martedì 6 dicembre 2016 - Phastidio

Referendum Costituzionale e narrazioni tossiche

Archiviato l’esito referendario, dopo mesi di una intossicazione di menzogne senza precedenti da parte di entrambi gli schieramenti e di completa eclissi di razionalità. È stato un titanico scontro di narrazioni e di fallacia, di correlazioni spurie, di aruspici da dopolavoro e politologi forse peggiori degli economisti, quanto a capacità divinatorie. Nel frattempo, la realtà è all’opera, soprattutto fuori d’Italia.

Partiamo dal contesto domestico. Come avevamo detto qui, ora ci sarà da lavorare per riscrivere la legge elettorale. Finirà ad essere una proporzionale con blanda correzione, e produrrà una nuova grande coalizione. Nel frattempo, la legge di Bilancio 2017 verrà approvata e a Palazzo Chigi arriverà una figura di garanzia. Poiché la prima garanzia è quella verso i mercati (lo so, vi incazzerete a morte, leggendo questo passaggio), alla fine potrebbe essere Pier Carlo Padoan.

Che è sì un tecnocrate ma ha una non comune capacità politica di mentire che fa di lui un profilo quasi perfetto. Mentre Renzi andrà allo scontro finale con la la minoranza Pd, cercando di calibrare appoggio ed opposizione al nuovo governo. Renzi è stato un gambler assoluto, ma solo perché, da un certo momento della sua esperienza di governo, si è reso conto di non poter dire la verità agli italiani. Che alla verità paiono geneticamente avversi, a giudicare da come si bevono fiabe, in una tendenza che sta accelerando quanto più il paese affonda nel proprio declino.

Renzi ha potuto godere di alcune congiunture astrali favorevoli. Ha avuto parte del merito politico ad ottenere il primo allentamento dell’austerità europea, due anni addietro; poi è stato baciato in fronte dagli shock positivi del QE della Bce e del crollo del greggio. Ciò malgrado, il paese è rimasto imballato e ritardatario, esponendo un’incapacità a crescere che è figlia del suo ridotto potenziale. Un vero peccato che Renzi sia caduto ora, perché i dati della congiuntura internazionale stanno inopinatamente volgendo al bello.

Crescita robusta negli Stati Uniti, in attesa dello stimolo di Trump, paesi emergenti che comunque reggono, Giappone trascinato dalla debolezza dello yen, persino l’Eurozona che inanella risultati positivi su manifattura, servizi, consumi, occupazione. Se Renzi fosse rimasto, tra poche settimane avrebbe potuto intestarsi questo miglioramento della congiuntura. Magari lo farà da bordo campo, quando vorrà mostrarsi conciliante verso il suo successore, e dirà che l’Italia cresce grazie alle “riforme” fatte dal suo governo.

Renzi aveva realizzato una revisione costituzionale scadente, e ha passato il tempo cercando di convincere gli elettori che, in caso di bocciatura, il paese sarebbe scivolato nel caos, soprattutto per mano dei mercati finanziari. Le cose non stanno in questi termini: il sistema ha una forte inerzia, conseguenza del vincolo di realtà. I temuti danni da Brexit non si sono (ancora) verificati perché i tempi per realizzarli si sono dilatati, e nel frattempo è arrivata un’iniezione di politica monetaria espansiva; tra non molto anche un moderato stimolo fiscale farà la sua parte, come si diceva qui.

Trump ha spinto i mercati perché i medesimi si sono concentrati sugli enormi benefici fiscali promessi alle aziende, ed anche qui sullo stimolo fiscale prossimo venturo. Per ora si è scelto di ignorare le conseguenze di un eventuale passaggio di Trump dalle minacce protezionistiche ai fatti, non è chiaro se perché si ritiene che il miliardario non sarà così stupido da suicidarsi a colpi di dazi o altro. Gli errori di valutazione accadono, comunque. Allo stesso modo, per ora in Italia non è accaduto nulla, e prevale l’inerzia del sistema.

Piuttosto, visto che di narrative intossicate pare che gli italiani si nutrano, con o senza olio di palma, parliamo del cartello del No. Non è un cartello politico, essendo formato da entità e soggetti fortemente eterogenei che in nessun caso potranno coalizzarsi in un programma di governo. A dirla tutta, quanti oggi strillano che vogliono il voto immediatamente, lo fanno sapendo che non ci sarà alcun voto, prima della fine naturale della legislatura. In questo modo, è facile sentirsi trionfatori a buon mercato. Perché se questi personaggi giungessero al governo, sarebbero ustionati dal fuoco della realtà. Voi lo vedete, il M5S, che convoca il referendum consultivo per uscire dall’euro, o fa la sua prima legge di bilancio col reddito di cittadinanza finanziato dalla lotta alla corruzione, con tante zeta? Oppure vedete un fantascientifico governo Berlusconi-Salvini che esce dalla moneta unica durante un weekend? Certo, come no. La verità è che questa gente finirebbe presa a calci in culo dalla realtà, con buona pace di tanti piccoli demagoghi che stanno costruendosi una carriera politica come exit strategy ai loro fallimenti professionali. Niente di nuovo sotto il sole: è il trionfo della postura politica declamatoria e di conseguenza dell’impostura. Quello che sorprende è che ad ogni giro ci siano moltitudini che credono a postura ed impostura, come dimostrano stamane le vesti stracciate di chi ha votato Sì, e ora si lancia in funeste profezie sulla testa delle prossime generazioni. Calma, ragazzi.

Quindi, per quanto ci riguarda, al momento non è successo nulla: il sistema bancario italiano resta caratterizzato da ampie zone di sofferenza, come lo era sino a ieri sera; la crescita del paese resta del tutto insoddisfacente; negli ultimi tre anni non ci sono state vere riforme ma aggiustamenti al margine ed un uso pessimo del deficit, pur entro la cornice dei benedetti vincoli esterni che limitano l’azione della nostra classe politica, popolata da nani affabulatori che attendono le loro legioni di lemmings pronti al salto dalla scogliera. Il “ciclo narrativo” resta intatto: uomo nuovo, discontinuità col passato, fallimento, vittimismo ed accuse ad entità esterne.

Per ora, terminata l’allucinazione collettiva del referendum, ripartiamo con una campagna elettorale che durerà circa 18 mesi. Il tempo vola, quando ci si diverte.




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