mercoledì 7 dicembre 2016 - FRANCESCO ANNICCHIARICO

Referendum | Senatus Populusque Quiritium Romanus: quando si rifiuta l’eredità

Gli Italiani non hanno voluto dar ragione, in primis, al nostro Presidente del Consiglio, che ha fortemente sostenuto una modifica sostanziale delle relazioni tra Camera, Senato e Regioni.

Una riforma molto discussa, forse ambigua e che avrebbe avuto bisogno di ulteriori correttivi futuri secondo alcuni costituzionalisti. Eppure il Senato fu istituito nella nostra Penisola, leggendariamente da Romolo, e proseguì durante il periodo regio ed ingrandito durante l'Età Repubblicana.

Nell'immaginario collettivo è l'Assemblea degli uomini saggi, magari di età avanzata, i cui pareri e prerogative non possono non essere tenuti in seria considerazione.

La riforma costituzionale mirava ad indebolire questa Istituzione, che sarebbe stata composta principalmente da politici di medio livello, quali consiglieri regionali e Sindaci, con un orizzonte politico localistico, perennemente fluttuante poiché la compagine Senatoriale si sarebbe modificata sulla base delle elezioni locali.

Se considerassimo, la nostra storia passata, solo come "polvere", cioè come qualcosa che non ci riguarda più, allora sarebbe corretto verificare soltanto sul piano tecnico-funzionale i contenuti della Riforma per discernere i pregi e i difetti.

Se invece, volessimo considerare la nostra storia passata come un pezzo della nostra attuale civilizzazione, allora, credo, che l'indebolimento del Senato, è già un errore, che non ci aiuta nemmeno ad avere una corretta visione del futuro.

Non tutte le Nazioni hanno agito allo stesso modo.

Thomas Jefferson, a volte menzionato in questa campagna referendaria, concepì un Senato nella città di Washington‎, il cui nome precedente era Roma (Rome), perché sorgeva su 7 colli.

Uno dei quali fu chiamato Capitolium: come il Campidoglio romano.

Ci sono popoli che nella loro storia, anelano alla grandezza ideale della Roma antica: Stati Uniti principalmente.

Per capire quale sia il ruolo del Senato, nella costruzione di una sana e duratura democrazia, bisognerebbe ricordare Alexis de Tocqueville e "La democrazia in America" del 1835-1840, di cui vorrei rimarcare alcuni passaggi, riguardo la descrizione di questa Camera Alta, che egli ben differenzia dalla Camera dei rappresentanti (analoga alla nostra Camera dei Deputati):

"Quando voi entrate nell'aula dei rappresentanti a Washington, restate colpiti dall'aspetto volgare di questa grande assemblea.

Invano vi cercate un uomo celebre; quasi tutti i suoi membri sono oscuri personaggi il cui nome non vi dice nulla.

Si tratta generalmente di avvocati di provincia, di commercianti o anche di uomini appartenenti alle infime classi....

A due passi di là si apre l'aula del senato, che racchiude in sé la maggior parte delle celebrità dell'America. Non vi è in essa forse un solo nome che non sia conosciuto da tutti.

Vi sono eloquenti avvocati, distinti generali, abili magistrati o comunque uomini di Stato assai noti.

Le discussioni di quest'assemblea farebbero onore ai più illustri parlamenti d'Europa.

Donde questo strano contrasto? Perché l'élite della nazione è in quest'aula e non nell'altra?

Perché la prima assemblea è composta di elementi volgari, mentre sembra che la seconda abbia il monopolio degli ingegni e della cultura?

Eppure entrambe emanano dal popolo, entrambe sono il prodotto del suffragio universale, e il senato in America non è mai stato accusato di essere il nemico degli interessi popolari.

Donde, dunque, una differenza tanto grande? Credo che un solo fatto possa spiegarla: l'elezione della camera dei rappresentanti è diretta; quella del senato indiretta.

L'universalità dei cittadini elegge le legislature di ogni stato e queste legislature, a loro volta, scelgono nel loro seno i membri del senato.

Dunque anche i senatori sono, benché indirettamente, il risultato del suffragio universale.

Infatti le legislature che li eleggono non sono corpi aristocratici o privilegiati, ma dipendono dall'universalità dei cittadini, sono elette ogni anno e possono essere composte ogni volta di membri nuovi.

Ma basta che la volontà popolare passi attraverso questa assemblea per migliorare e uscirne rivestita di forme più nobili e belle .

Gli uomini eletti in questo modo, dunque, rappresentano sempre esattamente la nazione che governano, ma rappresentano solo i pensieri elevati che in essa si trovano, gli istinti generosi che l'animano e non i vizi e le piccole passioni che spesso l'agitano disonorandola .

E' facile prevedere che nell'avvenire le repubbliche americane saranno costrette ad applicare più largamente il sistema dell'elezione a doppio grado, se non vorranno perdersi miserevolmente fra gli scogli della democrazia.

Non ho difficoltà a dirlo: io credo che l'elezione a doppio grado sia il solo mezzo per mettere alla portata di tutte le classi l'uso della libertà politica; e mi pare che coloro che vogliono fare di questo mezzo l'arma esclusiva di un partito e coloro che lo temono cadano in un eguale errore ." (da "La democrazia in America / Alexis de Tocqueville ; a cura di Giorgio Candeloro Milano: Biblioteca universale Rizzoli, 2011).

Dal 1913, il Senato americano è eletto direttamente dai cittadini e non più nominato dalle Assemblee dei vari Stati.

La differenza sostanziale tra il Senato americano fino al 1913 e la proposta di riforma costituzionale, ora bocciata dal referendum, è che la scelta dei consiglieri regionali-Senatori sarebbe avvenuta «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri», citando la norma, quindi in base ai voti che i consiglieri avrebbero preso nelle elezioni regionali: replicando il fattore "quantità" di voti anziché qualità e statura della persona eletta.

Forse questa argomentazione non è del tutto convincente per giustificare il nostro declino istituzionale se paragonato con quello americano? Bene, allora inserirei un ulteriore elemento: i cittadini americani sono, in passato come oggigiorno, legatissimi ai loro Padri Fondatori, e provano ad emularli, anche solo "a parole"; mentre noi abbiamo completamente dimenticato i Nostri: Camillo Cavour, Carlo Cattaneo e Giuseppe Mazzini.

In ultimo vorrei ricordare una frase del poeta latino Quinto Ennio riguardo lo sviluppo e prosperità della civiltà romana: "Lo stato Romano si fonda sugli antichi costumi e sui grandi uomini del passato".




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