mercoledì 28 giugno 2017 - Marco Barone

Tredici: la serie televisiva e lo psicologo a scuola, in Italia a che punto siamo?

La serie televisiva Tredici ha fatto discutere, ha ricevuto consensi ed anche pesanti critiche. Ma accende un potente faro sulle problematiche della scuola moderna, sul mondo giovanile, sul degrado sociale, sulla competizione, sul bullismo, sul rapporto tra genitori e figli, insomma una panoramica complessa ed articolata, a volte tremendamente pesante da seguire.



La protagonista prima di suicidarsi si reca dallo psicologo della scuola, e quella dello school counselor è una figura ancora oggi discussa anche in Italia. Nel caso della serie televisiva lo psicologo è stato semplicemente inutile, ne è uscito male. Certamente non si può caricare tale figura di responsabilità che forse vanno anche oltre le sue competenze, ma è altrettanto vero che è una figura tanto delicata quanto importante nella società di oggi e la preparazione e la sensibilità umana non possono essere requisiti da verificare con leggerezza. 

Nella scuola italiana, esiste in diversi casi uno sportello per gli studenti e genitori affidato e gestito tramite un bando fatto dalla scuola. Ma esiste un progetto di legge, il DDL S. 2338 “Istituzione della figura professionale di Psicologo scolastico” presso il Senato della Repubblica- XVII Legislatura che è praticamente identico al DdL n. 2967 presentato alla fine degli anni '90.
 
Si prevede la figura dello psicologo scolastico, che deve essere iscritto all'albo ed il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca emana appositi bandi di concorso per il reclutamento degli psicologi scolastici. Tra i compiti previsti si segnalano:
a) informazione agli studenti su temi riguardanti lo sviluppo dell’età evolutiva; b) sostegno alla costruzione della personalità degli studenti e allo sviluppo delle competenze di vita; c) supporto al benessere dello studente e degli operatori della scuola, come ambiente di apprendimento responsabilizzante e motivante; d) prevenzione dai fattori di rischio e dalle situazioni di disagio quali: il cyberbullismo e i bisogni educativi speciali (BES); e) supporto e formazione ai docenti e alla comunità scolastica nella gestione di situazioni di disagio; f) consulenza e informazione rivolta ai docenti e al personale nelle varie fasi di sviluppo dell'età evolutiva; g) consulenza psicologica rivolta alle famiglie per il supporto alla genitorialità; h) interazione, ove opportuno, con figure genitoriali, professionali che intervengano, ad altro titolo, nell'ambito della scuola per il sostegno per la disabilità e per gli handicap.
 
Diverse voci, riduttive se si pensa al bullismo omofobico che qui pare non essere contemplato, ma non solo. Così come riduttivo potrebbe essere pensare questa figura solamente per gli studenti, quando è fatto notorio che nella scuola vi è un malessere sociale diffuso che interessa anche il personale scolastico, privo di ogni sostegno in tal senso, soggetto spesso a pratiche di mobbing, ma con un livello di prevenzione nella scuola pari a zero.
Quello che mi domando è realmente necessaria la figura dello psicologo scolastico? E se sì, per chi?

Marco Barone



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