giovedì 21 gennaio 2016 - Giovanni Graziano Manca

Tom Petty & the Heartbreakers, quaranta anni insieme - Sodalizi musicali

A novembre 2015, negli Stati Uniti, è uscita la sua biografia, scritta da Warren Zanes, dal titolo Petty: The Biography. Gli ultimi suoi due dischi con gli Heartbreakers, qualitativamente buoni sul piano della perizia compositiva e dell’esecuzione strumentale, mettono ancora in evidenza, semmai ce ne fosse bisogno, la ben nota e straordinaria compattezza della band di Tom Petty, che almeno negli USA ha pochi concorrenti. Anche Dylan ha espresso il suo giudizio sulla band affermando apertamente che “Gli Heartbreakers sono come una persona sola. Sono l’ultima grande rock band americana.” I due dischi, Mojo e Hypnotic Eye, risalgono rispettivamente al 2010 e al 2014. Tra i lavori più recenti del gruppo, però, il bollino che garantisce una qualità superlativa spetta a The Live Anthology , opera monumentale uscita nel 2009. Con questo quadruplo CD dal vivo Tom Petty raggiunge l’olimpo del rock classico di matrice statunitense, in una ipotetica scala di valori la più alta vetta artistica della sua quarantennale carriera con il gruppo degli Heartbreakers. Con gli Heartbreakers, dal punto di vista discografico, il cantante di Gainsville (Florida) debutta nel 1976.

Oggi, a sessantasei anni, aspetto da aeternus puer come quello di ogni rock’n’roller che si rispetti, il buon vecchio Tom può tracciare il proprio personale bilancio artistico che peraltro appare decisamente in attivo. E un primo resoconto, la prima sintesi della carriera di Tom con gli Heartbreakers viene tracciata da The Live Anthology, epico sforzo discografico che ha dato corpo a una summa musicale che sintetizza e ripropone la quintessenza del repertorio del gruppo e della popular music americana degli ultimi cinquant’anni. La circostanza costituisce un dato di fatto e non interessa sapere che l’ottimo risultato finale ottenuto non è frutto della premeditazione o della lungimiranza dell’artista ma più semplicemente scaturisce dalla attenzione con cui è stata effettuata la scelta sempre felicissima del materiale live da inserire nel disco.

The live Anthology, oltretutto, elegge, ancora una volta e incontrovertibilmente la performance live quale dimensione artistica e scenica ideale per il genere rock.

Fatta questa premessa si potrebbe aggiungere che The Live Anthology è opera che può essere collocata, sia detto senza particolare enfasi, tra i migliori dischi di rock registrati dal vivo che la pop music americana di sempre ricordi. Il livello, tanto per intenderci, è quello di capolavori live come Four way street di CSN&Y, Live/1975-85 di Bruce Springsteen & the E Street Band, The Last Waltz della Band, Before the Flood di Bob Dylan et similia.

I quattro Cd contengono un repertorio vasto e variato che consiste in una cinquantina di canzoni registrate tra il 1980 e il 2007: tra di esse, oltre ai brani originali di Tom Petty & the Hearthbreakers, covers di brani diventati classici composti da altri autori (tra cui Van Morrison, Bobby Womack, Peter Green, James Brown, Rod Argent e Dave Clark).

Le canzoni, tra suggestioni West Coast à la Jackson Browne e sfumature springsteeniane e dylaniane, spaziano tra i più diversi generi: dal folk alla ballata elettrica, dal R&B al Rock’n’roll al beat inglese in voga negli anni Sessanta.

Con riferimento al primo dei quattro dischi, meritano una segnalazione particolare i brani Nightwatchman, Even the losers, A thing about you, Refugee e la bella versione di Something in the air, celebre motivo dei Thunderclap Newman che ci riporta indietro nel tempo facendoci respirare ancora le atmosfere di rivolta rappresentate nel film Fragole e sangue, della cui colonna sonora la canzone originale fa parte.

Il secondo CD è quello che preferisco. Oltre a Diddy wah Diddy (canzone di cui conosciamo anche la cover del gruppo inglese Manfred Mann Band) e Mystic eyes degli Them di Van Morrison, qui in una versione che pare rievocare i Fleshtones, compaiono nel disco alcune perle assolute come una versione di I want you back again degli Zombies di Rod Argent, Friends of the devil dei Grateful Dead e alcuni cavalli di battaglia di Petty come la folkeggiante, dolcissima Wildlflowers, A woman in love (it’s not me)It’s good to be a king, Learning to fly e Mary Jane’s last dance.

Anche i CD 3 e 4 presentano un lunga teoria di canzoni memorabili tra le quali Jammin’me, brano scritto a quattro mani da Tom Petty e Bob Dylan, Melinda, brano suggestivo con il piano a coda a far da protagonista, Spike, Running down a dream (i cui autori, oltre Tom Petty, sono Mike Campbell e Jeff Lynne) , Have love will travel e Century city.

Non si può fare a meno di evidenziare, infine, alcuni degli elementi che in tutti questi anni hanno contribuito a fare di Tom Petty & the Heartbreakers una grande band che dura nel tempo e di The Live Anthology un grande disco: la voce di Tom, innanzitutto, che si fa amare per quel suo modo di essere originale pur ripercorrendo, senza discostarsene mai troppo, la tradizione di certo rock statunitense, amalgamando, cioè, stili canori che quella tradizione hanno segnato indelebilmente (quelli di Dylan, Jackson Browne e Bruce Springsteen, per esempio), e la chitarra di Mike Campbell, onnipresente anche in The Live Anthology, delicata a seconda delle occasioni oppure tiratissima o bluesy, comunque sempre perfettamente a suo agio in ognuno dei brani e instancabilmente impegnata in assoli e arpeggi elettrici che denotano il valore di questo eccelso strumentista.  

Ascoltare The Live Anthology equivale a compiere, durante tutto il tempo dell’ascolto, un viaggio immaginario attraverso la musica popolare degli Stati Uniti. Chi è particolarmente dotato di fantasia potrà forse immaginare se stesso mentre sorvola fisicamente Los Angeles, New York e Chicago o mentre viaggia in autostop attraverso il Tennessee, il Texas o tra le montagne del Colorado; qualcuno, chissà, dopo aver riascoltato The Live Anthology o altri tra i più riusciti dischi di Tom del passato, riuscirà perfino a vagheggiare di aver fatto sosta a Memphis oppure a Nashville e di aver goduto della particolare atmosfera musicale che tradizionalmente avvolge quelle due città…




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