lunedì 27 maggio 2013 - Giovanni Greto

Al teatro la Fenice la trilogia da Ponte/Mozart

Forse è merito della bellezza delle musiche se le tre opere italiane, frutto della stretta collaborazione tra Mozart e Lorenzo da Ponte, continuano a riscuotere un così lusinghiero successo di pubblico, al punto che le 19 rappresentazioni – 8 per il Don Giovanni; 6 per le Nozze di Figaro; 5 per Così fan tutte – hanno fatto registrare nel celebre palcoscenico veneziano il tutto esaurito. Se poi la musica è interpretata da un ottimo cast, quasi identico a quello dell’esordio, – avvenuto nel 2010 per il Don Giovanni, nel 2011 per Le nozze di Figaro, nel 2012 per Così fan tutte – diretto da Antonello Manacorda, mentre la regia di Tiziano Michieletto ha sviluppato in maniera piacevole e fresca i fitti intrecci delle trame, ogni stupore è destinato a cadere.

Cronologicamente, la prima delle tre opere ad essere composta, fra l’ottobre del 1785 e l’aprile del 1786, e che diede il via alla collaborazione tra il librettista e il musicista, è stata ‘le nozze di Figaro’, in prima assoluta al Burgtheater di Vienna il I° maggio 1786. Scritta in gran segreto e tratta dalla commedia di Caron de Beaumarchais (1732-1799), il cui sottotitolo recita ‘la folle giornata’, l’opera è per Mozart un pretesto per prendersi gioco delle classi sociali dell’epoca che da lì a poco saranno travolte dai fatti con la Rivoluzione francese. I quattro atti originali, suddivisi in due tempi, hanno coinvolto un pubblico attento, rapito dalla qualità delle voci, a cominciare da quella del protagonista, il basso Vito Priante e dall’abilità del personaggio di Cherubino, interpretato dall’applauditissima soprano Alessia Nadin, fino a quelle della soprano Rosa Feola (Susanna), e della mezzosoprano Laura Cherici (Marcellina), che hanno ben duettato con le voci maschili di basso e tenore.

Il secondo lavoro, ‘Il dissoluto punito o sia il Don Giovanni‘, che debuttò con successo il 29 ottobre 1787 al Nostitz-Theater di Praga, è invece tratto dal dramma in versi ‘El burlador de Sevilla y convidado de piedra’(1630), dello scrittore spagnolo Tirso da Molina, attraverso il libretto ‘Don Giovanni o sia il convitato di pietra’ di Giovanni Certati, messo in musica da Giuseppe Gazzaniga, in prima mondiale al teatro San Moisè nel febbraio del 1787. Il dramma giocoso concepito da Mozart dilata la dimensione comica per accogliere una serie di registri: quello della passione amorosa, del dolore, dell’ira, della vendetta, della morte. Il libertino impenitente che non è felice, se non ogni volta che seduce, incapace di provare un vero e sincero sentimento amoroso, è stato ben reso dal baritono Markus Verba, per il quale hanno sofferto tre eccellenti soprano: Carmela Remigio, in quelli di Donna Anna, Maria Pia Piscitelli, in quelli di Donna Elvira, Caterina di Tonno, in quelli di una genuina contadina Zerlina. Se per i primi due lavori il regista ha rispettato il tempo originario dell’azione, per ‘Così fan tutte’, ha optato per una trasposizione ai nostri giorni. L’opera, andata in scena per la prima volta al Burgtheater di Vienna il 26 gennaio 1790, rappresenta forse l’esito più raffinato della drammaturgia mozartiana prima dello sconfinamento romantico costituito dal ‘Flauto magico’. Il tema dello scambio di coppia, esito, negativo(?), dell’incapacità dell’essere umano a mantenersi fedele, è stato forse la ragione per cui il regista ha voluto attualizzare un dramma giocoso sensualmente napoletano, trasportando la vicenda in un grande albergo moderno, privo di calore. Bravi gli interpreti a cominciare dalla frizzante Caterina di Tonno, inesausta protagonista anche nel ‘Don Giovanni’, la quale ha tratteggiato una scaltrissima cameriera Despina, fedele alleata del cinico deus ex machina Don Alfonso (il basso Luca Tittoto), qui nei panni del direttore dell’albergo. Hanno ottenuto consensi anche le due soprano Maria Bengtsson, la bionda Fiordiligi e Josè Maria Lo Monaco, la mora Dorabella, che hanno amato, chi prima e chi dopo, il tenore Ferrando (Anicio Zorzi Giustiniani) e il basso Guglielmo (Alessio Arduini). Un plauso finale alle scene rotanti, funzionali a mantenere vivo il ritmo di un intreccio incessante, forse il motore principale di una splendida trilogia.




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