giovedì 26 gennaio 2012 - Enrico Emilitri

Perché l’Italia non è teocratica

 

E poiché molti sono d'opinione, che il bene di essere delle città d'Italia nasca dalla Chiesa romana, voglio, contro a essa, discorrere quelle ragioni che mi occorrono: e ne allegherò due potentissime ragioni le quali, secondo me, non hanno repugnanza. La prima è, che, per gli empi esempi rei di quella corte, questa provincia ha perduto ogni divozione e ogni religione: […] perché così come dov'è religione si presuppone ogni bene, così dove quella manca, si presuppone il contrario. Abbiamo, adunque, con la Chiesa e con i preti noi italiani questo primo obbligo, di essere diventati sanza religione e cattivi: ma ne abbbiamo ancor auno maggiore, il quale è la seconda cagione della rovina nostra. Questo è che la Chiesa ha tenuto e tiene questa provincia divisa. E veramente, alcuna provincia non fu mai unita o felice, se non la viene tutta alla ubbidienza d'una republica o d'uno principe, com'è avvenuto alla Francia ed alla Spagna. E al cagione che in Italia non sia quel medesimo termine, né abbia anch'ella una republica o uno principe che la governi, è solamente la Chiesa: perché avendovi quella abitato e tenuto imperio temporale, non è stata sì potente né di tanta virtù che l'abbia potuto occupare la tirannide d'Italia e farsene principe; e non è stata, dall'altra parte, sì debole, che, per paura di non perdere il dominio delle sue cose temporali, la non abbia potuto convocare uno potente che la difenda contro a quello che in Italia fusse diventato troppo potente […] . Non essendo, adunque, stata la Chiesa potente da poter occupare la Italia, né avendo permesso che un altro la occupi, è stata cagione che non la si è potuta venire sotto un unico capo; ma è stata sotto più principi e signori, da' quali è nata tanta disunione e tanta debolezza, che la si è condotta a essere preda, non solamente de' barbari potenti, ma di qualunque l'assalta. […]

 Abbiamo voluto riportare per esteso questo passaggio conclusivo del cap. 12, l. 1, dei "Disccorsi sopra la Prima deca di Tito Livio" [d'ora in avanti "Discorsi"] di Niccolò Machiavelli onde sottolinearne la modernità ed attualità, ma anche gli stretti legami col Risorgimento e le lotte per l'Indipendenza e l'Unità Nazionale.

 Dobbiamo premettere che obiettivo fondamentale della Chiesa Cattolica non fu né divenne mai la creazione di uno Stato Nazionale Italiano indipendente ed unitario, quanto quello di sovrapporsi e sostituirsi all'Impero Romano, che - come recita una delle tarsie marmoree che a Varese ornano l'Arco Mera - aveva conquistato e sottomesso il mondo "cum gladius et lex", cioè con una serie di più o meno fortunate campagne militari imponendo quello che sarebbe in seguito divenuto noto come "Diritto Romano", in realtà sommatoria di diverse fonti del diritto, specie dopo l'approvazione da parte di Costantino I il Grande dell'Editto sulla Tolleranza, passato alla Storia come Editto di Milano perché emanato nel capoluoog lombardo (313 d.C.).

 In effetti le persecuzioni contro i Cristiani ebbero luogo in origine non tanto per motivi religiosi (ché, anzi, da questo punto di vista l'Impero era molto tollerante), quanto piuttosto giuridico-istituzionali: l'Imperatore era, infatti, considerato secondo soltanto agli Dei, e - dunque - esso stesso un Dio alla cui morte venivano eretti templi e luoghi di culto, cosa che i Cristiani respingevano pretendendo che egli si sottomettesse all'Unico Dio e al suo emissario, cioè il Papa, idea questa rifiutata non solo dall'interessato ma - almeno inizialmente - dagli stessi cittadini romani ritenendola giustamente estranea al proprio contesto culturale (oltreché, ovviamente, religioso); solo in seguito, causa anche la grave crisi che sconvolse l'Impero durante e dopo l'Anarchia Militare (234-284 d.C.), esse si inasprirono ma non ne impedirono la definitiva affermazione del Cristianesimo soprattutto dopo che Teodosio I il Grande la riconobbe come Religione di Stato.

