giovedì 11 maggio 2023 - Sabina Greco

A Sapri il dubbio che le Autorità possano davvero non vedere il pattume sistematicamente abbandonato in pieno centro

Percorrendo i vicoli di una Sapri, all’anagrafe il cuore del Golfo di Policastro, sorge improvvisa la domanda se vi sia una remota possibilità che emissari in genere di una Pubblica Autorità davvero non vedano il pattume sistematicamente abbandonato selvaggiamente in pieno centro (qui), lungo i perimetri delle abitazioni, agli angoli nemmeno tanto morti di strade e vie (qui). 

Muta la spola passa e ripassa, s’ode il Pascoli; percorrono passando da una parte all’altra, si succedono uno dopo l’altro come le immagini, le idee, i ricordi lucidi nella mente desta; leggono un appello, un’istanza, una preghiera a loro già offerta. Eppure esso sempre giace, luna dopo luna, abbattuto, torpido e indolente, in attesa di essere riammesso, trasformato, defunto. 

E allora, se nessuno di loro l’incolto vede, perché? 

A esplorare le vastità di una scienza che a studiare è la psiche essa immagina di chiarire ciò che a me pare oscuro con l’espediente di una rimozione, le cui cause si potrebbero ricercare in un’esperienza traumatica, seppur sbiadita, dell’infanzia. Dopotutto se ne fanno di dolorose in abbondanza. Per imitare Diogene in cerca dell’uomo con la lanterna e in assenza di una botte i soliti compagni di scuola rudi e prepotenti li hanno confinati in un bidone sozzo della spazzatura, unica sorte a portata? Calata l’ombra e obbligati da un padre poco caritatevole a portare la busta della spazzatura in cantina, voglia Iddio, che in occasione di una serata già sinistra sono stati rincorsi da una bestia randagia in odor di sangue? O è un innato disturbo d’ansia, la paura di entrare in contatto con germi e sporco, a determinare l’evitamento? 

Dall’altra i biologi e la loro idea di un’identità dell’essere vivente a risiedere nel suo patrimonio genetico ne fanno una questione di ereditarietà: la causa di una compromissione della percezione visiva, vizio o virtù, è di un certo bis-bis-bis-bisnonno che molti secoli fa ha iniziato a rifiutarsi di vedere la spazzatura e di preoccuparsi del suo smaltimento. A confessare la colpa è semplicemente l’assenza trasmessa di una tale sequenza del DNA. 

Oppure, ragione forse più plausibile di un’indifferenza densa e persistente a schermare la questione ambientale, mi insegna l’esimio Secci psicoterapeuta, è la proiezione delle contaminazioni psicologiche a pregiudicare quei contesti che immaginiamo e vogliamo invece sicuri e puliti: la coppia, la famiglia, la comunità, la scuola, il luogo di lavoro. Alla radice di una qualità di vita umana a ogni livello vi sono notoriamente emozioni e relazioni che qui languono trascurate, stagnanti e ostili a marcire nel degrado e assenteismo, incomprese e irrealizzate in una dimensione dell’essere-nel-mondo. La familiarità con il mondo e l’impegno concreto nelle cose del mondo sono i caratteri che contraddistinguono la quotidianità verso la quale è a tendere l’essere-nel-mondo, inteso ragionevolmente come cura, la quale è possibile solo a partire dall’intimità, o già cuore stesso del pensiero e del sentimento, che abbiamo con esso. 

E se è vero che dall’istante in cui scegliamo di abbandonare il cuore anche i problemi più semplici non troveranno soluzione, Sapri è destinata a smarrire la sua realtà e a viversi barbona tra scarti e rifiuti nelle perenni evoluzioni di un irrisolto, incapace di coltivare oltre la cultura del rispetto e della tutela dell’ambiente un’autentica psico-ecologia, basata sui valori della gentilezza, della reciprocità e del rispetto delle differenze (qui e qui).

 

Sabina Greco

 




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