mercoledì 13 novembre 2013 - Orizzontenergia.it

Pompe di calore, una tematica da tenere in caldo

In Italia, nel 2011, i consumi di energia termica hanno toccato i 55 MTEP (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), rappresentando circa il 45% dei consumi finali di energia. Una grossa fetta di energia che ad oggi viene ancora prodotta impiegando per lo più combustibili fossili e prodotti petroliferi (i consumi di energia rinnovabile per usi termici pesano per circa il 7%).

Secondo quanto stabilito dalla direttiva 2009/28/CE i consumi finali di energia in Italia nel 2020 dovranno essere coperti almeno per il 17% da fonti rinnovabili (20% in UE). Su tale valore, le pompe di calore dovranno contribuire per il 13% - ovvero quasi 3 MTEP - oltre il doppio rispetto agli 1,3 MTEP consuntivati a fine 2011 che hanno contribuito per l’8% al riscaldamento di abitazioni ed uffici.

Intervista al Professor Masoero, direttore del dipartimento di energia del Politecnico di Torino.

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Prof. Marco Masoero
Direttore del Dipartimento di Energia del Politecnico di Torino

Prof. Masoero, quali sono i principali vantaggi derivanti dall’impiego delle pompe di calore ai fini dell’efficientamento energetico degli edifici?

La pompa di calore è una macchina che preleva calore a bassa temperatura dall’ambiente esterno. Lo può prelevare dall’aria, dall’acqua di superficie o di falda o dal terreno, o da qualunque fonte termica di recupero. Attraverso un ciclo termodinamico inverso questo calore viene quindi reso disponibile ad un livello di temperatura più alto in modo da poter soddisfare delle utenze finali per il riscaldamento degli ambienti o la produzione di acqua calda sanitaria (ACS), questo tipicamente nelle applicazioni domestiche.

Il principale vantaggio ottenibile dall’impiego di una pompa di calore è la sua elevata efficienza, maggiore rispetto al sistema classico di riscaldamento basato sull’uso di combustibili fossili come ad esempio il metano. In secondo luogo va poi detto che queste macchine, essendo tipicamente ad alimentazione elettrica, non comportano emissioni di inquinanti in atmosfera, per lo meno localmente, quindi non contribuiscono all’inquinamento dell’aria se non nella misura in cui utilizzino dell’energia elettrica che è stata prodotta a monte con impianti termoelettrici alimentati a combustibili. Ma anche in questo caso, se si considera il bilancio globale in termini di emissioni, le ricadute di una pompa di calore rimangono sempre minori rispetto a quelle delle classiche caldaie.

Quali tipologie di pompe di calore promettono maggiore efficienza (C.O.P. - Coefficiente di Prestazione) e risparmi?

L’efficienza termodinamica del ciclo che viene eseguito dalla pompa di calore dipende principalmente dai due livelli di temperatura su cui la macchina lavora.

In sostanza la macchina preleva calore da una sorgente a bassa temperatura e lo rende disponibile ad un utilizzatore a temperatura più elevata. Quanto più è piccolo questo dislivello di temperatura tanto migliore è l’efficienza del processo. La pompa di calore è quindi particolarmente efficiente quando si dispone di calore a bassa temperatura, che non si discosti troppo dalla temperatura ambiente e quando l’impianto utilizzatore lavora a temperature non troppo elevate.

Traducendo in termini pratici, una pompa di calore ad aria che usa l’aria esterna come sorgente termica può essere abbastanza efficiente nei climi temperati, ma perde di efficienza quando la temperatura si avvicina allo zero o scende addirittura sotto lo zero.

Se si dispone invece di acqua di falda con una temperatura stabile attorno agli 11-13° sicuramente l’efficienza della macchina sarà elevata. In questo caso bisognerà però fare i conti con le difficoltà autorizzative e tecniche di utilizzo di quest’acqua.

D’altro canto, se l’impianto che si andrà a servire è un impianto dimensionato con gli standard pre-crisi energetica - pensiamo ad esempio ad un edificio costruito negli anni ’50-‘60, poco isolato, con un riscaldamento a radiatori dimensionato per alimentare acqua a 80°C - ecco che la pompa di calore avrà difficoltà a produrre in modo efficiente acqua ad una temperatura così elevata.

Invece in un edificio moderno, ben isolato, meglio se con riscaldamento radiante in cui l’acqua viene alimentata a temperatura compresa tra i 35°-40°C, vi sono le condizioni ideali di funzionamento della pompa di calore.

Aggiungerei comunque che anche un impianto a radiatori, se correttamente dimensionato ed inserito in un edifico ben isolato, potrebbe lavorare molto bene con acqua per esempio a 50°C rendendo quindi interessante la pompa di calore anche in assenza di un impianto radiante.

