lunedì 10 aprile 2017 - Aldo Funicelli

Stereotipi maschili raccontati da donne | L’Uomo Nero, a cura di Elisabetta Bucciarelli

Stereotipo: definizione dal sito della Treccani
stereòtipo agg. e s. m. [dal fr. stéréotype, comp. di stéréo- «stereo-» e -type «-tipo»]. –
1. agg. a. Di stereotipia, realizzato con il procedimento della stereotipia: ristampa s. di un volume; lastre s., le stereotipie, ossia le controimpronte, delle forme di composizione tipografica. b. fig. Impersonale, inespressivo, perché detto o fatto senza partecipazione (meno com. di stereotipato): i soliti discorsi s. da salotto; un sorriso stereotipo.
2. s. m., fig. a. Modello convenzionale di atteggiamento, di discorso e sim.: ragionare per stereotipi. In partic., in psicologia, opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda cioè sulla valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e situazioni (corrisponde al fr. cliché): giudicare, definire per stereotipi; s. individuali, se proprî di individui, s. sociali, se proprî di gruppi sociali. b. In linguistica, locuzione o espressione fissatasi in una determinata forma e ripetuta quindi meccanicamente e banalizzata; luogo comune, frase fatta: parlare per stereotipi, abusare di stereotipi; in partic., sinon. di sintagma cristallizzato (v. sintagma). c. Espressione, motto, detto proverbiale o singola parola nella quale si riflettono pregiudizî e opinioni negative con riferimento a gruppi sociali, etnici o professionali.
 
Se non esistono più gli uomini di una volta, non esistono nemmeno più gli stereotipi maschili di una volta.
E allora, cosa sta succedendo agli uomini? Dove stanno andando?
 
Dall'uomo “resistente”, che sfugge alle relazioni con l'altro sesso e, pur continuando a corteggiarle, a cercarle, non riesce e non vuole concedersi e abbandonarsi completamente in un rapporto.
All'uomo “nero”, che non significa l'uomo nero delle fiabe, ma il maschio che fa soffrire, che ti tiene in sospeso in una relazione senza sbocchi, l'uomo che non cresce, l'uomo ancorato al suo passato, l'uomo che che si è isolato in sé stesso e non ha saputo trasmettere niente agli altri, l'uomo vissuto nel silenzio e col desiderio di sfuggire a questa situazione ..
Dopo “La resistenza del maschio”, continua il viaggio della scrittrice Elisabetta Bucciarelli sul maschio, con una raccolta di cui è solo curatrice: il racconto della mutazione degli stereotipi comportamentali maschili è affidato alla penna di sei scrittrici donne. Ciascuno ha raccontato il suo uomo, il suo maschio, il suo uomo nero.
Attenzione che arriva l'Uomo nero. In alternativa il babau, il Vecchio col sacco, El Coco o Boogeyman. È declinato al maschile.Tendenzialmente oscuro, talvolta antropomorfo, capace di far paura, se va bene rapisce la vittima per un anno intero, se va male la tiene in scacco tutto il resto dei suoi giorni...
 
Obiettivo non è una condanna senza appello ai comportamenti maschili, uno scontro tra maschi contro femmine o un voler generalizzare l'universo degli uomini, “ecco, tutti i maschi sono così”.
La domanda da cui è partita questa racconta è stata sul come è cambiato l'uomo, come i cambiamenti in atto nella società ne stanno influenzando i suoi comportamenti, quale mutazione è in corso e se ci sono cambiamenti “resistenti” a questa.
Nei racconti si parla della crisi economica, della Generazione X cresciuta con le ideologie alle spalle e senza ideali davanti, della complessità del mondo moderno e della difficoltà nel prendersi responsabilità.
L'uomo nero, inteso come il cattivo delle favole, non esiste, come del resto l'uomo nero nei sei racconti non è necessariamente un uomo violento.
Come non esistono, né sono mai esistiti i principi azzurri della favole, gli eroi che si prendono cura della principessa.
 
Mentre i sei maschi che vengono qui presentati sono molto reali, ciascuno, leggendo i racconti, si immedesimerà anche in alcuni di questi (parlo sia per i lettori maschi che per le donne, che questi uomini neri incontrano tutti i giorni).
Non sono persone in fuga, perché non riescono a cambiare o a muoversi, per i vincoli in cui sono costretti. Non sono nemmeno persone forti, per i loro vuoti comportamentali, per la mancanza di un qualcosa dentro che li porti ad assumersi delle responsabilità (un figlio, l'uscita da una dipendenza).
Persone forti nell'apparenza ma fragili nella sostanza.
 
