mercoledì 27 gennaio 2016 - Pompeo Maritati

Sofferenze bancarie: ancora una volta è in atto il gioco delle tre carte

Son bastate sole cinque ore di colloquio tra i responsabili economici dell’Unione Europea ed il nostro ministro Padoan, per trovare una “condivisa” soluzione sul problema di come affrontare le sofferenze bancarie del sistema Italia attestasi a circa 350 miliardi di euro.

Una soluzione così immediata su un problema di così grande importanza per il futuro del sistema finanziario non solo italiano, che ci porta obbligatoriamente a pensar male. Non per mala fede congenita di chi scrive ma perché in passato, quando si è trattato di affrontare coperture di crac finanziari chi ci ha rimesso è stato solo il cittadino.

Ancora una volta non riusciamo a capire come mai si cercano i rimedi tampone per tappare momentaneamente le falle di un sistema corrotto, clientelare e privo di scrupoli, senza pensare di alzare il livello dei controlli e inasprendo in modo efficace le sanzioni amministrative e penali in capo agli artefici “allegri” di queste sofferenze. 

Se pur vero è che in questi anni di crisi le numerose aziende e famiglie in difficoltà che avevano avuto prestiti bancari non hanno più onorato i loro impegni, è altrettanto vero che ingenti risorse finanziarie sono state erogate per favorire cordate di amici degli amici, dove i finanziamenti ricevuti, con la consapevolezza degli stessi istituti di credito, sono finiti altrove. Come al solito la nostra politica guarda sempre a fronteggiare il male emergente, ovviamente confidando nei soliti aiuti di stato, senza mai cercare di eliminare le cause del male, ne tanto meno, una volta accertato il danno, far pagare e punire gli artefici.

E’ la solita Italietta da quattro soldi, svenduta ancora una volta dalle fantomatiche promesse di un governo che pare si stia mettendo d’impegno per farci avere nostalgia della precedente politica peggiore. Un governo che continua a prestare il fianco, nonostante le blaterate, quanto mai mantenute promesse, di rivoltare il paese come un calzino. Di rivoltante oggi è quello che è sotto i nostri occhi. Banche compromesse sotto il profilo etico, che stanno minando la fiducia nel sistema bancario di un intero paese che persevera nel continuare a non voler metter mano alla revisione del codice penale in materia di corruzione, concussione, appropriazione indebita e falso in bilancio. Un modo di fare che desta perplessità nel cittadino, che disorientato, intravede in questo lassismo governativo quasi una specie di complicità.

Se dalle evidenze dei fatti di cui siamo venuti tutti a conoscenza, in merito alla crisi di alcune banche, emergono perplessità sulla qualità delle norme in materia di controllo del sistema finanziario in genere, perché non ci si sofferma per capirne bene le cause? Ogni eventuale soluzione attuale, anche se giusta, restando in essere il solito sistema, ben riconducibile a quella bella canzone napoletana che recita: “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha datato, ha dato, ha dato, scurdamoce o passato, simme... italiani paesà”, ci porta a dubitare sulla reale efficacia, anche se presa in buona fede, di qualsiasi nuovo accordo.

Oggi in poche ore l’Unione Europea trova un accordo per dare una sfoltita alle sofferenze del sistema bancario italiano, con la precisa attenzione e indicazione che la manovra non si trasformi in aiuti di stato. Se Draghi asserisce che le banche non saranno chiamate ad aumentare il loro capitale e che lo stato non deve contribuire; mi dite voi quale santo del paradiso è stato interpellato per risolvere questo problema?

L’Unione europea, dopo aver permesso a Germania, Francia e Inghilterra di sanare i propri sistema bancari con centinaia di miliardi di euro, tutti rivenienti da aiuti di stato, oggi impedisce ciò allo stato italiano. Non perché loro sono i soliti cerberi, ma perché i nostri parlamentari europei, probabilmente, in seno alle varie commissioni e in sede parlamentare hanno sprecato il loro tempo. E qui verrebbe voglia di aprire una nuova pagina per capire quanto i nostri rappresentanti in Europa abbiamo perorato e difeso gli interessi dell’Italia, visto che gli altri lo hanno saputo fare bene.

Renzi, forse prima di battere i pugni sul tavolo dell’Europa, dovrebbe farlo sul tavolo dei propri parlamentari, chiedendo loro spiegazioni. Se siamo noi i primi a non saperci tutelare in sede internazionale, non possiamo lamentarci con coloro che, grazie alla nostra inerzia, per non dire altro, son riusciti a tutelare i loro interessi nazionali.

Oggi quest’accordo sulle sofferenze a me pare il solito gioco delle tre carte. Si ipotizza una non ben chiara garanzia, che non dovrebbe essere dello stato, ma dallo stato concessa in un ambito bancario, dove quest'ultimo non viene minimamente chiesto di consolidare il proprio patrimonio e di rivedere le sue regole, i suoi meccanismi di erogazione del credito e soprattutto disciplinare.

Una cosa al momento è certa ed è bene che tutti ne fossimo consapevoli, e cioè che le sofferenze oggi si attestano sui 350 miliardi di euro, che rappresentano oltre il 15% del debito pubblico. Denari perduti, sprecati, sperperati, di cui non ci si può fare più affidamento. 

Se lo stato non dovrebbe intervenire nel merito, se le banche non sono chiamate a patrimonializzare meglio la loro solidità, a chi ricadrà questo pesante fardello? La risposta come al solito, è la solita, si tratterà solo di attendere, le modalità con cui il sistema politico, oramai in accordo con i poteri forti della finanza, lo scaricherà sui cittadini. Intravedete voi una soluzione diversa? Io no!  

  

 




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