giovedì 25 gennaio 2018 - Antonio Moscato

Afghanistan dimenticato

Si è parlato pochissimo in parlamento della nuova impresa nel Niger, che pure potrà avere conseguenze pericolose per il nostro paese, che entra irresponsabilmente in uno scenario africano sovraffollato da grandi e medie potenze impegnate a ridefinire i relativi spazi e aree di influenza, un po’ come il Piemonte entrò nella guerra di Crimea... 

Nessun bilancio è stato fatto della presenza militare italiana in Iraq, e tanto meno di quella in Afghanistan, che pure meriterebbe una riflessione almeno ogni giorno in cui un attentato nelle stesse aree superprotette di Kabul conferma che la “missione di pace” non ha pacificato un bel niente. Come aveva detto fin dall’inizio, controcorrente e per questo espulso, Franco Turigliatto.

E dello sfacelo in cui abbiamo lasciato la Somalia, che si dice in parlamento? E del nostro ruolo nel Libano? E degli affari dell’ENI in molti paesi, che spende centinaia di milioni in mazzette a politici corrotti? E che diciamo dei finanziamenti assicurati a Salini-Impregilo per enormi dighe contestate da paesi adiacenti e dalle popolazioni coinvolte, come quelle in Etiopia, finanziate dal governo italiano contro il parere della stessa ambasciata ad Addis Abeba? Sembrano scelte di scarso interesse per i cittadini comuni, ma sono intrecciate ai regali e alle facilitazioni alle industrie di armamenti, per le quali si trovano sempre le risorse, che invece mancano per la sanità, una scuola decente e gratuita, la difesa di industrie importanti che sono state acquistate, spremute e subito abbandonate da imprese straniere che hanno trovato ponti d’oro da tutti i governi per venire in Italia, salvo andarsene alla prima occasione.

L’indifferenza è sempre colpevole, ma in questo caso in cui si gettano centinaia di milioni in imprese africane controproducenti (non c’è solo il Niger, abbiamo creato una base a Gibuti, che il 98% degli italiani non sa dov’è e che paese è), imprese che possono alimentare e indirizzare verso di noi il terrorismo che già dilaga in un continente disastrato, è veramente irresponsabile. Per questo “Potere al popolo!” insiste su questi temi, rivolgendosi soprattutto a quegli elettori che sono ancora tentati da un’astensione di protesta o che credono all’utilità di un voto a LeU, un cartello elettorale che si presenta come di sinistra ma è già disposto a “dialogare” con il PD subito dopo il voto, e che per questo non riesce a dire una parola di autocritica su tutte le leggi di destra varate da anni di centrosinistra ben prima di Renzi, e su tutte le spese militari su cui il PD si è sempre trovato d’accordo con Berlusconi e la destra. Non parliamo neppure dei Cinque Stelle, che per guadagnare qualche voto stanno adattando il loro programma al centrodestra, lasciando cadere perfino l’opposizione alla TAV o alle Grandi Opere insensate.

Siamo soli, ma non dobbiamo avere paura di essere soli, perché in questo modo emerge meglio la nostra coerenza: rispetto al mercato delle vacche che ha caratterizzato la formazione delle coalizioni di centrosinistra e di centrodestra, ma anche perché il nostro programma non è fatto di promesse, ma di proposte di lotta. Presto entreremo nel vivo di una campagna elettorale a cui cercheremo di far partecipare attivamente molti dei compagni che erano stati delusi e che abbiamo ritrovato nel corso della raccolta di firme, e a cui proponiamo non solo il voto, ma di costruire insieme strumenti unitari di lotta per dopo il 4 marzo! (a.m.)




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