martedì 2 maggio 2017 - Phastidio

Alitalia, distratte spoglie. Aspettando la soluzione di Renzi...

Sul Sole del 28 aprile scorso trovate un interessante articolo di Simone Filippetti che spiega, partendo dall’ipotesi che Etihad potrebbe non aver perso troppo (o aver addirittura guadagnato) dall’acquisto di Alitalia, quali potrebbero essere gli asset cedibili in una procedura di liquidazione del vettore. Pare sia rimasto ben poco, alla fine.

Si inizia ricordando che Etihad ha speso, per “salvare” Alitalia, 560 milioni, di cui però solo 387 milioni sono capitale azionario, quello necessario a rilevare il 49% da CAI, la società dei “Capitani coraggiosi”, che in realtà erano solo imprenditori che attendevano dal governo italiano un quid pro quo nei rispettivi settori di operatività. Etihad spese altri 60 milioni per rilevare 5 slot per volare da Fiumicino su Londra Heathrow, in seguito riaffittati ad Alitalia (non è dato sapere a quanto), sin quando l’alleanza con Etihad resterà in essere. Anche considerando che quegli slot sono su tracce orarie “scomode”, la liquidazione di Alitalia li riconsegnerebbe a Etihad, che potrebbe opportunamente valorizzarli.

Poi, come spiega Filippetti, altri 112 milioni sono stati impiegati da Etihad per rilevare il 75% del programma Mille Miglia, creando una società chiamata Alitalia Loyalty. Questo è un enorme database commerciale, oggi integrato nel sistema Etihad, che potrà essere riutilizzato dagli emiratini. Vi è poi stata una terza fonte di entrate per Etihad, come spiegato nell’articolo:

«Altre entrate da Alitalia, poi, a Etihad arriverebbero anche dal code sharing (le tratte fatte in condivisione): se un passeggero compra un biglietto Etihad ma il volo è gestito da Alitalia,la compagnia emiratina riconoscerebbe, sempre a detta di fonti interne, 200 euro agli italiani. Al contrario, invece, Alitalia riconoscerebbe 400 euro a biglietto per Etihad. Moltiplicato per le migliaia di biglietti venduti, il vantaggio non è da poco»

Se questi dati sono corretti, e vanno presi con le pinze visto che provengono da non meglio specificate “fonti interne”, che sono le stesse che si lamentano della presunta svendita del programma Millemiglia e degli slot, anche il code sharing rappresenterebbe una fonte di payback dell’investimento originario. Certo, si deve considerare anche il consolidamento delle perdite di Alitalia ma, se queste informazioni fossero confermate, potremmo dire che Etihad ha apprestato dei cuscinetti di protezione dell’investimento. Altro ci sarà da dire e da scrivere, sulla storia aziendale Alitalia-Etihad, ma questo pezzo è certamente interessante per avere delle coordinate di riferimento. A noi inizia a sorgere il sospetto che Alitalia, in ipotesi di liquidazione, abbia più o meno il valore di recupero di molte sofferenze bancarie su prestiti al consumo. Cioè quasi zero. Forse qualche aeromobile di proprietà.

Riguardo all’italico teatrino, vi segnaliamo poi che Matteo Renzi ha in testa un’idea meravigliosa per Alitalia, e ce la comunicherà entro metà maggio, dopo il lavacro democratico che lo incoronerà nuovamente front runner del Pd. Nel frattempo, oggi abbiamo sul Corriere un’intervista ad Augusto Fantozzi, il tributarista ex ministro che fu commissario straordinario Alitalia dal 2008 al 2011, e che presiedette alla creazione della Bad Company che sfilò dai portafogli degli italiani svariati miliardi, promettendo il lieto fine. Fantozzi ha in testa un’idea meravigliosa:

Su Alitalia come si fa?


«Con l’emissione di un’obbligazione convertibile da parte del Tesoro. Se il prestito non viene rimborsato diventa capitale, magari vendendo alcune quote ma mantenendo saldamente il potere d’indirizzo. L’abbiamo già visto con il Monte dei Paschi»

Fantastico, no? A parte che non è chiaro dove sarebbe la similitudine con MPS, qualcuno dovrebbe spiegare a Fantozzi che servirebbero molti, moltissimi soldi per rimodernare la flotta ed adeguarla alla nuova missione strategica, che poi è quella vecchia: il lungo raggio. Non basta la solita ingegneria finanziaria per disperati. Se poi avete dubbi, peggio per voi:

La Commissione Ue lo permette?
«Credo di sì, con adeguate garanzie. Le regole europee ormai sono interpretate politicamente e salvare strutture e posti di lavoro conta. Che senso avrebbe dire che andiamo in Europa con i gomiti larghi, se poi ci ritiriamo dal mercato? In Europa ci rispettano se siamo forti. E autorevoli»

Qui l’impressione è che il gomito, più che allargarlo, l’abbiamo alzato. Siamo autorevoli se teniamo in vita un’azienda decotta, ovviamente. Fantozzi giustifica la presenza pubblica nelle linee aeree in modo singolare, una sorta di “servizio universale di risulta”:

«Ma è una soluzione rinunciare a un settore strategico? E se poi Ryanair scoprisse che certe rotte non sono redditizie e le chiude? Ritorna un problema dello Stato. Meglio allora un’impresa a controllo pubblico, ma gestita come una vera impresa. L’abbandono a corpo morto lo trovo pilatesco. E non evita costi agli italiani»

Quindi, cari contribuenti, se le low cost lasciano rotte perché poco redditizie, tranquilli: quelle rotte le prenderebbe il vettore socialista italiano, con la sua vocazione a far perdite per prestigio nazionale ed allargare i gomiti in Europa per farsi rispettare. Ma sia ben chiaro che, per Fantozzi, le perdite possono venire solo dalle rotte, non dal personale:

«Qui lo Stato non deve ripianare a piè di lista. Ci dev’essere una forte presenza, ma in un assetto di mercato. Con un piano industriale che manda via le persone, se necessario. Alitalia farci riflettere su cosa vogliamo»

Quindi, repetita fantozziane: serve l’assetto di mercato, anche con la faccia feroce sui costi, personale incluso. Ma se ci sono rotte in perdita da presidiare, rilevandole dal “mercato” che non le vuole più, ci pensiamo noi, col vettore tricolore. Non fa un grinza logica, no? Povero disgraziato paese, con simile “classe dirigente”.




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