venerdì 23 settembre 2016 - Laura Tussi

Un processo di gestione costruttiva e nonviolenta dei conflitti

Consenso indica che si è d’accordo su qualcosa, ma non significa necessariamente accordo pieno di tutti su tutto, cioè unanimità. L’unanimità può anche arrivare, ma non è certo un obiettivo: il consenso punta a far convivere le differenze, non ad eliminarle. Perciò in una decisione consensuale vi possono essere diversi gradi di accordo e molte sfumature riguardo agli impegni che i diversi membri si assumono rispetto a una determinata decisione, però il tutto avviene in modo esplicito e globalmente accettato. Il metodo del consenso dà effettivamente un grande potere al singolo perché ne riconosce il valore, la dignità, l'unicità. Ma il singolo può bloccare il gruppo solo se riesce a mostrare la validità della sua opposizione, cioè che la decisione che si sta per prendere è veramente dannosa per il gruppo e in contrasto con i suoi principi fondanti. Se il gruppo riconosce la validità dell’opposizione allora la decisione può essere bloccata, altrimenti alla parte avversa viene rimandata la responsabilità di decidere cosa fare, possibilmente dichiarandolo in termini chiari ed espliciti.

Dunque, perché il consenso funzioni bene, il singolo deve riconoscere e accettare il potere del gruppo nel determinare quali problemi possono essere risolti, quali necessitano di più attenzione, e quali bloccano la decisione: la trappola del veto sta nell’essere incapaci di riconoscere i limiti del potere individuale! Il singolo ha il potere e la responsabilità di sollevare i problemi; il gruppo ha il potere e la responsabilità di riconoscerli e risolverli. Quando si affrontano i problemi un aspetto che si tende a dimenticare è che dall’altra parte ci sono esseri umani che hanno sentimenti, valori e convinzioni profondamente radicati, differenti storie e punti di vista, esattamente come noi. Ognuno ha un "io" che è sensibile e che facilmente può sentirsi minacciato, e un io minacciato pensa soprattutto a difendersi. Ogni giudizio sulla persona rischia di danneggiare la relazione e di alterare il buon clima psicologico che è indispensabile per fruire delle risorse di creatività e intelligenza di tutti i partecipanti, risorse senza le quali non è possibile trovare buone soluzioni ai problemi. Perciò è fondamentale rimanere aderenti ai fatti, ai termini concreti dei problemi, "attaccando" le idee e le proposte anche molto fermamente se necessario, ma rimanendo al contempo interiormente rispettosi verso le persone. Qui aiuta moltissimo non identificarsi con le proprie idee, ricordandosi che "le mie idee, non sono mie!"

Nell’affrontare i problemi si dimentica che il cuore delle questioni non si trova nelle posizioni di partenza (a volte solo apparentemente contrapposte), ma nei bisogni, preoccupazioni e convinzioni delle parti coinvolte, cioè in quelli che alcuni chiamano i "fondamenti" dei problemi. Spesso si discute (e si litiga) sulle proposte di soluzione senza avere adeguatamente scandagliato quali sono i bisogni in gioco: le soluzioni rappresentano la risposta a dei bisogni e lo stesso bisogno può essere soddisfatto in tanti modi diversi, cioè ci possono essere tante soluzioni per uno stesso problema. Se ci si fissa su certe idee diventa impossibile negoziare costruttivamente. Non si tratta di rinunciare ai propri principi, né di nascondere le differenze al momento incompatibili, ma solo orientandosi alla ricerca dei bisogni condivisi si creano le condizioni per trovare soluzioni cooperative, realizzabili, che aprono verso il comune cammino. Abbandonare una proposta di soluzione non significa rinunciare ai propri principi o ai propri bisogni, ma semplicemente ricercare altre soluzioni.

Il metodo del consenso è in sostanza un processo di gestione costruttiva e nonviolenta dei conflitti. Il conflitto qui è visto come fenomeno assolutamente naturale, di per sé né giusto né sbagliato. Quando un gruppo crea un'atmosfera che facilita l’espressione del disaccordo e delle emozioni che ad esso si accompagnano (paura, irritazione, frustrazione e così via), costruisce le basi per decisioni più funzionali e soddisfacenti. Perciò facilitare una buona comunicazione è un fattore chiave: comunicare è gestire la relazione e i conflitti. Ma bisogna riconoscere che anche mediante un uso perfetto del metodo e un’ottima comunicazione i problemi, che non di rado sono complessi e complicati, possono rimanere sul momento irrisolti. Se si procede con cura e si alimenta la fiducia, il passaggio entro cui si prenderanno le decisioni sarà come minimo più chiaro e comprensibile. E ciò costituisce un buon terreno per arrivare a decisioni che cercano per quanto possibile di rispettare i bisogni essenziali in gioco. A volte bisogna accettare il fatto di non poter decidere su una determinata questione. Allora saper gestire costruttivamente il disagio personale e collettivo che deriva da tutto ciò è indispensabile nel processo consensuale: pazienza e fiducia sono le qualità fondamentali. In definitiva questo processo tende a costruire "accordi nel disaccordo", dove cioè il disaccordo particolare è dentro una cornice di accordo generale fondato su rispetto e fiducia reciproci: il consenso riguarda in sostanza la volontà di continuare a camminare insieme e sperimentare insieme.

Laura Tussi

Docente, giornalista e scrittrice, si occupa di pedagogia nonviolenta e interculturale. Ha conseguito cinque lauree specialistiche in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell'ambito delle scienze della formazione e dell'educazione. Collabora con diverse riviste telematiche tra cui PressenzaPeacelinkIldialogo ed ha ricevuto il premio per l'impegno civile nel 70esimo Anniversario della Liberazione M.E.I. - Meeting Etichette Indipendenti, Associazione Arci Ponti di Memoria e Comune di Milano. Autrice dei libri: Sacro (EMI 2009), Memorie e Olocausto (Aracne 2009), Il dovere di ricordare (Aracne 2009), Il pensiero delle differenze(Aracne 2011), Educazione e pace (Mimesis 2012), Un racconto di vita partigiana - con Fabrizio Cracolici, presidente ANPI Nova Milanese (Mimesis 2012), Dare senso al tempo-Il Decalogo oggi. Un cammino di libertà (Paoline 2012), Il dialogo per la pace. Pedagogia della Resistenza contro ogni razzismo (Mimesis 2014), Giovanni Pesce. Per non dimenticare (Mimesis 2015) con i contributi di Vittorio Agnoletto, Daniele Biacchessi, Moni Ovadia, Tiziana Pesce, Ketty Carraffa. Collabora con diverse riviste di settore, tra cui: "Scuola e didattica", Editrice La Scuola e "Rivista Anarchica". Promotrice del progetto per non dimenticare delle Città di Nova Milanese e Bolzano www.lageredeportazione.org e del progetto Arci Ponti di memoria www.pontidimemoria.it. Qui il suo canale video.




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