lunedì 28 settembre 2015 - Carcere Verità

Udienza contro Rachid Assarag. Il Ministero della Giustizia si costituisce parte civile

Nel 2014, la condanna alla “Pena di morte all’italiana” scattò per 44 persone, ovvero i detenuti che nelle nostre galere di vetro decisero di togliersi la vita.

Il diciannovesimo, in una fila di nomi e cognomi, mi capitò di vederlo indicato con la dicitura “ignoto”.

Il nome che non è mai stato legato a quel numero, è FATTEN SOFIEN che a Giugno dell’anno scorso, si trovava nel cortile di Sollicciano (FI), prima di prendere la decisione di chiudersi nel bagno della sua cella, con il fornellino a gas e soffocarsi.

Rachid era nello stesso cortile e vide ciò che sempre viene taciuto, nei trafiletti di giornale che parlano di queste storie: la cronaca di un suicidio annunciato.

Subito scrissi quella storia sul blog e intitolai l’articolo: “In un caldo pomeriggio di Giugno, Fatin decise di morire”.

Dopo quasi tre mesi di insistenze, per essere preso a verbale, il 30 Agosto 2014 Rachid querelò gli agenti, che quel pomeriggio spinsero Sofien al suicidio, sottovalutando il nervosismo isterico di un ragazzo, a cui era stato negato il diritto di terminare la sua telefonata alla famiglia.

“Voglio denunciare i responsabili della morte del detenuto Fatten Sofien, che è avvenuta il 3 Giugno 2014 e tutte le persone che hanno fatto le indagini, perché ho chiesto di parlare con qualcuno e non sono mai stato chiamato. Vengo sempre apostrofato con le frasi: _Stai zitto o fai la fine di lui_. Denuncio anche chi ha testimoniato il falso davanti al giudice. Denuncio quelli che hanno istigato il detenuto Fatten alla morte. Denuncio la mancanza di controllo dell’area trattamento”.

Perché tiro fuori questa storia oggi, dopo più di un anno?

Perché il 25 settembre c'è stata un’udienza a Firenze.

Per il suicidio del ragazzo? Certo che no.

Dicono che Rachid, sempre nell’Agosto del 2014, sia riuscito a rompere l’intero sistema di apertura e chiusura delle porte blindate, del suo reparto a Sollicciano, casualmente dopo il suicidio e prima che scadessero i tempi per sporgere denuncia.

In questo procedimento, il Ministero della Giustizia si è costituito “parte civile”.

Ecco, mi piacerebbe che il Ministero della Giustizia, si costituisse parte civile anche nei procedimenti (ancora mai partiti), in cui Rachid denuncia il carcere e quelle persone, agenti di polizia, medici e magistrati, che lavorando male, torturano, insultano, umiliano, stremano e magari inducono al suicidio, le persone che sono sotto la loro tutela.

Mi piacerebbe che si costituisse parte civile e che lo facesse non per Rachid, ma per tutti gli altri agenti, medici, infermieri, educatori, garanti, che invece sono consapevoli della loro responsabilità e in un sistema che comunque sarebbe da abolire, lavorano secondo coscienza ed umanità.

Mi piacerebbe, perché così facendo, riconoscerebbero che la Giustizia dello Stato Italiano, viene “offesa” dalla violenza e dall’omertà di certi suoi “servitori”, più che da un blindato rotto, tutto da verificare.

Ma per il momento, il Ministero si è scomodato per stare dall’altra parte della barricata, che poi sarebbe quella più intuitivamente giusta.

Ma non sempre chi ha ragioni da vendere, è poi chi ha effettivamente ragione… ho fiducia che anche il Ministero lo capirà e un giorno ce lo troveremo come parte civile, dalla nostra parte.

(Foto: "Sollicciano Prison (Florence) 5" di Freepenguin )




Lasciare un commento