 Il pasticcio vero e proprio lo fecero però, i Longobardi, originariamente Ariani (cioè Cristiani che negavano, però, la divinità di Cristo) e solo dopo convertiti al Cattolicesimo grazie alla regina Teodelinda (o Teodolinda), che dopo aver sostanzialmente espulsi i Bizantini da pressoché tutta la Penisola (eccezion fatta per le isole, dato che non erano pratici di arte marinara), anziché unificarla cedettero alla Chiesa i territori conquistati, specie Esarcato, Pentapoli e ducato di Spoleto (Emilia Romagna centro-orientale, Marche e Umbria), dando così origine al Patrimoni Sancti Petri [=Patrimonio di San Pietro], in seguito divenuto Stato della Chiesa o Stato Pontificio.JPEG

 Già sostanzialmente compromessi con le Crociate, i progetti della Chiesa fallirono completamente con lo Scisma d'Oriente (1054) e ancor più con quello luterano (1517), che portarono alle Guerre di Religione conlcusesi con la cosiddetta Guerra dei Trent'Anni (1618-1648), che mise definitivamente termine ad ogni residua egemonia religiosa ed ecclesiastica agevolando o consolidando la formazione dei Grandi Stati Nazionali (Portogallo, Spagna, Francia, Inghilterra e Olanda in primo luogo) e riducendo lo stesso Stato della Chiesa a potenza meramente regionale, anche in seguito al contemporaneo sorgere, specie dopo la cosiddetta Pace di Lodi (1454), dei cosiddetti Stati Regionali, destinati col tempo a ridursi di numero ed aumentare d'estensione, tanto che - escludendo la Repubblica di San Marino, che, pur strettamente connessa alla realtà peninsulare, fa caso a sé - alla vigilia della Seconda Guerra per l'Indipendenza (1859) ne erano rimasti otto [poi ridotti a sette per la definitiva annessione del Ducato di Lucca al Granducato di Toscana (1847)].

 A dividersi la torta erano, a quel punto, rimasti sostanzialmente in quattro, cioè il Papa, gli Asburgo, i Borboni (entrambe queste dinastie con le relative articolazioni) e i Savoia, cui si dovrebbe aggiungere quello che potremmo definire Fronte Nazionale Patriottico, che per la sua complessità ed eterogeneità (vi confluivano liberali, repubblicani, massoni, democratici d'ogni tendenza, cattolici progressisti, monarchici dissidenti, ecc.) non sarebbe, in realtà, mai realmente riuscito a liberale ed unificare da solo la Penisola, non godendo oltretutto di crediti, consensi e appoggi concreti sia in Patria che, soprattutto, all'estero.

 Già in precedenza, tuttavia, l'assetto peninsulare era stato rimesso in discussione e seriamente alterato soprattutto in Età Rivoluzionaria e Napoleonica, allorché l'Imperatore dei Francesi fece deporre e deportare addirittura due Papi, Pio VI e Pio VII, unendo parte della Penisola alla Francia, lasciando prima al fratello Giuseppe (in seguito Re di Spagna) e poi al cognato Gioacchino Murat il Regno di Napoli, costituendo col resto del territorio il Regno d'Italia (1804-1814), di cui lo stesso Napoleone I assunse la corona. Napoleone I e Vittorio Emanuele II, alternatisi in oltre mezzo secolo nel titolo di Re d'Italia

 Caduto Napoleone e sciolto il Regno d'Italia, restituito ai Borboni il Regno di Napoli (poi Regno delle Due Sicilie) ed eliminato lo stesso Murat, il Congresso di Vienna (1814-1815) ricostituì in parte i vecchi Stati Preunitari, con le novità del Regno Lombardo-Veneto e la sostituzione degli Estensi (estintisi alla fine del '700) con gli Asburgo-Lorena-Este alla guida del Ducato di Modena e Reggio Emilia, assegnando il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla a Maria Luigia d'Asburgo-Lorena (seconda moglie di Napoleone, da cui aveva divorziato dopo la sua prima caduta nel 1814) e il Ducato di Lucca (costituito da Napoleone per la sorella Elisa Bonaparte Baciocchi) ai Borboni di Parma con la conditio sine qua non che, alla morte dell'ex-imperatrice, esso sarebbe passato al Granducato di Toscana (cosa, come abbiam visto, avvenuta solo nel 1847).

 Le cose cambiarono quando il card. Giovanni Maria Mastai Ferretti venne eletto Papa col nome di Pio IX (1846), intraprendendo una serie di riforme che fecero ben sperare soprattutto l'ex-sacerdote piemontese Vincenzo Gioberti, che nel suo "Del Primato Morale e Civile degli Italiani" ipotizzò una Confederazione Italiana con a capo proprio il Pontefice, ritenuto al di sopra delle parti in quanto monarca teocratico-elettivo, vale a dire non legato ad interessi personali, familiari e dinastici, dato che dall'XI sec. era assolutamente vietato ai membri del Clero di unirsi in matrimonio e crearsi una propria famiglia (anche se non mancarono, come cita lo stesso Machiavelli nel passo d'apertura, esempi tutt'affatto negativi quali quello di Alessandro VI Borgia e dei suoi figli, in primis Cesare e Lucrezia).

