giovedì 5 gennaio 2017 - Leandro Malatesta

Quarto potere, un film più che mai attuale

“La situazione è grave ma non seria” così si espresse Ennio Flaiano al riguardo della situazione politica italiana e si potrebbe affermare lo stesso oggi alla luce dello “storytelling”politico nazionale.

Volendo parlare di cinema e politica va detto che questo connubio è stato portato sul grande schermo numerosissime volte ed ogni volta variando anche chiave di lettura.

Uno dei capisaldi del genere può essere in qualche modo considerato “Quarto potere” film del 1941 scritto, diretto ed interpretato da Orson Welles.

Fornire da parte mia una recensione o l'esegesi di questa pellicola non aggiungerebbe niente di nuovo o di innovativo a quanto già scritto su questo capolavoro assoluto della filmografia mondiale.

Lo spunto di questo articolo, iniziato parlando di politica ma che non vuole essere una indagine sullo stato di salute della politica stessa, è quello di vedere come nel caso delle parole di Flaiano, anche un film come “Quarto potere” sia più che mai attuale.

Va detto che le grandi opere ed i grandi pensatori sono tali proprio per la loro capacità di precorrere i tempi ed in qualche modo non solo essere in anticipo sul tempo ma esserne “fuori” formando l'esternalità di visioni e pensieri che viaggiano spesso paralleli e non “dentro” la realtà quotidiana perché essa non riesce a coglierne il significato più profondo.

Quando ci troviamo di fronte alla proposta arrivata da una nota figura del mondo politico (ed in precedenza appartenente al mondo dello spettacolo; forse tale distinzione non ha nemmeno più senso oggi dove la politica è sempre più improntata verso le regole dello show ed il confine tra le due realtà appare sempre più labile ed in realtà forse già superato da diverso tempo) di istituire una “Giuria Popolare contro le balle di stampa e TV” ecco che qualcosa automaticamente scatta.

Personalmente il riferimento ad Orson Welles diventa importante per comprendere al meglio quello che stiamo vivendo.

“Quarto potere”, in originale “Citizen Kane”, contiene già nel titolo un rimando chiaro a quella politica del “cittadino” che viene considerata quale panacea a tutti i mali della nostra politica e la creazione della “giuria popolare” per smascherare le presunte notizie false andrebbe in quest'ottica di “potere al popolo”.

Nella pellicola di Welles come noto viene ricostruita la storia del protagonista Charles Foster Kane il quale è un magnate dell'editoria americana con un'infanzia difficile alle spalle e rapporti sentimentali tormentati; egli tenterà anche la scalata politica candidandosi al ruolo di governatore di New York ma tale tentativo naufragherà a causa dello scoppio di uno scandalo concernente una sua relazione extra coniugale.

L'ossessione di Kane è quella di ricevere amore, senza sapersi donare davvero al prossimo pretendendo di poter “acquistare” in qualche modo un sentimento così libero.

Tutta la propria esistenza (che nel film viene raccontata partendo dalla fine) ruoterà attorno a quest'assenza rendendo visibile come il riscatto sociale non abbia coinciso con un riscatto dell'affetto perduto; solo nella scena finale con un tocco di maestria poetica da parte di Welles il personaggio principale completerà la propria ricerca con un ritorno al passato tanto fulmineo quanto effimero.

Questo è il film e dalla trama sono evidenti i rimandi al presente; la politica usata spesso come mezzo del quale servirsi e non fatta per “servire” e poi attualissimo il tema dei media e della narrazione politica.

Kane è un editore che nel film manipola alcune notizie a proprio piacimento per creare la propria verità e plasmare la realtà, quello di Welles è l'espediente utilizzato per parlare di una storia che vuole delineare i contorni di una figura precisa; diverso è invece additare tutta la stampa e l'informazione televisiva odierna di costruire menzogne.

Oltretutto la politica contemporanea vanta una “liquidità” mai vista prima e tale forma è dovuta anche al proprio viaggiare attraverso la rete Internet.

L'assenza di filtri è casomai la grande novità e tale assenza potrebbe costituire addirittura un potenziale pericolo se non gestita in modo saggio.

Nel caso dei media “tradizionali” esiste ancora un filtro che non dovrebbe essere ovviamente manipolato ad arte all'editore come invece accadeva nel caso Wellesiano.

L'intero dibattito sulla democrazia odierna ruota attorno a ciò che essa stessa rappresenta oggi e di come sia possibile rappresentarla e difenderla.

Internet come detto ha portato la propria rivoluzione incidendo in modo tangibile e concreto.

La rivoluzione digitale parrebbe essere una “rivoluzione buona” ma essa come tutti i cambiamenti porta con sé alcuni dubbi che se affrontati nel modo giusto potrebbero ancor di più rafforzarne l'impatto.

Parlare di comunicazione in un paese (l'Italia) che occupa il 77° posto nella classifica sulla libertà di stampa nel mondo è argomento delicato ma urgente, ed il dibattito è sempre positivo purché non vi siano imposizioni dall'alto.

Charles Foster Kane ha tentato di imporre se stesso ed il proprio controllo sugli altri finendo per vivere così una vita priva di affetti, d'altro canto l'imposizione di un sistema informativo sembrerebbe essere la fine della verità.

Il sistema della “giuria popolare” è insito di alcune problematiche, se prendendo infatti l'esempio di stampa e TV il cittadino si trova a poter scegliere come informarsi essendo così incaricato di un ruolo critico. Il fatto invece di sapere di avere un organo di controllo sopra la propria testa potrebbe portare anche il cittadino più attivo a sentirsi deresponsabilizzato smettendo quindi di scegliere per uniformarsi a qualcosa che può sembrare garantito da verità emanate.

Inoltre verrebbe quindi da dire che cesserebbe paradossalmente il “controllo dei cittadini” perché in questo caso chi controllerebbe chi?

La “giuria popolare” sarebbe un organo o troppo forte o troppo debole vantando la totale fiducia o totale sfiducia delle persone e poi come essa verrebbe designata? Con quali criteri e in base a quali competenze?

Perché una cosa che appare oggi evidente è che le competenze nei ruoli strategici siano determinanti e fondamentali.

Infine è davvero corretto l'assioma secondo il quale i “cittadini” siano tutti migliori della classe dirigente (sia essa quella politica che quella dei mass media). E cosa rende questi migliori degli altri?

E ritorna così il tema delle competenze, delle capacità e dell'amore verso il proprio incarico che nel caso di chi ha a che fare con l'informazione non può che essere l'amore per la verità e la ricerca di essa.

Più che di una giuria popolare si ha bisogno di competenze e di onestà intellettuale da parte di chi fa parte del mondo dei media e soprattutto di partecipazione attiva dall'altra parte (partecipazione che non può essere ristretta in una “giuria”).

Informarsi e cercare di capire ciò che ci circonda è amore per noi stessi e per gli altri; di certo non è limitando l'informazione che si arriva a ciò ma soltanto selezionando ciò che merita da ciò che non merita.

Citando Zygmunt Bauman: “Tutto quello che oggi è buono per te, domani potrebbe essere riassegnato alla categoria dei veleni.” ("L'etica in un mondo di consumatori") si capisce come uno dei maggiori studiosi dell'era post-moderna abbia ben chiaro come sia sul piano della comunicazione che si gioca una delle più importanti sfide del presente.

Perché se a differenza del finale del film di Orson Welles non vogliamo che l'informazione venga considerata come un oggetto qualsiasi del quale sbarazzarsi dobbiamo fare sì che essa diventi la nostra “Rosebud”da difendere, capace com'è di portarci alla libertà.




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