lunedì 19 dicembre 2011 - ElGiramundoBlog

Un Trattato di Amicizia da cinque miliardi di dollari. Tra baci, bombe e un finale con abbracci di circostanza

Sono cambiati gli attori, ma non la sostanza.

Congelato in concomitanza con il conflitto bellico, è stato ripristinato il Trattato di Amicizia italo libico, stipulato il 30 agosto 2008 tra Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi.

Resta in piedi il vincolo al risarcimento economico per lo sfruttamento coloniale, quantificato in circa cinque miliardi di dollari da saldare in vent’anni.

E questo perché?

Affinché alcune imprese nostrane, note a tutti, possano avere un ruolo privilegiato nell’assegnazione di forniture e appalti per le opere pubbliche.

Con una mano lo stato italiano elargisce, con l’altra il privato riprende.

Imbarazzato, Mario Monti: a colloquio con il presidente del Consiglio Nazionale Transitorio libico, Mustafa Abdel Jalil si è praticamente scusato per la precedente scellerata condotta Berlusconiana.

“Ringraziamo per non aver subito ritorsioni dalla Libia”, ha detto il capo dell’esecutivo tecnico.

Certo, passare dai baci appassionati ai missili non è da tutti: nei passaporti libici non era forse prevista l’orripilante foto che immortalava la stretta di mano tra Gheddafi e il compare Berlusconi?

E che dire delle penose visite del colonnello al quale venne concesso di piazzare non le tende, ma il tendone? Ricevuto con tutti gli onori dal presidente del Senato, Schifani, relatore all’Università La Sapienza, in un incontro con gli studenti.

Udienze con il sindaco di Roma, Alemanno, con la Mercegaglia, con Mara Carfagna.

In quel di giugno 2009 e nel 2010, le tende, i cavalli, le hostess, le cosiddette amazzoni o gheddafine. Sei mesi fa si apprese, invece, che il vecchio amico dittatore Gheddafi, ex compagno di spensierate serate animate da giovani donne, nonché socio in affari di Berlusconi, intendesse uccidere il cavaliere.

L’allora premier, affermava di avere in merito fonti certe e dunque attendibili. E il mondo si piegò in due dalle risate. Nei deliri dell’ex presidente del consiglio, in materia di omicidi annunciati ai suoi danni, c’era un precedente.

Nel 2005, Silvio Berlusconi arrivò a sostenere che un kamikaze si sarebbe infiltrato allo stadio Meazza di Milano appositamente per colpire lui!

Avete conoscenza di attentati kamikaze che fanno una sola vittima e, per di più, in uno stadio affollato da decine di migliaia di persone?

Naturalmente dalla procura di Milano (che avrebbe dovuto essere interconnessa nella rete antiterrorismo che parte dai servizi segreti) e da nessun organo istituzionale competente è mai arrivata la conferma di una simile minaccia per la pelle del premier.

Il quale, oltre a suscitare l’ilarità planetaria, riuscì comunque nell’impresa di infastidire, e non poco, gli stati alleati.

In primis gli Usa.

Mise nel calderone (in un momento difficilissimo come quello di sei anni fa, caratterizzato dalla fase intensissima del conflitto in Iraq) il presunto pacifismo dell’Italia e l’annuncio di stragi nel paese per mano di terroristi islamici che non avrebbero compreso la posizione di un Berlusconi contrario alla guerra!

Addirittura, all’epoca parlò anche di Gheddafi, definendolo un collaboratore nell’opera di convinzione verso Bush, per evitare l’intervento armato in Iraq!

Poi Gheddafi al posto del kamikaze!

L’unica cosa che Berlusconi non intende comprendere è che non erano gli islamici o l’anziano compare libico a volerlo morto: sono gli italiani a pregare ogni giorno, affinché si ritiri.

E con un gesto meno drammatico del suicidio: dopo le dimissioni, un biglietto di sola andata per Antigua!

Tra i motivi anche questo salasso di cinque miliardi di dollari, tra pacche sulle spalle, bombe e il più sobrio ritorno agli abbracci di circostanza.




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