GeriSteve (---.---.---.254) 21 maggio 2017 11:10

Purtroppo il dibattito ruota sempre intorno al diritto di cittadinanza: jus soli, jus sanguinis. jus culturae...

Non credo che esista una soluzione buona. Si dovrebbe invece ripensare il concetto di cittadinanza.

Un bambino che frequenta le scuole italiane ha il pieno diritto di non essere discriminato dai suoi compagni in quanto "non cittadino italiano", però non ha senso conferirgli una cittadinanza nel senso classico.

Se i suoi genitori vengono espulsi dall’Italia il bambino-cittadino che fa? viene espulso anche lui? diviene adottabile? Se va via dall’Italia dopo esserci stato un anno o due lo si deve considerare un italiano all’estero e poi dargli il diritto di voto, il reddito di cittadinanza e la pensione sociale minima?
Se crescendo si rivela un pericoloso fanatico religioso incline al terrorismo che si fa? gli si revoca la cittadinanzza? Si deve per questo fare un esame - processo preventivo ad un bambino piccolo sulle sue credenze e ideologie?

La complessità delle situazioni richiederebbe soluzioni più flessibili che "cittadinanza si o no", piuttosto che criteri sempre più arzigogolati per dare o non dare la cittadinanza.

Nell’articolo si delineano tre "modalità di incontro fra culture": assimilazione, multiculture, integrazione.
Una nazione ha il pieno diritto di legare la cittadinanza o meno ad una certa modalità. Ad oggi, l’Italia non lo ha fatto. Se lo fa domani che succede? si revoca la cittadinaza a chi segue modalità non ammesse?

Mi pare ovvio che si debba pensare a forme di cittadinanze parziali e provvisorie che favorirebbero l’integrazione di chi si vuole integrare e permetterebbero di respingere chi invece dimostra di non volere essere italiano in senso pieno.

GeriSteve


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