lunedì 14 agosto 2017 - Giovanni Monteduro

Spiagge pubbliche | Leuca: la Lidolandia del sud-salento

Come spazi concessi siamo ampiamente oltre il lecito consentito. La costa salentina è ormai overbooking e immaginare di dare vita ad altre attività balneari è contribuire a distruggere irreversibilmente anche gli ultimi dei pochi tratti di costa rimasti inalterati.

 Un freno lo chiede il buon senso, ma la politica è latitante. La norma prevede che la percentuale da rispettare tra spiagge libere e private sia di 60 e 40% per agevolare l’accesso libero al mare che deve essere garantito a tutti e, in caso di presenza di stabilimenti, ogni 150 metri.

Capita però che, soprattutto in alcuni tratti, la situazione sia sfuggita di mano con lidi sorti nelle zone «più appetibili», lasciando al "pubblico" i tratti meno fruibili. A Leuca, la punta del tacco d'Italia, e più in generale in tutto il salento, assistiamo da anni ad uno stupro della costa ad opera di imprenditori spesso incoscienti e di politici molto distratti.

Una lidificazione che interessa soprattutto i tratti di costa più appetibili e caratteristici, lasciando all'utilizzo pubblico le zone più brutte e di difficile fruizione. Un accaparramento che opera indisturbato da anni e che riguarda non solo i periodi in cui non c’erano norme. È necessario un intervento immediato della Regione Puglia non solo per mettere un freno alle nuove concessioni ma anche salvaguardare gli ultimi tratti sopravvissuti di costa salentina, una delle più belle per composizione e caratteristiche naturali.

Un freno a concessioni che spesso si trasformano in ben altro dalla semplice concessione. Vigilare anche sul rispetto delle concessioni, controllare come avviene l'utilizzo degli spazi, il tipo di uso del bene pubblico che si andrà a fare, potrebbe essere un buon "primo passo". Le nostre coste sono quasi tutte Sic (Sito di Interesse Comunitario) e molte delle attività che si fanno oggi non sono conformi a quello che prescrivono le norme che governano i territori (come più volte ha evidenziato Maurizio Manna di Legambiente).

Serve con urgenza un percorso di riqualificazione serio è porsi l’obiettivo di guardare al futuro con uno sguardo consapevole non inseguendo più la correzione degli errori ma elaborando misure preventive, redigendo uno studio e un progetto urbanistico che abbia la forza di disegnare e attuare, attraverso il reperimento delle misure di finanziamento ad hoc, uno scenario credibile che le nostre comunità, i gestori degli stabilimenti balneari e il nostro mare meritano. Perché gran parte dei comuni salentini non hanno ancora redatto il PCC (Piano Comunale delle Coste)? La sluzione dello scempio è il senso del Piano Coste che ogni amministrazione ha l’obbligo di redigere. E questo strumento potrà avere un valore ulteriore se si ragionerà su un’area vasta: l’erosione e la mercificazione delle coste sono da anni fenomeni che riguardano confini extramunicipali.

Tempo fa, Carlo Salvemini (attuale sindaco di Lecce) lanciò una bellissima proposta: un piano sovracomunale delle coste, con il Comune di Lecce "capofila", in qualità di capoluogo della nostra provincia, insieme ai comuni del litorale costiero salentino. Bisognerebbe riprendere quella proposta e lo spirito che la animava. Ribadire approcci superficiali, approssimativi o supponenti, come sta accadendo nel capo di Leuca, rischia di condannare le nostre marine ad un futuro molto complicato e a danni irreversibili.

Quando una terra, un luogo, un modo d'essere, vengono sottomessi alla mercificazione, smettono di esistere e iniziano a morire. Se non si interviene tempestivamente la vicenda rischia di ingarbugliarsi più di quanto non lo sia già ora.

(Foto: LPLT/Wikimedia Commons)




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