mercoledì 17 agosto 2016 - Roberto Bortone

#SaveAleppo. L’appello di Andrea Riccardi ancora inascoltato

Era il giugno 2014 quando Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, lanciava un accorato appello alla comunità internazionale per Aleppo, la città siriana più martoriata dalla guerra. A due anni di distanza la situazione appare ormai disperata. Continuano i bombardamenti e la città è sotto assedio. Gli schieramenti che si combattono sul terreno rispondono a logiche difficili da comprendere, anche per i più informati. Ospedali e scuole sembrano essere divenuti obiettivi primari da abbattere. 

Mentre si moltiplicano gli appelli ad una tregua unilaterale da parte di molte personalità politiche, di intellettuali e di larga parte dell'opinione pubblica, proprio in queste ore si assiste impotenti a tanta sofferenza e alla lenta agonia di una città un tempo simbolo di armoniosa coesistenza tra genti e fedi diverse. Aleppo sta morendo.

Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio e da tempo impegnato nel promuovere la pace ed il dialogo in situazioni di conflitto, ha più volte riproposto all’attenzione di tutti l'appello #SaveAleppo, lanciato il 22 giugno 2014, in cui si invocava un’iniziativa di pace per Aleppo, con queste parole, valide ancor di più oggi: “Salvare Aleppo vale più che un’affermazione di parte sul campo! Si debbono predisporre corridoi umanitari e rifornimenti per i civili. Rimaniamo convinti che “bisogna imporre la pace in nome di chi soffre e ricostruire un futuro per questa città, storico crocevia per tanti popoli e luogo di millenaria coabitazione fra musulmani e cristiani. Bisogna aiutare Aleppo a non morire: presto e con decisione".

L'appello #SaveAleppo fu sottoscritto da moltissime persone, ripreso e rilanciato da personalità del mondo politico e da importanti leader religiosi. Purtroppo, ad oggi, non possiamo non registrare che in questi due anni sono migliaia di persone hanno perso la vita, moltissimi bambini. Dunque l'appello perché Aleppo fosse dichiarata "città aperta" è rimasto inascoltato, ad un prezzo altissimo.

In molti in queste ore paragonano l'assedio di Aleppo a quello di Sarajevo. Anche lì le vittime civili furono migliaia, strette in una morsa di bombardamenti e spari dei cecchini. Tutti abbiamo negli occhi le immagini dei mercati colpiti, dei tram crivellati di colpi, dei bambini disperati. La guerra, quando si accanisce contro la città può renderla un vero inferno in cui vengono intrappolati tutti. In verità, in quell'inferno sembriamo intrappolati anche noi, impotenti di fronte allo stallo (inspiegabile) della comunità internazionale.

Chi può fare qualcosa per Aleppo? Gli Stati Uniti? La Russia? L'Iran? Cosa possiamo fare noi? Forse un primo passo, che tutti possono compiere, è non abituarsi allo strazio, allo scempio di vite umane che ogni giorno si compie ad Aleppo. E poi chiedere in ogni luogo, sui media, sui social network, che la città martire siriana venga risparmiata dalla distruzione finale. #SaveAleppo




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