Sono l'apicoltore di Simona Giacomelli, che usa le sue parole come arma di seduzione ma non riesce a mantenere un rapporto né con la compagna che gli rinfaccia tutte le sue colpe in una lettera
“Mi hai slacciato la camicia con le parole e il reggiseno con i silenzi. Combinando l’una e l’altra cosa per otto mesi mi hai portata a letto fino a indicarmi il segnale intermittente della porta di uscita”.
E nemmeno riesce ad avere un rapporto maturo col figlio.
 
Il prof con la passione del doppiaggio di Anna Scardovelli: una persona che, dopo la malattia della moglie, scopre che ha avuto una relazione con un uomo da cui cerca inutilmente quel confronto, quel dialogo che ha atteso da una vita.
Avrei dato qualunque cosa pur di trovare un modo per correggere quel vuoto insopportabile. Battere il silenzio. Ecco, credo che la mia passione per le voci, per il doppiaggio sia iniziata lì.”
 
L'angelo della soffitta di Cira Santoro è l'emblema di quelle persone con la testa rivolta al passato, che hanno vissuto per il lavoro e che da questo non riescono a staccarsi.
Dopo una vita in teatro, piuttosto che andarsene, sono disposti a far venir giù tutto, come Sansone nel tempio dei filistei: «muoia Sansone con tutti i filistei».
 
Io, pieno di bianca di Elena Mearini racconta di un uomo, della sua dipendenza dalla droga e del vuoto che ha dentro, vuoto che è nato da un vuoto affettivo nel passato: “lo spazio che mi trova impreparato, io che non so come occuparlo”.
 
Il bacio, di Cristina Zagaria, ha come protagonista un poliziotto, “Boogeyman”: l'uomo perfetto, visto da fuori. Dentro, un uomo imperfetto, che passa da una donna all'altra. Un giorno, durante una manifestazione in Val di Susa, una manifestante l'ha baciato,
Questa è violenza. Un bacio. Quell’unico bacio, quell’unica violenza, mi ha tolto tutti i baci futuri. Io credevo nell’amore ..
Questa sera, di fronte a sei ragazze fermate, si metterà a nudo e ruberà loro quel bacio: l'amore che tanto cercava, diventerà prevaricazione.
 
La sindrome di Barbapapà di Monica Stefinlongo. Lorenzo, dj notturno alla radio, altro uomo perfetto almeno all'apparenza. Bello, simpatico, giovane. Eternamente giovane, però, al punto da non vedere gli altri, i loro problemi e le sofferenze causate.
Figli della generazione X, con sindroma da Peter Pan: ma questo personaggio alla fine decide di crescere.
La metafora giusta è quella del Barbapapà:
 
Io penso che la nostra sia invece ‘la sindrome di Barbapapà’. Attenzione, questa è la mia teoria,
[..] un blob rosa che può trasformarsi in tante cose: diventa un castello, un pulmino per trasportare la sua famiglia”.
 
Una generazione con tanti sogni in testa, ma senza la forza (e la sostanza) per realizzarli concretamente:
 
Noi siamo stati in grado di diventare tante cose belle, ma ci è mancata una struttura forte per sostenere quello che volevamo essere e creare”.
 
Il viaggio attorno all'uomo sapiens moderno non finisce qui, chiaramente: ci sono altri tipologie di uomini di cui parlare, coi loro problemi nella relazioni. Altri stereotipati da aggiornare, altre storie da raccontare.
Sempre con quella domanda in testa: cari maschi, dove stiamo andando?
 
 
Le autrici della raccolta:
Nello schiame, di Simona Giacomelli
Il doppiatore di Anna Scardovelli
L'angelo della soffitta di Cira Santoro
Io, pieno di bianca, di Elena Mearini,
Il bacio di Cristina Zagaria
La sindrome di Barbapapà Monica Stefinlongo,
 
La scheda del libro sul sito dell'editore Caracò e il blog della curatrice della raccolta, Elisabetta Bucciarelli.

 

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon.



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