giovedì 16 agosto 2012 - Zag(c)

A Taranto l’album delle figurine è già completo

Mai si era vista tanta unanimità, tanto accorato appello e interesse per il lavoro e i lavoratori. Anni e anni di complicità, di colpevole silenzio se non di attiva partecipazione e responsabilità per i disastri ambientali, tutto d'un colpo spariti che diventano assertori dell'ambiente.

Paladini del lavoro e del sacrosanto diritto dei lavoratori e dei cittadini e mai si era visto un fronte cosi vasto e compatto. Tutti uniti, senza divisioni, senza distinzione. Governo, partiti di centro, di sinistra e di destra, sindacati, Capo dello Stato e corpi dello Stato, un fronte compatto nella difesa di ambiente e lavoro. Mai mobilitazione fu tanto vasta, persino da ricorrere alla Corte Costituzionale di fronte al pericolo della chiusura di una fabbrica.

Immaginiamo una fantasiosa ipotesi di un non dimostrato né dimostrabile rischio: la chiusura dell'area a caldo, non determina la chiusura di tutti gli impianti come quelli di Novi o Cornigliano?

Eppure di eventi simili nel nostro paese, soprattutto in questi ultimi tempi se ne sono verificati. Chiusura di fabbriche, imprenditori che son scappati all'estero, imprese che hanno chiuso lasciando sul lastrico interi paesi e intere isole. Mai si era vista la stessa mobilitazione delle forze sindacali e di partito. Ma cos'è che rende diverso il caso dell'ILVA di Taranto rispetto agli altri casi? 

Intanto è evidente un fatto: che a decidere della chiusura non è stato il padrone, ma la magistratura e che le motivazioni non sono il mancato profitto o la mancanza di competitività produttiva dell'impresa, ma semplicemente e banalmente la difesa della salute di una intera città e provincia. La perpetuazione di un reato e di un continuato massacro ai danni di un intero paese. Qualche generazione di uomini e donne condannate alla morte per inquinamento, una natura irrimediabilmente destinata alla morte per intere generazioni future, una Cernobyl in versione non nucleare. Una differenza, questa, banale? 

Basta poco e tutti si scoprono paladini del lavoro e dell'ambiante, dopo decine di anni di appelli inascoltati, di favoreggiamento e di complicità nel procurato disastro. Sì, ma in concreto cosa si fa al di là delle parole e delle intenzioni?
Intanto una campagna diffamatoria, accusatoria verso la magistratura e verso un Gip, certamente, anche loro non innocenti in questi anni. Come se la colpa dell'inquinamento non fosse causa non tanto di incuria e di memoria corta da parte delle forze politiche e sindacali, se non di attiva e fattiva complicità con gli inquinatori, ma di coloro che finalmente si son svegliati e hanno messo alla luce il reato.

Finché il reato è taciuto o perpetrato nel silenzio, va tutto bene. Quando questo viene messo in luce allora il mancato silenzio diventa reato e crimine. 
Come se le accuse provate di connivenza, di ricatti, di corruzione e concussione fra affari e politica, con silenzi stampa, campagne giornalistiche volte a minimizzare se non a nascondere e coprire, anche in questo caso, non fossero vere. 
Giustificazioni accompagnate da menzogne, falsità intorno alla vicenda e, soprattutto, ingannando tutti circa la possibilità di una convivenza fra questi impianti, questo sistema produttivo, questo modello di produzione e l'ambiente e la salute, magari accompagnate da qualche decina di milioni di euro, destinati non al risanamento di ciò che produce inquinamento, quindi non sulle cause, ma solo sugli effetti apparenti e marginali. E non è nemmeno vero questo! Intanto diciamo che i 336 milioni sono bruscolini se paragonati ai 5 miliardi destinate per il risanamento e parziale di Porto Marghera! E questo già la dice tutta! 

I famosi 336 milioni di cui 329 pubblici e 7 li dovrebbe mettere Riva sono prelevati da:

  • 110 milioni che provengono dal Fondo Sviluppo e Coesione della Regione Puglia
  • 20 milioni del Ministero dell’Ambiente, stanziati per il “federalismo amministrativo”
  • 90 milioni che provengono dal Programma di Ricerca e Competitività.
  • 50 milioni di euro per la bonifica del quartiere Tamburi stanziati nel 2006 e mai spesi perché mai arrivati
  • 25 milioni già destinati per quella del Mar Piccolo. Come sopra

Come si vede soldi finti. Giroconto. Come il gioco delle tre carte. In questo Tremonti ha fatto scuola, ma i suoi epigoni han superato il maestro. 

Ma la cosa che colpisce è che questi sono tutti soldi destinati alla bonifica degli effetti sul territorio.  Se non si interviene sulla causa (gli impianti del ciclo a caldo) questi soldi sono soldi buttati al vento. E' come dare una tachipirina a chi ha la febbre, si abbassa la temperatura (ammesso che si riesca con qualche goccia di tachipirina come sono questi 336 milioni), ma l'infezione rimane. E' solo una presa per i fondelli, come si è sempre fatto a Taranto. Ne vogliamo aggiungerne un'altra di presa per il c........al già riempito album delle figurine?




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