lunedì 30 novembre 2009 - Piero Sorrentino

Caro papà. Risposta immaginata a Pier Luigi Celli

Caro papà,
 
grazie dei complimenti per la carriera universitaria che mi fai dalle pagine di uno dei principali quotidiani di questo Paese. È una fortuna non da poco. Non tutti i figli hanno il privilegio di leggerli, e non tutti i padri di scriverli. Per esempio il papà del mio compagno di corso Cesare, un metalmeccanico di Latina con tre figli e una moglie casalinga, ha acquistato nelle pagine di cronaca locale del Messaggero un piccolo box di tre righe per la laurea di suo figlio: solo per la soddisfazione di veder comparire il nome del suo pupillo - e la relativa, brillante votazione - a pag. 47, nella colonna riservata ai “piccoli annunci”, tra un annuncio di massaggi erotici e un appello per il ritrovamento di Bibo, un cucciolo di Jack Russell scomparso a Vairano Scalo la settimana scorsa.
 
Ho letto con attenzione la tua lettera. Intanto mi chiedo perché tu non me l’abbia lasciata sul tavolo della cucina, o spedita nella mia casella privata di posta elettronica. Che, per caso ti si è impallata di nuovo la rubrica, e il mio nome è andato a finire sotto l’indirizzo della redazione di Repubblica?
Non ti preoccupare; anche se fosse stato un gesto sbadato, non importa. È lo stesso una lettera bellissima. Lo sfogo di un uomo amareggiato, addolorato. Un’invettiva rabbiosa contro i poteri forti di questo Paese. Contro chi questo Paese se l’è mangiato, giorno dopo giorno, ingoiandolo a grossi bocconi o a microscopici pezzi. Contro questa “società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l’affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.”. Ben detto, papà. Un Paese debole, cinico, falsamente morale ma profondamente moralista, che ama presentarsi al mondo sotto una veste seducente e amabile, salvo poi sapersi vendere in privato al miglior offerente, al più forte, al più aggressivo, al più furbo, al più ricco; un popolo capace di nascondere sotto una coltre di frizzi e lazzi il peggior sangue, le truffe più pericolose, le ribalderie della peggior specie. Bravo papà!
 
Gruppi bancari, università, compagnie telefoniche, aziende che fatturano centinaia di milioni di euro. Unicredit, Eni, Omnitel, Wind, Rai, Luiss Guido Carli. Tu sì che sei un esperto della materia! In questi anni sei stato immerso fino al collo nel midollo di potere italiano. Ti sei seduto su poltrone che scottavano. Sei stato per ben tre anni al vertice della Rai. Direttore generale, eh! Tre anni son tanti. Chissà quanto ti sei dovuto barcamenare tra lottizzazioni selvagge, tentativi di raccomandazione, bustarelle, intrallazzi, veleni. Non deve essere stato facile per te uscirne talmente pulito da poterti permettere di scrivere a testa alta quella lettera a Repubblica. Papà, che orgoglio mi dà la stesura di questa lettera! Che brivido mi corre lungo la schiena, a leggere il tuo appello a lasciare questo Paese martoriato da gruppi bancari, università, compagnie telefoniche, aziende che fatturano centinaia di milioni di euro all’anno. Hai tenuto gli occhi chiusi per tutti questi anni, papà mio? Il naso turato per non sentire il puzzo che saliva da sotto quelle potentissime poltrone che hai occupato? Quanto hai dovuto tenere stretti i tuoi occhi, papà, per non vedere il marcio che mi indichi nella tua meravigliosa lettera?
Quanto dolore, povero papà mio. Mica come il papà di Cesare, il metalmeccanico con le ritenute fiscali in busta paga. Lui di questo Paese non sa niente. Tu no, papà. Tu sai tutto.
 
