mercoledì 14 dicembre 2016 - Aldo Giannuli

Riflessioni sulla campagna del NO e sulle prospettive della Sinistra in Italia

A mente fredda possiamo fare qualche riflessione sulla campagna referendaria, in particolare in riferimento allo stato della sinistra italiana.

La prima considerazione riguarda la consistenza della sinistra in Italia. I NO, come si sa, sono stati circa 19 milioni e, stando alle valutazioni degli analisti, quelli provenienti dal Pd dovrebbero essere stati circa un milione o poco più, che vanno a sommarsi ai 7-800 mila riferibili a Sel, ai 5-600 mila di Rifondazione-Pdci (oggi Pci) ed ai circa 200.000 di altre piccole formazioni di sinistra. Quindi, in totale un po’ più di 2 milioni cui andrebbero sommati una parte dei voti provenienti dall’astensione orientati a sinistra, ma qui le valutazioni sono impossibili.

Comunque, non è esagerato valutare un apporto pari al 12% circa dei voti del No. Certo: si tratta solo di una somma aritmetica visto che non ha molto senso sommare un elettore del Pd con uno del partito di Ferrando, di Civati o di Rifondazione. Ma indica comunque che c’è un’area non piccola, pari ad un 6-7% del corpo elettorale, il che non è poco come terreno su cui lavorare.

La seconda considerazione riguarda il modo con cui è stata condotta la campagna del No che, diciamocelo francamente, è stata un vero disastro per quanto riguarda le componenti organizzate:

–  il comitato Nazionale del no non è stato in grado neppure di curare decentemente il sito che faceva piangere, ed è stato pesantemente egemonizzato dai soloni del diritto (Zagrebelski, Rodotà, Onida ecc ecc) che non hanno dimostrato alcuna sensibilità politica e sociale, rivelandosi una palla al piede

–  la Cgil non ha fatto praticamente nulla

–  la sinistra Pd (i soli bersaniani, visto che Cuperlo è andato a consegnarsi al padrone) si è decisa all’ultimo (giusto due o tre settimane prima del voto) ed ha fatto poche iniziative

–  Sel, Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista, Possibile sono state voci flebilissime, quasi impercettibili, persino sul web

Gli unici a muoversi seriamente sono stati l’Anpi, i comitati della sinistra per il No di D’Alema, un po’ di Fiom e diversi circoli Arci. E se si fosse trattato solo di questo, i consensi sarebbero stati molti meno di quelli che sono stati.

La vera risorsa è stata un’altra: la mobilitazione spontanea di decine di migliaia di militanti di sinistra “cani sciolti” (come si diceva un tempo). Non è esagerato valutare che a mobilitarsi siano state circa centomila persone, in gran parte senza alcuna tessera (o al massimo quella dell’Anpi) e spesso gente che da tempo non faceva più politica o addirittura si asteneva nelle elezioni, ma che è scattata percependo chiaramente la minaccia alla democrazia operata dal Pd renziano.

Girando per iniziatine, o presentando il mio libro ne ho avuto una percezione nettissima, così come seguendo i social in questi tre mesi: ho riconosciuto decine e decine di compagni conosciuti personalmente e spariti da tempi lontani, ridiventati attivissimi su fb o twitter. Anzi, se sulle iniziative sul territorio l’Anpi o altre organizzazioni hanno avuto un ruolo preminente (spesso ho anche trovato singoli militanti di sinistra che si appoggiavano a gruppi del M5s), sul web la presenza preminente è stata nettamente dei “cani sciolti”.

E’ un segnale che non va assolutamente sottovalutato: significa che c’è molta gente insoddisfatta dell’attuale offerta organizzativa della sinistra, ma che è pronta a tornare nella mischia solo che gli si offra qualcosa di decente.

Terza riflessione: il Pd è un partito molto più “mediatico” che reale: se considera il fiume di soldi speso nelle più diverse forme di propaganda (sfilano ancora per Milano i tram con la pubblicità “Basta un Si” ed ogni volta che li vedo non riesco a trattenere un sogghigno di piacere), l’appoggio compatto del 90% dei quotidiani, il coro unanime delle televisioni (comprese quelle del Cavaliere), la pioggia di appelli di attori, scrittori, ballerini, cantanti, ecc., il risultato è sorprendentemente basso. Ogni SI è costato realisticamente dalle 15 alle 20 volte quello che è costato ogni NO.

