Sdoganato l’inciucio da D’Alema. Poi lo stop e Casini attacca il Pd

Retroscena Strada in salita per trovare un accordo fra Berlusconi e il Pd con la mediazione del leader dell’Udc e impedire il voto sul “processo breve” e approvare invece il “legittimo impedimento” per le più alte cariche dello Stato
di Pietro Orsatti su Terra
Dietro questa dichiarazione, che ha scatenato le reazioni (è nelle cose del Pd) di Dario Franceschini e ovviamente di Antonio Di Pietro e Claudio Fava, c’è un’operazione che vedrebbe Pierferdinando Casini come mediatore con il placet del presidente della Camera Gianfranco Fini. Non è un mistero, infatti, che l’Udc suggerisca, da tempo, la soluzione del «legittimo impedimento» che congelerebbe i processi nel corso dell’espletamento dei ruoli istituzionali da parte del premier o di altre cariche dello Stato. Giovedì scorso la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha deciso a questo proposito che del testo scaturito dalla commissione Giustizia sul legittimo impedimento discuta l’Aula della Camera a iniziare dal prossimo 25 gennaio. Sarà quella l’occasione per misurare la possibilità di una convergenza tra maggioranza e opposizione. A patto che «la maggioranza metta da parte in Senato il testo sul processo breve», ha spiegato Michele Vietti del partito di Casini.
Questo almeno fino alle prime ore del pomeriggio di ieri. Qualcosa forse non è andato per il verso giusto nei primi contatti fra Casini e il premier convalescente, se dopo aver lanciato l’ennesimo appello venerdì a abbassare i toni («questo è il momento di chiudere i falchi in gabbia e far volare le colombe»), dichiara, scandendo le parole, che «se Berlusconi pensa di trascinare il Paese sulla strada dell’avventura e delle elezioni anticipate in un attacco dissennato al Quirinale e alla Consulta, dall’Udc avrà le risposte inedite che si merita. Il dopo Berlusconi è già iniziato: o grandi riforme o un grande galleggiamento che porterà il suo bagaglio di odio e rancori. Chi guida il Paese non può amplificare le tensioni». Ma non solo, anche l’accordo di cui si sarebbe dovuto fare da meditare viene liquidato con una battuta secca: «Per le riforme vogliamo una se de legittimata dal Parlamento nella quale ciascuno si assuma le proprie responsabilità, non una conventicola o un cenacolo privato». Fine dell’inciucio ancor prima della sua nascita? O solo una carta sbattuta sul tavolo per determinare posizioni e posta in gioco? Nelle prossime ore si ipotizza, comunque, un incontro fra il leader dell’Udc e il premier, ma intanto non si placa certo il clima di accuse e contro accuse che i falchi dei due schieramenti hanno messo in atto questa settimana. Una sorta di chiamata alle armi, dove non sembrano accettati posizioni neutrali e obiettori di coscienza. Lo sa bene Gianfranco Fini, che in caso di elezioni anticipate, non si presenterebbe a fianco del premier e sul processo breve ha più volte espresso il proprio dissenso. Da giorni si parla di una riunione riservata degli ex An promossa dal presidente della Camera per contare chi si schiererebbe con lui in caso di rottura con Berlusconi. E proprio per impedire a Fini di riorganizzare i suoi Berlusconi potrebbe accelerare i tempi e aprire la crisi di governo.