venerdì 29 maggio 2015 - Angelo Cerciello

A 30 secondi dalla fine

A 30 secondi dalla fine (Runaway Train) è un film del 1985 diretto da Andrej Končalovskij. Il film comincia con due criminali che evadono dal carcere di massima sicurezza di Stone Heaven. Oscar Mannheimer, detto Manny, detenuto che è ritenuto un eroe per gli altri carcerati e un simbolo dall’intera comunità, progetta la sua evasione dopo tre anni di cella di isolamento. Alla sua fuga si unisce anche il giovane Buck che lo aiuta a evadere. I due fuggono dal carcere e finiscono in una stazione dei treni: la fuga dei due evasi avviene in pieno inverno con un freddo molto rigido. I due evasi salgono su un treno sperando di farla franca.

Però a questo punto la storia prende una piega inaspettata: il treno sul quale sono saliti Manny e Buck è senza guida perché il macchinista ha avuto un infarto ed è caduto dal posto di guida. Manny e Buck sono all’ignaro di tutto ciò e continuano il loro viaggio in treno completamente inconsapevoli.

Intanto sulle tracce dei due evasi c’è lo spietato direttore del carcere Ranken, noto per maltrattamenti ai suoi detenuti. Ranken prova del rancore nei confronti di Manny e si mette sulle sue tracce. Più avanti nel film Ranken scopre che i due evasi sono su un treno in fuga.

I detenuti nel treno trovano anche una donna che gli riferisce del fatto che il treno sia senza guida. Intanto Ranken riesce a salire sul treno ma Manny lo ammanetta e lo costringe ad affrontare l’inevitabile fine che li attende. Infatti Manny stacca la motrice dalle altre carrozze così salvando Buck e la donna già certi della loro morte. Infatti il treno viene dirottato su un binario morto perché non può essere fermato in alcun modo.

Manny finalmente può trovare la morte e la libertà da egli anelata ma soprattutto può condurre alla morte Ranken, suo acerrimo nemico. Prima dei titoli di coda compare la citazione di un dialogo del Riccardo III di William Shakespeare:

«Non c’è bestia che sia tanto feroce da non conoscere almeno un briciolo di pietà. – Ma io non la conosco, perciò non sono una bestia».

Il film è un film abbastanza profondo ed esistenziale: parla di libertà, parla di sopravvivenza, parla di come vivere nella società senza essere oppressi. Manny rappresenta l’emblema della libertà come anche dell’uomo al di sopra della moralità e delle convenzioni sociali.

Il film stimola anche molte riflessioni sulla vita dei detenuti e sulla speranza di redenzione per chi ha compiuto dei crimini: quindi un film sull’etica, sui valori morali, sulla giustizia da rispettare da parte di tutti gli individui, giustizia sia come valore assoluto e fondante per una comunità, giustizia intesa anche nella sua accezione di giustizia sociale.

Colpisce la scena del film in cui Manny sale in piedi su una delle carrozze del treno e il suo gesto è simbolo di ribellione verso la società: l’uomo lo fa intendere anche chiaramente in una delle scene del film in cui dice di essere in guerra contro la società. L’attore che ha impersonato Manny, Jon Voight, ha ottenuto un oscar per l’interpretazione di questo film come miglior attore. Il personaggio costruito da Voight è veramente stupefacente nella sua follia, nella sua ansia di libertà e nella sua voglia di non conformarsi alle regole della società. Egli, in un’altra scena del film, fa capire che vorrebbe essere come tutti gli altri ma la sua personalità, il suo carattere, il suo particolare temperamento non glielo permettono.

Ottima la colonna sonora che inserisce il film, anche per i temi trattati e la forma, tra una serie di film di quegli anni che parlano di ribellione, di libertà, di riscatto sociale, film che parlano di anticonformismo, film che parlano di indipendenza. Uno dei film a cui viene da pensare di quegli anni è Point Break del 1991 diretto da Kathryn Bigelow.




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