mercoledì 8 febbraio 2017 - Damiano Mazzotti

Rampini estremo. Immigrazione, civiltà e democrazia

Il tradimento è un saggio molto istruttivo e coraggioso di Federico Rampini (Mondadori, 2016, 197 pagine, euro 17).

Il saggio di Rampini prende in esame la globalizzazione, l’immigrazione e le menzogne delle classi dirigenti internazionali. Il giornalista italiano, naturalizzato americano, si è concentrato sulla problema della compatibilità della grande immigrazione di persone di religione islamica nei paesi occidentali. Però anche i cinesi non riescono a integrarsi nelle altre culture, poiché si considerano appartenenti a una cultura millenaria e a una popolazione privilegiata e superiore. Quasi tutti le persone di quasi tutte le culture di questo mondo hanno bisogno di sentirsi superiori a tutti gli altri o perlomeno superiori a molti altri (ad esempio gli ebrei si considerano il popolo eletto).

Valutando la sua vita passata in Belgio e nel mondo Rampini si è reso conto che “da un certo momento in poi tanti immigrati musulmani hanno deciso che non vogliono integrarsi. Lo strappo non ha mai avuto degli equivalenti nelle comunità d’immigrati italiani o portoghesi o greci nell’Europa nordica; o d’immigrati ispanici negli Stati Uniti [almeno non ancora]. Tanti islamici hanno cominciato a pensare che la loro è una civiltà superiore, che non hanno nulla da imparare, anzi, devono evitare ogni contaminazione con noi… Questo fenomeno è ben diverso dall’attaccamento alle tradizioni” nel tentativo “di salvaguardare la propria identità” (p. 12).

Le politiche estere e le comunicazioni mediatiche integraliste di paesi come l’Arabia Saudita e il Qatar hanno avuto i loro effetti maligni anche sui giovani islamici presenti in molte altre nazioni del mondo (soprattutto in Siria, Nigeria, Afghanistan, Yemen, Iraq). Quello che i giovani “odiano dell’Occidente non sono lo sfruttamento capitalistico né le disuguaglianze sociali; ciò che denunciano è lo Stato laico che mette tutte le religioni sullo stesso piano, la libertà di espressione, la libertà dei costumi, l’emancipazione femminile, il fatto che le donne possano studiare e lavorare, vestirsi come preferiscono, sposarsi chi vogliono” (p. 16).

Quindi il caos mediorientale non è da addebitare all’Occidente ma alle classe dirigenti troppo elitarie e viziate dei paesi arabi. La Cina, l’India e il Giappone non hanno mai sofferto di vittimismo, si sono modernizzate, competono con noi e con i loro prodotti conquistano i nostri mercati. Molti paesi non occidentali non accettano profughi o immigrati vari, diversamente dagli Stati Uniti, dove operano molte organizzazioni che aiutano gli immigrati (Laurene Powell, vedova di Steve Jobs ha fondato http://www.thedreamisnow.org che promuove alcune forme di regolarizzazione).

Per quanto riguarda l’Italia “se l’immigrazione (profughi o immigrati economici) viene vissuta come una “invasione barbarica” da parte di chi ignora e calpesta le nostre regole: se chi arriva riceve qualche forma di assistenza ma non fa nulla in cambio: questi sono gli ingredienti perfetti per alimentare le crisi di rigetto… ci sono dei doveri, non solo dei diritti” (p. 42). Ad esempio moltissimi immigrati non pagano il biglietto del treno e questo “Far West ferroviario” ci fa precipitare in un circolo vizioso molto pericoloso. E non si può “bollare con l’etichetta infamante di “razzista e xenofobo” un italiano che ha paura di veder aumentare il tasso di caos del paese, già elevato”.

Ogni civiltà seria dovrebbe progredire e le culture che non rispettano i diritti delle minoranze dovrebbero essere destinate ad entrare nella pattumiera della storia. Anche Maometto a suo tempo fu un innovatore. Comunque la cultura occidentale è forse l’unica che consente la piena autocritica, che riconosce il diritto alla libertà personale e che garantisce i diritti delle principali minoranze. Ma forse Darwin non aveva analizzato bene una sua conclusione: non sono sempre i geni dei migliori e dei più adatti a sopravvivere. Invece sopravvivono sempre i geni delle persone e delle popolazioni che hanno più discendenti.

In genere più discendenti ci sono più km quadrati si possono conquistare. Potrebbe essere chiamata Legge del Kosovo. Ma conosciamo bene tutti i problemi delle culture che vivono ancora nella tribalità e nelle relazioni basate sui legami familiari. E abbiamo appena iniziato a conoscere tutti i problemi legati all’aumento incontrollato delle nascite. Basta osservare quello che succede in Israele e Palestina o in molti paesi africani e dell’America Latina (criminalità, guerre civili, ecc.).

