sabato 3 giugno 2017 - UAAR - A ragion veduta

Shirin Ebadi, Nobel per la pace | Dittature religiose e dittature politiche

Shirin Ebadi è Premio Nobel per la pace. Iraniana, giudice, ha conosciuto sia il regime dello scià, sia quello degli ayatollah. Non si può dire che li abbia particolarmente amati, visto che ha combattuto il primo e che ora deve vivere in esilio. Intervistata dal Dubbio, ha sostenuto che una dittatura religiosa sia peggiore di una dittatura politica. Non spiega però perché, a parte un accenno alle libertà personali, in particolare quelle delle donne.

Stabilire cosa sia male e cosa sia peggio è come stabilire cos’è il Bene e cos’è il Male: dipende molto dalle valutazioni soggettive. Che, per esempio, portano Ebadi a ritenere che l’Italia abbia un governo laico. Ed è un’opinione che non mi sento di condividere — benché mi renda conto che, rispetto all’Iran, il nostro paese possa apparire addirittura “laicista”. La stessa Repubblica islamica iraniana, che possiede una sorta di intelaiatura istituzionale plurale e in cui si svolgono elezioni ristrette ma combattute, può per certi versi rappresentare un esempio di democrazia a paragone dell’Arabia Saudita.

O della Città del Vaticano, dove non esiste alcuna separazione dei poteri. Spettano tutti ai papi, che fino al 1870 governavano in questo modo uno Stato vero e proprio. Anche Maometto è stato nel contempo leader religioso, politico e militare, e così i califfi che gli succedettero. I monoteismi sono “naturalmente” sensibili al fascino dell’uomo solo al comando, ma anche il Dalai Lama è leader insieme spirituale e temporale dei buddhisti del Tibet, sui quali i suoi predecessori hanno regnato per secoli. Nella storia delle grandi religioni l’esercizio del potere politico non rappresenta l’eccezione: è semmai una regola, praticata ogniqualvolta possibile, e senza lasciare mai alcuno spazio a ipotetiche opposizioni.

Una dittatura religiosa è sempre politica, una dittatura politica può essere anche religiosa (il franchismo) come più spesso può non esserlo. Una dittatura religiosa estende la sua repressione anche all’ambito della morale, una dittatura politica – magra consolazione — non sempre lo fa. È questo il senso per cui quelle religiose possono essere ritenute peggiori di quelle politiche. Senza dimenticare, però, che le comunità di fede possono manifestare aspirazioni liberticide anche all’interno delle democrazie. Ogni regime e ogni alleanza possono in teoria essere funzionali agli scopi clericali. E bisognerebbe ricordarselo, quando si manifesta un po’ troppa empatia politica verso la religione. Come hanno dovuto constatare sulla propria pelle i laici iraniani che cominciarono a manifestare contro lo scià. Come sanno fin troppo bene i blogger atei del Bangladesh.

Quelli sopravvissuti.

Raffaele Carcano




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