Ti abbraccio,
 
tuo
 
 
p.s. Mi è arrivata una email anonima. Contiene la scheda editoriale del tuo superbo saggio “Comandare è fottere”. Dice:“Ci sono troppe cose che si fanno ed è bene non dire." Questo è un libro che non fa giri di parole. Che magari mentre tu stai lì a farli, gli altri ti soffiano la poltrona da sotto il sedere. Il mondo del lavoro è una giungla, con poche regole e tanti aspiranti leoni. Lo sa bene Celli, che per anni è stato ai vertici delle maggiori aziende italiane. E allora risultano inutili, se non addirittura ridicoli, i discorsi buonisti e politicamente corretti sulle strategie per fare carriera.

In questo "piccolo vademecum per bastardi di professione" l’ex presidente della Rai dice tutto quello che di solito in proposito si tace. Ovvero che, alla faccia dell’utopia delle pari opportunità, "nascere bene" aiuta eccome. Così come aiuta saper scegliere la persona giusta da servire per poi abbandonarla quando serve, selezionare alleati e nemici, usare l’arte della seduzione e della finzione. E quando arrivi poi, consiglia Celli, non guardarti indietro, sii sempre pronto a succedere a te stesso o a farti rimpiangere attraverso i successori.
 
Secondo me è quello stronzo di Cesare. Adesso lo chiamo e gliene dico quattro.


6 réactions


  • Dillinger.it (---.---.---.185) 30 novembre 2009 18:04

    Qualche giorno fa abbiamo girato una video-intervista a Pier Luigi Celli:

    http://www.dillinger.it/celli-poter...

    Il titolo e’ tutto un programma: "Se fossi in voi me ne andrei". E’ un’anticipazione dell’articolo uscito oggi su Repubblica che sta destando tutto questo scalpore. Forse succede ogni volta che qualcuno in questo paese ipocrita dice la verita’.


  • Rocco Pellegrini Rocco Pellegrini (---.---.---.3) 30 novembre 2009 18:17

     la lettera di Celli è veramente un esempio di bacchettonismo e di ipocrisia senza fondo.

     Ma come si fa ad essere così sussiegosi prendendo le distanze da un mondo nel quale si è sguazzati come un pesce nell’acqua? Verrebbe da dire "da che pulpito viene la predica". 
     Eppure molte delle cose che dice sono giuste ma, dette da lui, assumono l’aria di una grossa presa in giro. Questa classe dirigente che ci ha regalato un’Italia ridotta in coma e che continua a suggerirci anche la critica ma a quale specie appartiene?
     La specie dei tartufi, senz’altro: non potendosi prendere altro ora vogliono anche il monopolio della protesta, anche se radical chic? Che vergogna Celli.... La prossima volta che vuoi parlare a tuo figlio fallo in privato che il più non ti appartiene.

  • Damiano Mazzotti Damiano Mazzotti (---.---.---.138) 30 novembre 2009 18:27

    Secondo me sistanno accorgendo che sta nacendo in molti giovani italiani il desiderio di prendere molti dirigenti e politici a calci nel culo..

    Per cui sperano di dividere i giovani spedendone il più possibile all’astero...


  • Gloria Esposito Gloria Esposito (---.---.---.155) 1 dicembre 2009 12:57

    Cmq io proporrei un minuto di silenzio per le sfighe del figlio di Celli e una scommessa: andiamo a verificare quanto tempo ci mette a trovare un lavoro e CHE TIPO di lavoro troverà.
    Una specie di promemoria di Agoravox a controllare più in avanti i potenti che piangono miseria.
    tanti saluti,
    Gloria


  • pv21 (---.---.---.180) 6 dicembre 2009 16:31

    Ha detto il Prof. Ichino che la famiglia italiana è un ostacolo alla crescita nazionale. Troppo protettiva e troppo "chiusa". Sono 200.000 all’anno le famiglie che saltano. Questa è una GENERAZIONE senza bussola che ha perso valori e disciplina di vita. Aspettiamo le sforbiciate della Gelmini per avere quella RIGENERAZIONE della Scuola basata su impegno e merito? L’importante è trovare il modo di apparire (parola di papà Gelli) ... (x altro => http://forum.wineuropa.it


  • (---.---.---.11) 18 febbraio 2010 18:27
    Al seguente link potete vedere il servizio realizzato da UniromaTV dal titolo "Non siamo bamboccioni, ma bit generation"




    Ufficio Stampa di Uniroma.TV

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