venerdì 10 luglio 2015 - Paolo Borrello

Putin non vuole riconoscere il genocidio di Srebrenica

L’11 luglio saranno passati 20 anni dall’eccidio più grave avvenuto in Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale, il genocidio di Srebrenica.

Ma la Russia ha imposto il veto ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu di condanna del massacro avvenuto nel 1995, durante la guerra in Bosnia, risoluzione che lo definiva un “genocidio”.

In dieci hanno votato a favore di questa risoluzione, quattro sono stati gli astenuti, tra cui Cina e Nigeria e la Russia ha votato contro. E poiché la Russia, come altri Paesi, ha il potere di veto in Consiglio di sicurezza, la risoluzione è stata bocciata.

E poiché le decisioni più importanti della Russia non possono che essere prese dal suo dittatore, le responsabilità di quanto avvenuto non possono che essere attribuite a Putin.

Durissima è stata la replica dell’ambasciatrice americana all’ONU, Samantha Power, secondo la quale il veto della Russia assume il significato di negare il genocidio di migliaia di musulmani bosniaci da parte delle truppe serbo-bosniache.

Quanto avvenuto, a tale proposito, dovrebbe convincere, fra l’altro, i sostenitori italiani di Putin, da Berlusconi a Salvini, compresi alcuni esponenti della sinistra radicale, che Putin è un reazionario, un dittatore, che va combattuto e non sostenuto.

Brevemente, vorrei ricordare quanto si verificò a Srebrenica, 20 anni or sono.

Riporto quanto scritto in un articolo pubblicato su www.huffingtonpost.it:

“Tra l’11 e il 13 Luglio le truppe serbo-bosniache guidate dal enerale Mladic presero possesso dell’enclave di Srebrenica.

Nei mesi precedenti i musulmani-bosniaci in fuga dalle truppe serbe avevano trasformato la città in un enorme campo profughi. Per questo le Nazioni Unite l’avevano dichiarata ‘safe area’, inviandovi un contingente di caschi blu per proteggerla.

Quegli stessi caschi blu tra l’11 e il 13 Luglio non solo acconsentirono alla richieste delle truppe serbe di separare gli uomini dalle donne, ma fornirono anche i 30.000 litri di carburante necessari per facilitarne il trasporto.

I soldati di Mladic, con la scusa di interrogare gli uomini per identificare eventuali crimini di guerra, fucilarono in quei giorni tra gli 8.000 e i 10.000 mussulmani bosniaci.

Uomini, vecchi e ragazzi, uccisi da coloro che fino a pochi anni prima erano stati conoscenti, vicini, a volte perfino amici. Uccisi da un odio fomentato da una propaganda che aveva in breve tempo creato barriere invisibili in un popolo che viveva in pace da decenni…”.

 

Foto: Wikipedia Commons.




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