mercoledì 9 marzo 2011 - Trilussa

Territorio sotto tiro

Stiamo costruendo troppo e consumando troppo territorio. Lo facciamo a scapito delle nostre produzioni agricole di pregio ma anche e soprattutto a quello della nostra qualità di vita. Perdiamo gli spazi e i rapporti personali e ci trasformiamo sempre più in anonimi e remissivi consumatori.

I numeri, come si dice, parlano da soli.

A Milano 80.000 case sfitte, a Roma oltre 200.000. Circa 4 milioni in tutta Italia le case vuote.

Eppure si continua a costruire.

Nel Sud la cosa è molto più evidente (in Campania ogni giorno nascono dal nulla 15 abitazioni abusive), e i costruttori, che operano in queste zone senza curarsi del consenso delle amministrazioni, costruiscono dove e come gli pare. In Campania sono anche cominciate, dopo molti rinvii, le demolizioni degli abusi più eclatanti ed invasivi ma forse una nuova legge riuscirà a fermarle.

Nel Nord, nella parte che si ritiene più civile del paese, gli abusi sono meno evidenti o addirittura assenti perché si costruisce di solito col benestare delle amministrazioni locali ma il risultato finale rimane esattamente lo stesso.

Intere periferie delle città dove sono completamente assenti terreni liberi, campi coltivati, zone di verde e le strade scorrono tra una fila ininterrotta di abitazioni e anonimi capannoni per chilometri, fra costruzioni senza grazia e senza nessuna parvenza di pianificazione che si susseguono una dopo l’altra, come in un girone infernale.

Enormi porzioni di territorio vengono continuamente sacrificati all’edilizia; periferie cittadine si allargano sempre più fino a raggiungere ed inglobare paesi limitrofi e perfino altre città, con un consumo disordinato e irreversibile di territorio fertile e produttivo.

Consumiamo suolo e distruggiamo paesaggio ad un ritmo insostenibile, figlio forse dell’ubriacatura edilizia degli anni 70 quando lo sviluppo sembrava legato indissolubilmente alla costruzione di nuovi edifici. Un comportamento giustificabile in quegli anni di forte espansione economica e di importanti cambiamenti sociali ma che persistendo negli anni si è piano piano trasformato in follia.

Le stesse Amministrazioni Pubbliche sono state coinvolte culturalmente in questa corsa alla costruzione ed in tutti i piani regolatori troviamo molte più abitazioni di quelle realmente necessarie alle esigenze della popolazione residente. Oltre a questo indirizzo culturale legato al passato bisogna considerare anche le pressioni dei piccoli imprenditori e dei proprietari terrieri che traggono vantaggio a costruire, quando addirittura non ci si mette di mezzo la mafia, con richieste più o meno lecite, con imposizioni che in alcune realtà appare assai difficile ignorare.

Poi ci sono le grandi imprese costruttrici che con la loro forza economica (che travalica molto spesso nella politica) impongono le loro richieste a comuni economicamente e culturalmente deboli, con territori di scarso valore intrinseco che vedono in queste grandi realizzazioni la soluzione dei loro cronici problemi di bilancio. Sono perciò spinti a fare scelte imprudenti e talvolta scellerate che di fatto monetizzano la qualità della vita dei cittadini che si vengono a trovare accerchiati e soffocati da enormi centri commerciali sorti senza alcun rispetto dell’ambiente e della pianificazione del territorio.

Tutto questo determina un fermento costruttivo perverso che prima o poi dovrà essere fermato se non vogliamo distruggere quello che è il patrimonio più importante del nostro paese, quella ricchezza che noi abbiamo non nel sottosuolo come in altri paesi ma bene in vista sopra, il nostro paesaggio, il nostro clima, le nostre produzioni agricole.

E’ questa la nostra ricchezza, la maggiore e più importante industria nazionale che per funzionare e produrre benessere ha però necessità di supporti legislativi, ha bisogno di investimenti, di progetti ma sopra e prima di tutto ha la necessità di un riconoscimento, il riconoscimento da parte di un governo sbadato e a volte assente del suo valore e della sua enorme importanza per un paese come il nostro, fornito dalla sorte di grandi bellezze naturali e artistiche ma di poche materie prime.

Stiamo infatti scendendo nella classifica delle nazioni più visitate da turisti stranieri. Siamo oramai al quarto posto e questo dovrebbe spingere i governi ad investire maggiori risorse in questo settore che oltre tutto non ha necessità né di materie prime né di energia per produrre ricchezza ma solo di una maggiore attenzione, maggiore considerazione e maggiori investimenti.

Fino a qualche anno si diceva che i nostri contadini avevano un tesoro sotto la terra ma preferivano coltivarvi sopra le patate, ebbene ora alle patate si sono sostituite le abitazioni.

Ma le abitazioni non solo privatizzano sempre maggiori porzioni di suolo e cambiano in maniera irreversibile il paesaggio ma sono anche in grado di modificare la società.

I paesi stanno diventando periferie di città sempre più grandi, i rapporti personali perdono le caratteristiche qualificanti delle comunità rurali, le famiglie si chiudono in se stesse davanti alle televisioni, i ragazzi non giocano più per strada ma passano intere giornate davanti al PC, alla TV, ai videogiochi per mancanza di spazi pubblici, per le ossessive paure della società moderna, per il traffico che strangola sempre di più anche i piccoli paesi.

E con la terra si riducono le produzioni agricole che sempre di più vengono importate dall’estero, (produzioni di scarsa qualità e talvolta anche con qualche problema sanitario), si riducono i contadini, le persone che si dedicano alla coltivazione della terra mentre i giovani guardano a questa come una professione non più corrispondente al loro progetto di un futuro lavorativo soddisfacente (eppure vi sono bellissimi esempi di cooperative, anche nel sud nei territori sequestrati alla mafia).

Perdiamo la specificità dei nostri prodotti, delle nostre produzioni e con loro perdiamo anche le nostre tradizioni mentre i tanti piccoli artigiani e piccoli produttori vengono abbandonati da un governo sempre più chiuso in se stesso e nei suoi problemi.

In questo modo si cambia la società e si modifica anche il nostro ruolo.

Cessiamo cioè di essere cittadini consapevoli e ci trasformiamo in semplici consumatori, sempre di più e sempre di fretta, con il desiderio ossessivo-compulsivo dell’acquisto.

Ma ecco pronto subito il rimedio, il nostro bello e luminoso Iper-Super-Mega-Special Centro Commerciale a portata di mano, dove possiamo acquistare con lo sconto, vagare fra le montagne di merce esposta negli scaffali, vedere l’ultimo modello di Ipad5, provare gli occhialini della Tv 3D, ascoltare il suono Home Theater seduti in poltrona e sopire così, tranquillamente e a temperatura giusta, le nostre frustrazioni di anonimi e remissivi cittadini di serie B.




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