In linea di massima questi sono i parametri fondamentali che entrano in gioco negli edifici civili. Chiaramente se ci si spostasse su applicazioni industriali o pensiamo ad esempio ai supermercati o ad edifici di questo genere vi sarebbero molti altri parametri da tenere in considerazione.

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Principio di funzionamento di una pompa di calore

Professore, qual è a suo parere la forma di incentivo più remunerativa tra quelle in vigore, in base alla tipologia di pompa di calore utilizzata?

Premettendo che il quadro degli incentivi negli anni ha subito molte varianti e che si tratta di un quadro mutevole ed anche abbastanza instabile, direi che è decisamente difficile dare giudizi che siano assolutamente certi relativi alle tre macro-tipologie di incentivazione, ovvero i Titoli di Efficienza Energetica (TEE), le agevolazione fiscali ed il Conto Termico (DM 28 dicembre 2012).

Inizierei col dire che i TEE, meglio noti come Certificati Bianchi, sono uno strumento di complessa applicazione. Non è infatti pensabile che sia il singolo cittadino a beneficiarne dal momento che questo incentivo è rivolto ai cosiddetti soggetti obbligati - alle utilities quindi o alle aziende distributrici di gas o energia elettrica con molti clienti finali (50.000 è la soglia per cui si diventa soggetti obbligati), oppure agli operatori volontari del mercato quali ad esempio i gestori di impianti, le ESCO e così via. Tra l’altro ci troviamo di fronte ad uno strumento che in passato era stato cumulabile con le detrazioni, ma che oggi non lo è più.

Sulle agevolazioni fiscali ci sono invece diverse possibilità perché il cosiddetto Ecobonus, che attualmente vale il 65% (in passato valeva il 55%), è un incentivo mirato specificamente al risparmio energetico ed è accessibile a qualunque soggetto che sia contribuente IRPEF e IRES. Si tratta quindi di contributi in conto capitale fruibili a fronte di investimenti di sicura utilità che si applicano agli edifici esistenti e nella fattispecie delle pompe di calore se accoppiate alla sostituzione del tradizionale generatore di calore. Quindi un condominio o un singolo che decidesse di sostituire la caldaia con una pompa di calore può accedere a questo tipo di agevolazione, la cui durata è di dieci anni.

Purtroppo vi è però un po’ di criticità legata al fatto che la programmazione negli ultimi anni è stata “ballerina”, tant’è che proprio di recente la Legge di Stabilità ne ha proposto il rinnovo per tutto il 2014, ma solo fino a qualche mese fa non era chiaro se le pompe di calore sarebbe state previste tra gli interventi agevolabili dall’Ecobonus oppure no. Proprio per questo, chi volesse beneficiarne farebbe bene a rivolgersi ad un consulente esperto in materia.

Sempre per soggetti analoghi, contribuenti IRPEF e IRES, c’è la possibilità delle agevolazioni per il recupero edilizio. In questo caso si amplia il campo di attuazione perché per fruire del bonus sulle ristrutturazioni non è necessario che l’installazione di una pompa di calore sia obbligatoriamente accoppiata alla sostituzione del generatore di calore. In questo caso la percentuale detraibile è del 50% (in passato era del 36%) e la Legge di Stabilità prevede che tale valore rimanga inalterato per tutto il 2014. Bisognerà però attendere la conversione finale da parte del Parlamento per avere certezze in tal senso.

Il Conto Termico nasce invece su ispirazione del Conto Energia, che ha portato al boom del fotovoltaico con effetti però non sempre virtuosi.

In analogia al Conto Energia, il Conto Termico è infatti un contributo in conto esercizio che teoricamente dovrebbe essere commisurato ai kWh prodotti. La pratica applicativa però non ha sfruttato appieno questa possibilità perché a fronte della difficoltà di contabilizzare l’energia termica prodotta di fatto si fa riferimento alla potenza della macchina con delle stime sulla producibilità. E’ un incentivo che rispetto ai precedenti fornisce probabilmente un po’ meno benefici e risulta essere meno conveniente rispetto alle detrazioni.

In effetti su questo aspetto anche le associazioni tecniche del settore avevano a suo tempo avanzato delle critiche sui provvedimenti relativi alla pompa di calore. Pensiamo ad esempio al position paper dell’AiCARR – Associazione italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento e Refrigerazione.

In termini concreti si può comunque dire che se parliamo di macchine piccole per la sola produzione di ACS, alternative ai tradizionali boiler e alle caldaie a gas, questo tipo di contributo è meno conveniente rispetto alle detrazione. Se parliamo invece di macchine di taglia più grande per la climatizzazione potrebbe essere interessante ricorrere anche a questo tipo di strumento in alternativa alle altre detrazioni.

