martedì 4 aprile 2017 - Antonio Moscato

Venezuela a pezzi

Francamente speravo di non dover intervenire ancora sul Venezuela, su cui avevo scritto sempre meno per la difficoltà a fare i conti con l’accecamento di una buona parte della sinistra (quella per intendersi, che ha digerito e/o negato la capitolazione di Tsipras).

Ma qualcosa avevo scritto, vedi ad esempio i recenti Guai alle Cassandre… Venezuela: le proposte che Maduro ha rifiutato, ma anche La crisi del Venezuela della rendita petroliferaLe ragioni del riflusso dei governi “progressisti” in America latina oltre ai molti dedicati alla crisi del Brasile, ecc. Ma parlavo ai sordi.

Sinceramente speravo che la situazione si sbloccasse. Invece si è avvitata sempre di più, portando il mediocre successore di Chávez a gesti che lo hanno sempre più isolato. Incolto e mal consigliato, Nicolás Maduro ha creduto di poter ignorare il segnale poderoso giunto dalle elezioni del dicembre 2015: le opposizioni, anche se sgangherate e mal assortite, e pur senza aumentare i propri voti, hanno ottenuto i due terzi dei seggi nell’Assemblea Nazionale, grazie al non voto di tre milioni di elettori chavisti delusi dall’incapacità del governo di fronteggiare un’inflazione fuori controllo che nel 2016 ha raggiunto il 900%, e una speculazione che ha provocato la sparizione di molti prodotti di base dai supermercati.

Questo era il segnale da interpretare, per cominciare ad attuare quella svolta radicale che lo stesso Chávez aveva preannunciato nella sua ultima fase, e che prevedeva la lotta alla diffusa corruzione e ai facili arricchimenti realizzati dalla boliburguesia grazie a un incredibile sistema di cambi multipli; invece Maduro ha preferito raccontare in diretta TV favole sugli uccellini con cui lo scomparso Chávez lo avrebbe guidato… Intanto ha annullato fin dal primo momento ogni delibera votata dall’Assemblea Nazionale, direttamente o utilizzando organi nominati da lui stesso, come il Tribunale supremo di Giustizia o il Consiglio elettorale nazionale, che hanno negato con pretesti la seconda fase del controllo dei milioni di firme raccolte per un referendum sulla revoca o conferma del presidente (previsto dalla Costituzione e a cui si era sottoposto con successo lo stesso Chávez) e poi hanno annullato per irregolarità l’elezione di tre deputati nel collegio Amazonas, togliendo così la maggioranza dei due terzi alla ex opposizione. Ora, col pretesto che la presenza dei tre deputati in aula sarebbe un atto di “desacato” (ribellione, o almeno oltraggio alle istituzioni) c’è stato il colpo di grazia ai diritti sanciti dalla Costituzione che era stata proposta da Chávez e poi emendata successivamente da lui stesso: Maduro ha attribuito i poteri dell’Assemblea Nazionale al Tribunale supremo di Giustizia che lui stesso ha nominato, e ha tolto l’immunità parlamentare a tutti deputati, credendo di poter risolvere così un conflitto tra diversi poteri dello Stato!

Il tutto in un momento pessimo per i “progressisti” nel quadro internazionale: l’elezione di Trump può riservare non poche ulteriori sgradevoli sorprese, e sarebbe meglio non offrire comodi pretesti per un intervento; finora 20 paesi (su 34) si sono già pronunciati per la sospensione del Venezuela dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) richiesta dal segretario generale Luis Almagro (uruguayano del Frente Amplio, cioè della stessa coalizione di Pepe Mujica), ma potrebbero diventare di più dopo questo gesto di Maduro, ben più grave di tutti i precedenti. Tanto più che la difesa del Venezuela è affidata prevalentemente a Cuba e Nicaragua (che non sono certo esempi di rispetto delle forme democratiche, e per giunta non dispongono di risorse sufficienti ad alleggerire le tensioni sociali nel Venezuela).

“Il manifesto” secondo la sua abitudine ha delegato alla sola Gerardina Colotti il compito di fornire informazioni (in parte reticenti) e commenti largamente basati sull’elencazione delle malefatte altrui tipica dei “campisti”.

Che c’entra col Venezuela infatti scrivere che le nostre autorità usano “le alchimie istituzionali” per “aggiungere nuove esclusioni, esautorando referendum sui beni comuni” o anche imponendo “norme capestro che bandiscono le possibilità di welfare”? E che correttezza dell’informazione c’è se Almagro (della coalizione “progressista” uruguayana, che a me non è mai piaciuta ma al manifesto sì) viene assimilato tout court a Trump? E tirare in ballo le mille malefatte degli USA in Iraq o in Afghanistan o perfino quelle del presidente Betancourt che nel lontanissimo 1962 sciolse il parlamento venezuelano, come può giustificare il sedicente socialista “bolivariano” Maduro che lo fa oggi?

Il danno che alla già malridotta sinistra latinoamericana fanno queste misure autoritarie è enorme, e tacerne o giustificarle significa esserne complici. 

 

Foto: Q. A. Camargo/Flickr




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