lunedì 28 giugno 2010 - Trilussa

Politica e malaffare. C’è bisogno di un ricambio generazionale

Politica e malaffare. C'è bisogno di un ricambio generazionale

Non so se vi sia capitato di leggere le motivazioni con cui il giudice di Firenze ha negato la libertà provvisoria a Balducci e De Santis, esponenti di spicco della famosa "Cricca".

Non perché possano inquinare le prove o ci sia pericolo di fuga all’estero ma semplicemente perché, recita la sentenza: “Gli indagati mostrano una evidente carenza di percezione della antigiuridicità del proprio comportamento". 

Cioè i due ritengono che nel loro comportamento, quello che ha fatto si che siano in galera, non ci sia stato niente di illegale e che, come il ministro Scajola, sia una cosa normale nel nostro Paese, scambiarsi favori ed ottenere privilegi come, ad esempio, una casa di fronte al Colosseo in cambio di un incarico, di una commessa, a volte semplicemente di una promessa.

O anche di un massaggio cervicale con finale a sorpresa per una semplice benevolenza.

Se poi te che hai avuto l’incarico mi ristrutturi la casa o mi trovi un lavoro per mio nipote (che da sé non ha saputo combinare niente) e/o fai una società con mia moglie per ringraziamento, o mi finanzi un progetto balordo è oramai, da noi, ma solo da noi, una prassi di assoluta normalità.

E quando il pubblico ministero ti accusa e ti imprigiona perché ritiene che questo si configuri come un reato di favoreggiamento, di turbativa d’asta, di corruzione o concussione tu non capisci dove stia l’inghippo, quale sia il danno pubblico (tanto qualcuno quei lavori doveva farli) quale sia il reato.

Non pensi che oltre ad un comportamento eticamente scorretto perché attraverso il favore ottieni un privilegio a scapito di tutte quelle Aziende, quelle imprese oneste che non hanno agganci o conoscenze e stupidamente magari concorrono all’appalto, ciò configuri anche un preciso reato, punibile, appunto per legge.

Molti, moltissimi problemi del nostro paese derivano proprio da questa mancanza di eticità in ambito politico, civile ma anche in campo imprenditoriale. Dovrebbero essere le stesse categorie degli imprenditori a stilare un codice etico di comportamento, con le dovute sanzioni, per una corretta concorrenza fra imprese che premiasse i più bravi, i più seri, i migliori e non quelli che ottengono le commesse per conoscenza o favori. Tralasciando la corruzione di cui è competente la Magistratura.

Così anche in campo civile la maggioranza dei nostri giovani pensa che il posto di lavoro consono al proprio livello di studio possa arrivare solo tramite la conoscenza di qualcuno, la raccomandazione del potente, la parentela col politico. E gli esempi che la politica fornisce vanno proprio in questa direzione (ricordiamo le elezione a consigliere regionale di un soggetto con una parentela illustre, a suo stesso giudizio non troppo sveglio) e forniscono esempi negativi all’idea maggioritaria di ritenere inutile una seria preparazione professionale, una larga cultura, un serio impegno inseguendo invece la chimera di una semplice conoscenza (termine usato nel senso del conoscere persone e non nel senso più nobile del sapere).

E’ la famosa questione morale del compianto Enrico Berlinguer, in tutte le sue sfaccettature e ramificazioni, non ancora per niente risolta, nemmeno dal suo partito che sembra sempre di più omologarsi al panorama politico nazionale disperdendo talvolta la sua identità storica in comitati di affari che spesso vanno ben oltre gli ideali tipici della sinistra.

Un andazzo generale che alla fine impoverisce economicamente il paese attraverso sprechi, prezzi gonfiati, bustarelle, fondi neri creati per necessità corruttive, lievitazione del costo delle singole opere. Ma impoverisce anche il paese dal punto di vista culturale favorendo soprattutto quell’allontanamento dei cittadini dalla politica (o meglio, della politica dai cittadini) che si è notato nelle ultime elezioni e che si riflette nei sondaggi dei cittadini dove ben il 24% degli intervistati reagisce indicando “disgusto” alla parola politica.

Politica che era un tempo una missione nobile, che si praticava per il bene comune, con alti ideali, molto impegno e pochi denari e che oggi sembra trasformata in un vero e proprio comitato d’affari, nel migliore dei casi in una semplice professione.

Non mi piacciono i politici di professione, i politici in carriera, se hanno delle qualità il Paese ne può trarre vantaggio anche se costoro operano in altri campi: professionale, culturale, sociale, educativo.

Chi fa politica per professione è costretto a difendere il proprio incarico e mantenere la propria posizione in ogni modo, spesso anche subendo ricatti o dovendo venire a compromessi che ne modificano i fini magari originariamente nobili, ne smorzano la carica ideale degli inizi con il rischio di doversi trascinare fra compromessi utili solo ai propri fini e non per il bene comune.

Non tutti purtroppo hanno la statura morale per difendere i propri ideali fino al punto di mettere in pericolo la propria carriera politica.

E’ quindi ungente un ricambio generazionale che spezzi questo meccanismo che nel tempo, e per sua stessa volontà e in maniera bipartisan, ha di fatto accumulato privilegi su privilegi, lo ha reso elefantiaco e costoso ed ha alla fine snaturato il senso stesso della politica diventata oramai strumento ad uso personale piuttosto che occasione di crescita e benessere per tutti.




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