giovedì 9 giugno 2016 - Olivia B.

Alitalia, le nuove divise e il "Buongiorno" paranoico di Gramellini

Gramellini si scaglia contro le nuove divise di Alitalia in nome della libertà delle donne a mostrare centrimetri di pelle sul posto di lavoro. 

Il Buongiorno di Gramellini oggi ha un titolo evocativo: "Alì Italia": un rimando a immaginari di Oriente fantastico e ladroni. Sottile. 

A suscitare la sua riflessione sono le nuove divise delle hostess di Alitalia che, dice il giornalista, arrivano "direttamente da un incubo della Fallaci o da un romanzo di Houellebecq".

Ho pensato subito ad un burqa e ho guardato la foto: sembrano divise normalissime e, anzi, la mia assenza di gusto in fatto di abiti mi farebbe dire che sono pure eleganti. Ma io di moda non ne so nulla. 

Cosa dà fastidio allora a Gramellini? "Dalla punta dei capelli a quella dei piedi, sarebbe vano cercare un centimetro di pelle scoperta" e questo è dovuto sicuramente a un ordine del committente mussulmano, ovvero il "nuovo proprietario di Alitalia, la Etihad di Dubai". 

Inoltre c'è una questione di moda che lo indigna: Gramellini ha gusto, ed è informato non solo di quello della sua vicina di casa, ma quello di tutte le donne. Per questo si sente in dovere di sottolineare che non conosce "una sola donna italiana che indosserebbe delle calze verdi, se non sotto la minaccia di un plotone di esecuzione".

Io per esempio uso calze verdi... ma questa scelta nasconde probabilmente, un desiderio di morte. Cosa direbbe Freud? 

In sostanza, termina Gramellini, in questa operazione ci legge "la certificazione di cosa succede quando un bene italiano finisce nelle mani di una cultura che, quantomeno in materia di donne, si trova nelle condizioni più di prendere esempi che di imporne". 

Intanto: per precisare la compagnia Etihad non ha sede a Dubai, ma ad Abu Dhabi. E questo lo dice Wikipedia, non ho fatto un'inchiesta. Questo per sottolineare come l'imprecisione su questo oriente immaginario e monolitico evocato partendo da "Alí Babà e i quaranta ladroni" sia di per sé ridicola. Anche perché "Alí Babà" è un testo di cultura persiana, non araba. E lo dice sempre Wikipedia se uno non ha il tempo di prendere una laurea o non si interessa della questione. 

Quind, in sostanza, qual è ragionamento non esplicitato dietro questo articolo? Voleva forse dire Gramellini che "questi" ci hanno rubato la compagnia di bandiera, sono "mussulmani" e quindi "retrogradi" e che noi, che siamo liberi, rivendichiamo la nostra indipendenza (economica in primis e culturale poi) in nome dei centrimetri di pelle scoperta nel corpo di una donna? E, giusto en passant, di una donna che sta lavorando. 
 
O forse questa è una lettura semplificata? Perché sembrerebbe un nazionalismo un po' sessista e islamofobo. 
 
Ma torniamo alle divise di Alitalia. 

Ma com'erano prima le hostess? Erano militanti delle Femen che rivedicavano la loro libertà sessuale e politica mentre servivano bloody mary in bikini? Erano veline? Da questo punto di vista sito di Alitalia c'è un'illuminante gallery che traccia la storia delle divise della Compagnia aerea dagli anni Cinquanta ad oggi. Qui sotto tre screenshot, per darvi un'idea. 

Ma chi le fatte e perché?

Quei venduti del Sole24Ore celebrano le nuove divise di Alitalia come un "concentrato del Made in Italy": sono firmate da Ettore Bilotta, che aveva già collaborato con Etihad e si ispirano alla moda anni Cinquanta e Sessanta.

Hanno suscitato proteste queste divise? Sì, qualcuna.

Secondo l'Huffigton Post sì, da parte dei sindacati perché "sembrano solo un BEL VESTITO", ma forse sono infiammabili: 

"Le nuove divise non rispettano gli standard della Iata, l'associazione internazionale delle compagnie aeree - spiega un delegato sindacale del personale navigante - in quanto realizzate per il 70% in acrilico, quindi in caso di incendio altamente infiammabili. Inoltre, prive di fregi, sembrano solo un bel vestito e non sono nemmeno altamente riconoscibili dai passeggeri", riporta l'agenzia Omniroma.

Qui il Buongiorno di Gramellini completo. 

 




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