martedì 22 maggio 2012 - Trilussa

"Prepariamoci", un libro di Luca Mercalli sui limiti del nostro Pianeta

"Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l'universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda...". Parole di verità in un mondo colpevolmente indifferente. 

"Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l'universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda. Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai. Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità più nuova è che non resta mai nuova. C'è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma" (Frédéric Beigbeder).

"Chi crede che una crescita esponenziale possa durare all'infinito in un mondo finito è un pazzo oppure un economista", parole di Kenneth E. Boulding già nel 1966, o ancora di Seneca, lì a ricordare che "sarebbe già un conforto per la nostra debolezza se tutto perisse con la stessa lentezza con cui si è formato. Invece la crescita è lenta, la rovina è rapida."

Queste frasi sono tratte dal libro di Luca Mercalli: “Prepariamoci” (edizione Chiarelettere).

Prepariamoci, dice Luca, a vivere in un mondo diverso dove non sempre quando premi il pulsante la lampadina si accende, non sempre quando apri il rubinetto arriva l’acqua calda o addirittura l’acqua, non sempre quando vai in ospedale trovi qualcuno che si prende cura di te. Nemmeno lascerai il cibo avanzato nel piatto per farlo andare nei rifiuti, né cambierai la macchina solo per far vedere che sei benestante. E il SUV non sarà più come ora il segno del benessere e della felicità ma solo della stupidità. 

E questo momento non è poi così lontano come può sembrare perché il momento del non ritorno è sempre più vicino e se anche non si possono azzardare date precise, sappiamo però che lo sfruttamento delle nostre risorse, le risorse del pianeta Terra, ha superato da tempo i limiti del loro ricambio naturale.

Gli scienziati sono unanimi nel ritenere che in questo momento noi consumiamo fino ad agosto gli interessi, le energie rinnovabili, risorse che sono in grado di autorigenerarsi in maniera infinita. Da agosto fino a dicembre intacchiamo invece il capitale non rinnovabile. Spremiamo cioè il pianeta, ne prosciughiamo le risorse accumulate in milioni di anni, ne modifichiamo il clima, ne impoveriamo i mari, ne distruggiamo i delicati ecosistemi accelerando la scomparsa di sempre nuove specie, ne consumiamo l’acqua e il suolo, lo riempiamo di gas tossici, di scorie e di rifiuti che non sappiamo mai dove mettere.

Le molte voci che si levano in ogni parte del mondo per mettere sull’avviso la politica, le grandi Organizzazioni Internazionali, sembrano cadere nel vuoto. La crisi economica mondiale, le varie crisi politiche dei vari stati, i soliti grandi problemi di convivenza cha attanagliano il mondo rendono il problema poco sentito, per non dire ignorato.

Ogni verità passa attraverso tre fasi. Nella prima è ridicolizzata, nella seconda osteggiata, nella terza diviene di per se stessa evidente” (Arthur Schopenhauer). Per ora siamo nella fase intermedia della non considerazione, anche se i tempi veramente stringono e non vorremmo che finisse come nella narrazione teatrale di Dario Fo, “L’Apocalisse rimandata, benvenuta catastrofe” che termina così:

Quando sentiremo l’ultimo avviso del “si chiude!!” ci muoveremo senza saper che fare, intontiti al par d’allocchi, solo allora il terrore, come molla, ci butterà in piedi al grido di “Vogliamo campare! Eh no, è troppo tardi, coglioni!”

Se non ci sarà un generale cambiamento di rotta e il nostro precipitare verso la catastrofe non subirà un drastico ridimensionamento bisognerà abituarsi a vivere in un mondo diverso, con meno risorse, con meno energia, con meno abbondanza di beni. Un mondo capovolto dove non sarà più fico spostarsi con un ingombrante ed inquinante SUV ma sarà quello di acquistare una piccola macchina elettrica, magari da alimentare con cellule fotovoltaiche sul proprio tetto.

Che questa sia la china lo dicono non solo illustri scienziati e Organizzazioni Internazionali in molti convegni poco ascoltati, ma lo dicono dati inconfutabili come ad esempio l’EROEI. Anche per me era una sigla sconosciuta, ma è molto importante e serve a far capire.

EROEI è l’acronimo di Energy Return On Energy Invested, cioè l’energia che si ricava dall’investimento di energia. Più facile con un esempio: l’estrazione del petrolio era 1:100 cioè con la spesa energetica di un barile di petrolio se ne ricavano cento. Ora, dopo l’enorme quantità di petrolio consumato, questo indice è sceso e siamo intorno a 1:10. Petrolio ce n’è ancora molto. ma l’energia necessaria per estrarlo è aumentata moltissimo ed il prodotto è destinato ad essere sempre più caro. Anche il nucleare è 1:10, quindi non eccessivamente conveniente e a cui bisogna aggiungere sia il costo dello smaltimento delle scorie che il fatto che anche i giacimenti di uranio sono in esaurimento con la previsione di un materiale sempre più raro e naturalmente più caro. Da questo si capisce molto bene quanto folle sia stato il progetto governativo di tornare al nucleare, sia in termini di sicurezza ma soprattutto di convenienza. E anche come siano importanti, in questo momento, programmi governativi che incentivino la ricerca e l’installazione domestica e pubblica di sistemi alternativi di produzione energetica.

Poiché l’energia fossile costerà sempre di più e con il più che sicuro aumento della richiesta di energia dei paesi emergenti (BRIC), il panorama appare sempre più fosco e la possibilità di un inverno energetico sempre più probabile.

Un libro veramente interessante ed istruttivo che dovrebbe far riflettere non tanto noi cittadini, quelli che subiscono come sempre le scelte di altri, ma soprattutto i nostri governanti che appaio più interessati e appassionati al loro piccolo orticello privato piuttosto che al grande, immenso campo del nostro pianeta in un progressivo, e al momento inevitabile, esaurimento.

 

 

 

 




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