giovedì 29 dicembre 2016 - Clash City Workers

Almaviva: al referendum vince il Sì. Ma il No è davvero sconfitto?

Per molti lavoratori e lavoratrici Almaviva di Roma questo è un momento difficile... ci riferiamo a quella minoranza che per due mesi ha lottato ininterrottamente contro l'ennesimo sopruso tentato da padron Tripi.

Una "minoranza" che faceva gli interessi della maggioranza non solo dei propri colleghi, ma dei tanti, tantissimi lavoratori del settore, alle prese con un rinnovo contrattuale in cui le richieste dei padroni sono le stesse del loro pari di Almaviva. In realtà di tutti i lavoratori d'Italia, che ormai si sentono ripetere ossessivamente di dover ringraziare se ce l'hanno un lavoro, a qualsiasi condizione...

Oggi 590 loro colleghi hanno votato per tornare indietro, per chiedere all'azienda di riprenderseli, per accettare la proposta del Governo di prorogare questo stillicidio di altri 3 mesi. Non si risolve quasi niente, ma si spera di ottenere un po' di respiro e magari, chi sa, alla fine forse qualcuno lo varrà pure mandare giù questo schifo di taglio del salario e di controllo individuale. 
Al contempo si sconfessano mesi di sforzi spesi a tenere fermo almeno un punto, a non cedere su quello che si ritiene non negoziabile. Anche a costo di sacrificare gli interessi più immediati, anche a costo di essere messi all'angolo quando l'avversario gioca sporco (e l'avversario gioca sporco quasi sempre), come quando il Governo ha scorporato le vertenze di Roma e di Napoli che fino a quel momento avevano proceduto insieme.

Eppure noi ci vogliamo concentrare sui 473 NO che hanno confermato quello delle Rsu nel famigerato tavolo. Perché un 44% di lavoratori che non si fanno piegare dal ricatto neanche nell'isolamento dell'urna, neanche dopo che le lettere di licenziamento sono giunte (ieri mattina) a ricordare cosa significa davvero la scelta fatta... QUESTO è un fatto incredibilmente importante e per nulla scontato. Significa che quasi un terzo dei lavoratori dello stabilimento (che ne ha 1600) sente troppo grave il peso di quest'ingiustizia per poterla accettare, costi quello che costi. 


Una sensibilità che in genere appartiene a sparute avanguardie e che in questo caso è patrimonio di larga parte della forza lavoro.

Certo, fa male vedere i propri sofferti sforzi vanificati così. Lo sconforto rischia di divorarti. Ma essere un'avanguardia non è una cosa facile. E se non fossimo in un paese e in un periodo storico in cui le persone sono disposte a barattare tutto pur di lavorare, neanche ci arriveremmo a situazioni come questa. 
In pochi riescono a tenere duro, ma sono loro gli unici che potranno spezzare questo circolo vizioso. Per questo noi abbiamo provato a stargli vicino oggi e continueremo a farlo domani. Perché devono saperlo, devono sentirlo che non lo stanno facendo solo per sé stessi. Che per tanti sono e possono essere un esempio e che tanti – se solo sapessero, quando sapranno –, saranno lì a difenderli e sostenerli.

La vittoria, che è qualcosa di molto più profondo di Almaviva, di un accordo, di un voto, è fatta di una montagna di sconfitte. Ma l'unica battaglia che si perde davvero è quella che non si combatte. 
Per questo bisogna tenere duro, tenendo sempre a mente l'obiettivo di fondo, che è la fine dell'arroganza, la sete di rispetto e giustizia... Finché restiamo umani questo non potranno togliercelo.




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