Considerando che c’è una quota di voti di destra (Alfano, Verdini, ma anche un bel pezzo di Fi e qualche voto del M5s) si ricava che il voto Pd è stato pari a circa i 2/3 del totale, cioè circa 8 milioni di voti, in buona parte raccolti grazie al seguito d’opinione più che quello organizzato.

Adesso è possibile che, per reazione, quanto per l’approssimarsi del congresso ci sia una impennata nel tesseramento, ma va detto che sino a qualche mese fa, i tesserati al Pd superavano di poco i centomila, cioè uno ogni 80-90 elettori circa.

Quarta considerazione, molti del Pd stanno facendo una valutazione assolutamente fantasiosa circa i voti che il loro partito avrebbe preso: il 40% come alle europee, per cui si conferma partito di maggioranza relativa. Qualcuno, addirittura, somma i voti Pd andati al No e dice che oggi il Pd è al 45%. Insisto: con una buona bottiglia di amarone a 16 gradi si vede il Pd al 55%.

Vorrei ricordare che nel 1983 il Pci prese il 29,9% dei voti, poi, nel 1985, organizzò in perfetta solitudine lo sfortunato referendum sui punti di contingenza che, comunque, raccolse il 45% dei Si, ma due anni dopo, nelle politiche del 1987, il Pci non prese il 45% e neppure il 29,9% di quattro anni prima, ma scese al 27,1%. Mai confondere i voti dei referendum con quelli delle politiche.

E veniamo a quello che deve fare la sinistra (quella vera). Quello che paralizza la situazione italiana è che un partito sostanzialmente di destra, come il Pd, che però si regge su una base, per quanto illusoriamente, di sinistra. Questa è in parte fatta, fra gli iscritti, da vecchi fossili pronti ad eseguire ogni ordine del gruppo dirigente anche se gli ordinasse di andare in processione a Predappio a portare i fiori (questo in particolare fra gli iscritti), e nell’elettorato da un seguito di opinione che non approva affatto tutte le scelte del Pd, ma che fa il solito ragionamento del “voto utile”, per cui alla fine vota per il “partito più forte della sinistra”.

Se vogliamo che torni una vera presenza di sinistra in questo paese occorre sfatare questa truffa e sottrarre l’elettorato di sinistra al Pd (i fossili possiamo pure lasciarglieli, tanto è solo un problema demografico). Questo significa presentarsi decisamente come alternativi e nemici del Pd, senza fare tanti giri di parole. Se aspiri a soppiantare un partito e, per di più intendi denunciarne il raggiro propagandistico significa che assumi quel partito come nemico, ma con i nemici non ci si allea. Mai.

Per cui, prima indicazione: disfarsi immediatamente di chi ritenga anche solo possibile una intesa elettorale con il Pd: chi lo pensa vada a fare il cespuglio con Pisapia, saranno quattro gatti aspiranti a qualche assessorato e penso non raggiungeranno nemmeno l’1,5% dei voti. Gli altri abbiano chiara l’idea che si lavora a qualcosa che sostituisca il Pd.

Seconda riflessione: proprio il fatto che l’anima della campagna sono stati i cani sciolti dice che è ora di piantarla con le fusioni a freddo di apparati burocratici di capi e capetti che non hanno dietro niente. La via giusta è quella degli “stati generali” della sinistra, città per città, basati sui comitati per il No (ovviamente quelli orientati a sinistra) che confluiscano in una costituente nazionale. La costituenda Sinistra Italiana può avere una funzione servente di questo processo ma non può assolutamente pensare di essere il vero partito della sinistra in Italia che deve essere una cosa ben più ampia.

Ultima raccomandazione: la sinistra deve riflettere sulle ragioni della sua sconfitta negli anni scorsi, la principale delle quali è stata l’assenza di iniziativa politica. Ma su questo torneremo.




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