 

Federico Rampini vive e lavora a New York e ha viaggiato per lavoro e per piacere in quasi tutto il mondo. Ha pubblicato molti saggi. Nel 2014 ha pubblicato Rete padrona. Amazon, Apple, Google & co. Il volto oscuro della rivoluzione digitale (Feltrinelli). Per avviare contatti personali e opportunità spettacolari: http://elastica.eu/it/artisti/federico-rampini.

 

Nota americana – Gli Stati Uniti non sono sempre stati uno Stato basato su tutti gli immigrati. I conquistatori anglosassoni e nordici hanno sempre controllato e limitato qualsiasi forma di immigrazione irregolare. Chi era malato e chi non era abile al lavoro veniva rifiutato (in molti casi succede ancora oggi). “L’America di oggi, la società multietnica più avanzata del mondo, è frutto di riforme sull’immigrazione varate solo a metà degli anni Sessanta, per la precisione dal presidente Lyndon Johnson” (p. 20). Gli Stati Uniti importano i migliori cervelli e fabbricano i migliori cittadini.

Nota cinese – Le Chinatown del mondo sono autoreferenziali ma non creano violenza contro gli occidentali. “Anche se non desiderano integrarsi con noi, e mantengono i rapporti col paese ospitante su un piano di pura transazione economica, non hanno un’ideologia del vittimismo, del rancore antioccidentale, della recriminazione, non rimuginano antichi conti da saldare, torti subiti nel corso della storia. Non cercano risarcimenti né tantomeno vendette violente” (p. 19).

Nota tedesca – Secondo la Legge del Kosovo la Germania nel 2070 potrebbe diventare una nazione islamica più o meno democratica simile alla Turchia (potrebbe bastare un semplice referendum).

Nota italiana – “Per quale ragione Legge e Ordine sono diventati slogan di destra, mentre le prime vittime dell’illegalità e del disordine sono i ceti popolari, quelli che abitano nelle zone più insicure?” (p. 47). “La prima regola per governare l’immigrazione è proprio questa: ascoltare chi fra noi vive nelle condizioni socio-economiche più vicine a quelle degli immigrati” (p. 58). Inoltre bisogna tenere conto che nel decennio 2005-2014 il tasso di impoverimento delle famiglie italiane è stato il più alto in Occidente: il 97 per cento degli italiani si è ritrovato in condizioni peggiori o non ha aumentato il proprio reddito. Al secondo posto si piazzano gli Stati Uniti con l’81 per cento delle famiglie. In Svezia si è impoverito solo il 20 per cento dei cittadini (studio McKinsey, p. 92).

Nota filosofica (poco fica, anzi politicamente scorretta) – Bisogna riconoscere “che le civiltà umane e il nostro patrimonio biogenetico si sono continuamente adattati, trasformati ed evoluti attraverso le mescolanze migratorie; e, dall’altra parte che da ogni incontro-fusione alla fine esce un mix che non è paritetico, in cui uno dei caratteri ha la prevalenza… mentre sentiamo che gli incroci multietnici sono inevitabili, c’interroghiamo sull’identità che sarà prevalente” (p. 59).

Nota aforistica – “La tradizione è salvaguardia del fuoco, non adorazione delle ceneri” (Gustav Mahler); “Non basta fare del bene, bisogna anche farlo bene” (www.filosofico.net/diderot.htm); Ogni cultura fornisce una visione del mondo più o meno specifica e “non c’è da meravigliarsi se ciascuno dalla stessa materia trae quel che è conforme alle sue inclinazioni: nel medesimo prato il bue cerca l’erba, il cane la lepre, la cicogna il ramarro” (Seneca, Epistola 108, 29).

Nota personale – Un paese in cui qualsiasi persona può girare liberamente da una città in un’altra con un’identità falsa o senza identità, non è un paese serio, ma è un paese del quarto dal punto di vista della gestione della criminalità e della sicurezza (è principalmente per questo motivo che ci temono in Europa). E quando una persona gira con un documento di identità falso o più volte risultato falso, vuol dire che ha qualcosa da nascondere e che i nostri sistemi legislativi e quelli di controllo fanno acqua da tutte le parti. Non sono i delinquenti che sono furbi, siamo noi che siamo fessi (soprattutto i politici e i burocrati). In Svizzera se una persona straniera non paga una multa gli sequestrano l’auto finché non avviene l’intero pagamento della multa. In Italia dovrebbe avvenire la stessa cosa. E pure i controlli sulla titolarità delle schede telefoniche delle persone straniere dovrebbero essere più accurati. Infatti le truffe telefoniche avranno una crescita esponenziale nei prossimi anni, anche a causa della crescita dei pagamenti online.




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