova sembra attestare come una quantità di documenti, pareri, relazioni, segnalazioni, proposte o preallarmi vengano alla luce solo dopo e per effetto di una tragedia: così Idra nella lettera inviata al nuovo prefetto di Firenze, la dott.ssa Laura Lega, che ha accordato all’associazione ecologista fiorentina un incontro nelle prossime settimane sulle condizioni di sicurezza presenti lungo i 60 km di gallerie monotubo, prive di tunnel parallelo di soccorso, della linea ferroviaria ad Alta Velocità fra Firenze e Bologna, inaugurata a dicembre 2009.

Invitata a inoltrare, in attesa dell’incontro, eventuali segnalazioni urgenti, Idra ha trasmesso al rappresentante del Governo a Palazzo Medici Riccardi il lungo elenco di link ai documenti inviati negli anni passati a una quantità di soggetti istituzionali, pubblicati sul sito www.idraonlus.it. Nel caso della TAV appenninica, infatti, l’esigenza di un adeguamento in materia di sicurezza appare permanentemente urgente.

“Non abbiamo avuto notizia, dai tempi dell’entrata in esercizio della tratta ferroviaria in oggetto - scrive l’Associazione -, di misure infrastrutturali idonee a fugare il timore che su quella linea, costruita prevalentemente in galleria monotubo, eventi indesiderati come avarie, incidenti o atti di sabotaggio possano provocare conseguenze gravi o gravissime”Idra si chiede quindi al riguardo se siano state approntate “misure all’altezza delle emergenze prevedibili”, in grado di fronteggiare tali eventi.

Dopo la lezione di Genova, aggiunge Idra“è parso a noi doveroso tornare a scriverne al Governo affinché si assicuri un supplemento di verifica delle criticità paventate. Non si tratta qui soltanto, a nostro avviso, di investire in manutenzione e sicurezza. Nel caso della tratta ferroviaria sotterranea TAV Bologna-Firenze, infatti, il problema emerge più a monte: qui è la stessa progettazione dell’opera che appare viziata da frettolosità e imprudenza. Le stesse ‘vie di fuga’ dal tunnel, finestre intermedie poste a distanza reciproca di 6-7 km, sono state concepite e realizzate – per quanto è dato capire - come finestre di cantiere, non come autentiche uscite di sicurezza: se ne considerino al riguardo le caratteristiche quanto a pendenze, tracciati e accessibilità ai mezzi di intervento e di soccorso”.

In altre parole, si osserva, “mentre il crollo del ponte Morandi ha acceso l’attenzione pubblica sul tema dell’insufficiente monitoraggio delle opere in cemento armato ormai vetuste, nel caso della TAV fra Firenze e Bologna la ‘grande opera’ stessa appare essere mal concepita, un esempio di moderna infrastruttura inquinata da cattiva progettazione, intrinsecamente insicura.

E tuttavia, secondo l’Associazione, potrebbero “essere sfuggiti, a noi come alle cronache, provvedimenti e interventi che abbiano posto riparo alle manchevolezze (persino procedurali) segnalate dalle stesse autorità pubbliche, come il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze che – coinvolto nella progettazione degli ultimi chilometri della tratta, la cosiddetta “Variante Firenze Castello” ai sensi della L. 191/74 – era stato invece bypassato tre anni prima, assieme al Comando di Bologna - al momento della progettazione e dell’approvazione dei restanti 60 km di tunnel”.

Ecco perché la lettera propone in chiusura – considerato che non sono mancati nelle gallerie fra Firenze e Bologna episodi di disservizi, e di conseguenti disagi per gli utenti - un elenco dettagliato di quesiti che permettano di accertare se sono intervenute novità rispetto alle caratteristiche del tunnel, di conoscere le modalità e i risultati delle esercitazioni di soccorso attuate in questi anni sotto l’Appennino e di sapere, in particolare, se sia stato previsto di mettere in atto misure di sicurezza alternative idonee a compensare il rischio intrinseco, apparentemente non sanabile, derivante dalle caratteristiche della progettazione.




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