Non tutti i possessori di pompe di calore sono al corrente della possibilità di installare un secondo contatore dedicato (delibera AEEG n.56/2010). Perché e quando conviene?

Questo è un tema nodale per la diffusione delle pompe di calore perché le attuali strutture tariffarie determinano un costo unitario dell’energia, ovvero il costo del kWh, che cresce con l’aumentare dei consumi sulla base di scaglioni penalizzanti al crescere dei consumi.

Siccome la pompa di calore va a sommarsi ai consumi elettrici per le altre utenze che si continuano ad avere è chiaro che la sostituzione della caldaia con la pompa di calore faccia scattare uno scaglione più elevato con una conseguente penalizzazione. Questo è un problema che non si limita alle sole pompe di calore, ma toccherebbe anche altre tecnologie, quali ad esempio il veicolo elettrico.

L’AEEG con la delibera 56/2010 ha consentito di poter avere un secondo punto di consegna con fatturazione separata stabilendo delle casistiche dove questo è possibile.

A mio parere questa è una soluzione provvisoria non del tutto esaustiva. Sarebbe infatti preferibile una revisione tariffaria più organica che tenesse conto di tutta la struttura dei consumi e tra l’altro della possibilità - che si sta sempre più diffondendo - che questi consumi in più siano coperti dal fotovoltaico. Bisognerebbe quindi rivedere tutto il quadro regolatorio perché quando si parla di tariffe di energia le variabili sono talmente numerose da rendere complessa la previsione dei risultati finali.

Detto ciò, prima di procedere con l’installazione del secondo contatore consiglierei di appoggiarsi su un consulente esperto in materia.

Prof. Masoero, ritiene infine che l’attuale sviluppo delle pompe di calore contribuisca come atteso al raggiungimento del target di risparmio energetico concordato in sede comunitaria?

Sì, lo sviluppo delle pompe di calore è un importante tessera del mosaico. In qualità di progettista ed esperto di impianti, direi che nel settore del terziario - grandi palazzi e uffici - questa soluzione è ormai assolutamente consolidata.

Ad esempio a Torino, città in cui vivo, tutti e tre i principali grandi interventi in corso - la nuova sede della Provincia, la nuova sede della Regione ed il grattacielo del gruppo Intesa San Paolo - sono progettati con impianti a pompa di calore. La situazione torinese è un po’ particolare perché vede una rete di teleriscaldamento estremamente diffusa, ma in linea di massima in tutti i grandi progetti nessuno più installa delle caldaie.

C’è da dire che questo ha creato un problema occupazionale da non sottovalutare, perché nella città di Torino i bruciatoristi e tutti coloro che facevano manutenzione delle centrali termiche si trovano oggi in difficoltà. Questo è il risvolto negativo della riduzione dell’utilizzo delle centrali termiche tradizionali, avvenuto a Torino soprattutto grazie al teleriscaldamento, ma al quale possono contribuire anche le pompe di calore.

La tecnologia si sta infatti evolvendo. In tal senso citerei un progetto di un collega progettista riguardante lo sviluppo di una pompa di calore bistadio in grado di produrre in modo efficiente, attraverso un ciclo termodinamico a due stadi, acqua a 60°-70°, applicabile quindi anche ad un vecchio impianto senza dover cambiare il sistema di erogazione del calore. Ci auguriamo che queste idee innovative riscontrino un adeguato sviluppo industriale e di mercato. In passato gli elevati costi dell’energia elettrica hanno penalizzato la pompa di calore, ma adesso il quadro è un po’ più favorevole.

Ritiene vi siano rilevanti barriere alla diffusione di tale tecnologia?

In primis punterei sull’informazione che va assolutamente fatta. Oltre alla scarsa informazione vi è il problema della qualificazione del personale tecnico. Se bruciatoristi e fuochisti sono una professionalità largamente consolidata, il tecnico frigorista è purtroppo una professionalità molto meno presente sul mercato.

In tal senso anche il sistema dell’istruzione dovrebbe attivarsi. Gli istituti tecnici ad esempio dovrebbero formare tali figure per far fronte all’aumentata richiesta di tali professioni. L’istruzione secondaria dovrebbe quindi fare il primo passo con il supporto poi delle università, di centri di formazione privati e delle associazioni di categoria. Gli strumenti ci sono, ma si tratta di farli funzionare.

 

*Prof. Marco Carlo Masoero, direttore del Dipartimento di Energia del Politecnico di Torino

Redazione

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