lunedì 31 gennaio 2022 - Giovanni Greto

40 anni di musica del Quartetto di Venezia

La longeva formazione festeggiata con affetto al Teatro Malibran

 

Il desiderio di celebrare i propri quarant’anni di attività di fronte ad un pubblico composito, ma pieno di ammiratori ed amici, si è potuto realizzare grazie all’Associazione Musikàmera, che è riuscita ad inserire nel cartellone della ricca stagione cameristica 2021, da poco conclusasi, il Quartetto di Venezia, con un concerto straordinario al Teatro Malibran.

Prima dell’esibizione, l’amico e musicologo Sandro Cappelletto ha evidenziato che cosa succedeva in ambito culturale nel 1981 – Margarethe von Trotta si aggiudicava il Leone d’oro alla mostra del Cinema di Venezia; Giuseppe Sinopoli debuttava a Berlino; iniziava l’avventura dell’Ex Novo Ensemble, storica formazione veneziana; ed altro ancora – allorchè i quattro musicisti si esibirono per la prima volta, in occasione di un saggio al Conservatorio veneziano Benedetto Marcello, dove avevano studiato, si erano conosciuti e avevano iniziato ad approfondire i grandi capolavori musicali.

Tre i compositori scelti dal Quartetto per il programma della serata : Ludwig van Beethoven( 1770 – 1827 ), Hugo Wolf( 1860 – 1903 ), Johannes Brahms( 1833 – 1897 ).

Del primo, i musicisti hanno affrontato il Quartetto n.4 in Do minore, che fa parte dei Sei Quartetti op.18, commissionati dal principe regnante Franz Joseph Lobkowitz e a lui dedicati. L’opera si sviluppa nei movimenti 1. Allegro, ma non tanto; 2. Andante scherzoso, quasi Allegretto; 3. Minuetto.Allegretto; 4. Allegro, e si è già potuta apprezzare in un recente passato, all’interno dell’esecuzione integrale dei quartetti d’archi di Beethoven, all’auditorium Lo Squero della Fondazione Cini, dove il Quartetto di Venezia è in residenza dal 2017.

La composizione, ancora una volta mette in luce alcune caratteristiche di Beethoven : il calore umano, una scrittura limpida, innovativa, sempre perfetta e sempre in divenire, il senso di mistero, oltre ad una intensa religiosità, che aleggia nelle sue opere. In parole semplici, il Quartetto n.4 è molto bello e i musicisti dell’Ensemble lo interpretano con passione, con calore e con una tecnica impeccabile, al punto da avvicinarsi, come spesso ha affermato nelle interviste rilasciate il violoncellista Angelo Zanin, all’ottenimento del suono di un unico strumento a 16 corde, che non è più un suono ma diventa come una voce.

Ascoltando la Italienische Serenade, un quartetto per archi in Sol maggiore del 1887, pare impossibile immaginare la tragica discesa verso l’abisso, che dieci anni dopo avrebbe portato Hugo Wolf ad un forte esaurimento nervoso, che in breve lo condusse alla follia, al punto da dover essere ricoverato in un nosocomio nel gennaio 1898, e cinque anni dopo alla morte fra atroci sofferenze.

Ispirato al romanzo del barone - scrittore Joseph von Eichendorff( 1788 – 1857 ), Aus des Leben eines Taugennichts (dalla vita di un perdigiorno), il quartetto è diviso in tre parti, per un tempo totale di sette minuti, ed esprime una musica gioiosa, creata da uno degli ultimi compositori romantici. Nella scrittura, chiara e leggera, probabilmente influenzata dall’opera prediletta da Wolf, la Carmen di Bizet, emergono nell’iniziale Sehr lebhaft (molto vivace), i pizzicati corali di tre dei quattro archi, adatti a rilanciare il solismo del primo violino.

Hugo Wolf dal 1884 al 1887 fece anche il critico musicale in una rivista assai mondana, Wiener Salonblatt, sulle cui pagine si scagliò violentemente proprio contro Brahms e i suoi seguaci.

Il Quartetto n.2 il La minore, op.51( 1865-1873 ) del compositore amburghese, erede forse dei quartetti beethoveniani, si inserisce, quasi a voler concluderlo, nella grandiosa parabola del Romanticismo musicale tedesco. E’ pervaso da un lirismo tormentato. Che si scatena nel movimento finale, il quarto, allegro non assai, allorchè il primo violino, durante l’improvvisazione, viene raggiunto ad altissima velocità dal pizzicato degli altri archi, concludendo con foga la composizione, secondo i caratteri propri della danza.

Applausi scroscianti e continuati ottengono, come prevedibile, non uno, ma due bis, a dimostrazione che i musicisti avrebbero continuato a suonare a lungo, idealmente sognando di far prolungare nel tempo la gioia di esibirsi in ogni parte del mondo.

Dal Quartetto n.8 in Do minore, op.110( 1960 ) di Dmitri Shostakovich( 1906 – 1975 ), in cinque movimenti, i musicisti hanno scelto di eseguire il terzo, l’Allegretto, una specie di valzer spettrale offuscato da passaggi inquietanti, che esprime l’inutile tentativo di sfuggire agli orrori della guerra.

Conclusione affidata, per così dire, ad uno standard beethoveniano, la Cavatina, vale a dire il quinto dei sei movimenti che compongono il Quartetto per archi n.13 in Si bemolle maggiore, op.130( 1825-1826 ). Nel movimento sta forse la soluzione al contrasto fra due elementi che paiono escludersi a vicenda, vale a dire la cantabilità e l’elaborazione motivica, quest’ultima considerata da sempre caratteristica dello stile di Beethoven.

Complimenti ad un quartetto storico che, vista l’anagrafe, potrà ancora a lungo frequentare le sale da concerto. E dunque lunga vita ad Andrea Vio, primo violino; Alberto Battiston, secondo violino; Mario Paladin, viola; Angelo Zanin, violoncello.

Foto Teatro Toniolo/Facebook




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