 Il fatto è che l'elezione del prelato marchigiano scatenò una serie di equivoci dovuti in primo luogo all'estrapolazione della frase "Benedite, Gran Dio, l'Italia!", che - contestualizzata al discorso originale - assume tutt'altro significato (decisamente meno patriottico del previsto); in secondo luogo la creazione di una Confederazione avrebbe comportato la progressiva eliminazione delle frontiere interne creando una "Zollverein" [=Unione Doganale] analoga a quella realizzatasi tra gli Stati Tedeschi (con la sola eccezione dell'Austria) e che doveva preludere alla definitiva Unificazione Tedesca (1871), con la progressiva trasformazione in Federazione (la differenza consta nel fatto che nel primo caso vi è un accordo tra eguali, mentre nel secondo gli Stati costituenti mantengono la propria autonomia ma cedono i principali poteri ad un unico Governo Centrale) e, infine, in un unico Stato Centralizzato.

 Anche dal punto di vista istituzionale vi sarebbero stati senz'altro dei profondi e radicali mutamenti: dato che a capo della Confederazione vi sarebbe stato il Papa, l'elezione di quest'ultimo non sarebbe più stata eslcusivo appannaggio dei vertici ecclesiastici, ma avrebbe coinvolti dapprima i membri delle Dinastie Regnanti e dei Governi in carica, allargandosi progressivamente sino all'introduzione del suffragio universale (e, dunque, al voto di massa). Ciò avrebbe, dunque, comportata la trasformazione della Chiesa da istituzione religiosa a struttura politica statuale, cosa che faceva inorridire i membri del Clero di ogni ordine e grado, che ritenevano come solo Dio tutto potesse e decidesse.

 In effetti Pio IX commise, tra gli altri, un errore che sarà fatale a lui e alla Chiesa, non recandosi, allo scoppio della Prima Guerra per l'Indipendenza (1848-1849), sui campi di battaglia del Nord e Centro Italia, cosa che, in realtà, non avrebbe potuto fare, dato che all'epoca aveva 52 anni (all'epoca paragonabili ai 75-80 attuali, se non più avanti) e iniziava a soffrire seriamente di salute [anche se morirà a 82 anni esattamente un mese dopo Vittorio Emanuele II (1878)]; le comunicazioni erano, inoltre, estremamente disagevoli (anche le principali arterie stradali - spesso risalenti all'Antica Roma - erano ridotte a poco più che mulattiere) ed anche la sicurezza era tutt'altro che garntita, vista anche la notevole presenza di briganti (tra cui il romagnolo Stefano Pelloni, storicamente noto come "Il Passator Cortese", o semplicemente "Il Passatore", avendo in gioventù svolto il lavoro paterno di "passatore", cioè traghettatore), spesos sobillati dalla nobiltà o dal clero locale, ma anche da alcuni importanti ecclesiastici che si erano sino allora opposti alla politica riformatrice di Pio IX, per cui molti ipotizzano ancor oggi come essi ne abbiano meditato l'omicidio o, peggio ancora, il rapimento per costringerlo a fare marcia indietro. Per tutti questi motivi (ma anche per altri che omettiamo per ovvie ragioni), Pio IX rimase a Roma, sicché quella che - per usare un termine oggi riferito all'Islam radicale - era iniziata come una Guerra Santa si trasformò nella Guerra dei Savoia dato che l'unico monarca a scendere direttamente in campo fu Carlo Alberto di Savoia-Carignano (sul trono dal 1831).

 Per quanto oggi comprensibili, le ragioni di Pio IX non lo furono allora, così come la decisione di abbandonare la partita contro l'Austria proprio quando stava per essere vinta, trascinando con sé anche tutti gli altri monarchi e governanti con la sola eccezione, appunto, di Carlo Alberto, che inizialmente sembrò comunque farcela, ma venne in seguito sconfitto a Custoza (1848) e a Novara (1849), cosa quest'ultima che lo portò ad abdicare in favore del figlio Vittorio Emanuele II.

Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, eroi dell'Indipendenza Italiana Questo gesto costò caro al Papa, che nonostante la nomina a Primo ministro del giurista toscano Pellegrino Rossi (assassinato da un commando di patrioti), dovette infine abbandonare Roma rifugiandosi a Gaeta (Lt) (16 Novembre 1848), allora possedimento del Regno delle Due Sicilie, lasciando campo libero a Giuseppe Mazzini, che il 5 Febbraio 1849 proclamò la Repubblica Romana, primo nucleo di uno Stato Nazionale Italiano, affidandone la difesa all'amico fraterno Giuseppe Garibaldi. Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, eroi dell'Indipendenza Italiana

 A questo punto sorse un ostacolo imprevisto, rappresentato da Luigi Carlo Napoleone Bonaparte (il futuro Napoleone III), nipote di Napoleone I il Grande, allora Presidente della Repubblica Francese. Sin da principio egli comprese come Mazzini non si sarebbe mai piegato alla sua egemonia, per cui preferiva un Papa screditato ma malleabile al patriota genovese, per cui inviò un contingente al comando del gen. Oudinot (figlio di uno dei capi militari rivoluzionari e napoleonici) a soffocare questo primo anelito di libertà italiano, che tra i suoi motti annoverava, paradossalmente, uno slogan di Pio IX, cioè "L'Italia farà da sé!", in seguito fatto proprio da Mussolini durante il periodo delle Sanzioni e dell'Autarchia.

 La Repubblica cadde il 5 Luglio 1849, ma il prestigio di Pio IX era ormai definitivamente compromesso, tanto che neppure Napoleone III fece qualcosa per salvare gran parte delloStato della Chiesa venne conquistato dall'Armata Sarda durante e dopo la Seconda Guerra per l'Indipendenza e la Spedizione dei Mille (1859-1860), a condizione però che la quasi totalità del Lazio e Roma rimanessero al Papa, tanto che gli stessi tentativi garibaldini di Aspromonte (1862) e Mentana (1867) fallirono (o furono fatti fallire) proprio per non perdere la protezione transalpina.

 Ben presto, però, anche i Savoia si stancarono di questa situazione, e con loro anche gran parte degli altri Stati Europei e non solo, anche perché dopo l'impegno nel nostro Paese e l'occupazione del Messico con l'infelice esperienza imperiale di Massimiliano d'Asburgo-Lorena (fratello di Francesco Giuseppe), fatto infine giustiziare dal presidente messicano Benito Juarez (1867), l'Imperatore dei Francesi attaccò briga con la Prussia, che approfittò del momentaneo disimpegno francese dal Continente togliendo (col concorso austriaco) i ducati di Schlewsig e Holstein alla Danimarca ed alleandosi poi col nostro Paese contro la stessa Austria, estromettendola di fatto dal contesto germanico e contribuendo (seppure indirettamente) alla pressoché definitiva cacciata degli Asburgo dalla nostra Penisola.

 Per farla breve, Napoleone III entrò in collisione con la Prussia nel tentativo di mantenere perlomeno l'egemonia continentale, ma questa volta non trovò aiuti né sul piano interno né su quello internazionale, soprattutto da parte del nostro Governo, che pretese in cambio il definitivo ritiro di quento restava del contingete francese presente in Roma dal 1849 e la trasformazione di ciò che restava dello Stato della Chiesa in protettorato italiano, richiesta respinta dallo stesso Imperatore, che dovette così affrontare da solo i prussiani (ma si potrebbe già parlare di tedeschi, visto che - con la sola eccezione dell'Impero d'Austria-Ungheri - pressoché tutti gli Stati Germanici parteciparono alla guerra), venendo infine sconfitto a Sedan, non lontano dal confine franco-belga, cosa che ne causò la caduta e la nascita delle Terza Repubblica (1870-1940).

 La caduta di Napoleone III privò Pio IX del suo principale protettore, lasciandolo esposto agli eventuali attacchi degli emuli di Mazzini (morto a Pisa nel 1873) e, soprattutto, Garibaldi, tato che Vittorio Emanuele II tentò invano di convincerlo ad abdicare da monarca temporale (cioè politico) rimanendo solo capo religioso, ottenendone un secco rifiuto, cosa che dopo un breve assedio portò alla Presa di Roma con la Breccia di Porta Pia (20 Settembre 1870), cosa che comportò la fine dello Stato Pontificio. Immediatamente dopo un plebiscito (=referendum) unì al Regno d'Italia il Lazio e Roma (che sino al 1946 ne rimarrà al Capitale) ed il 16 Novmbre 1871 Vittorio Emanuele II fece il suo trionfale ingresso al Quirinale, sino a poch mesi prima residenza dei Papi, dove morì il 9 Gennaio 1878 a soli 58 anni.

 Questo mise fine alle speranze della Chiesa Cattolica di fare della nostra Penisola il trampolino di lancio per la conquista del mondo, e si dovranno attendere i Patti Lateranensi (11 Febbraio 1929) ed il relativo Concordato perché essa possa finalmente avere un seppur piccolo Stato su cui poter regnare, anche se il suo periodo d'oro come potenza globale (semmai vi è stato) è finito per sempre.




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