martedì 10 gennaio 2017 - Giovanni Graziano Manca

Nuoro, una città evoluta e ricca di risorse

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Tra non molto, forse, non basteranno più le attuali due corsie e occorrerà creare nuovi parcheggi per le auto. L’area commerciale di Viale della Resistenza a Nuoro, posta a ridosso del quartiere di Città Nuova, appare, lo si è potuto notare anche durante queste ultime feste di fine d’anno, sempre più trafficata. Incastonata com’è tra gli agglomerati di più recente costruzione in una zona che fino a pochi lustri fa era polverosa periferia, fornisce emblematicamente la misura esatta di quanto Nuoro sia cresciuta quanto a dimensioni.

Nuoro non è più il piccolo villaggio che era agli inizi del secolo XX, il paese tanto mirabilmente descritto da Salvatore Satta nel suo Il giorno del giudizio. Non è più neanche, e da un bel pezzo, “la capitale del popolo, il villaggio – capo, sebbene prefettizio, città come questi cuori aborigeni possono concepire una città e sentirla vera.”, come scriveva Vittorini nei primi anni Trenta del Novecento. L’anonimità di certi quartieri residenziali, soprattutto di quelli che gravitano intorno alla zona di Badu e Carros e di quelli delimitati dal Viale della Costituzione e dell’area Commerciale di cui si parlava all’inizio, è evidente e per i più critici anche disturbante, forse, come il degrado divenuto ormai perenne che caratterizza altri quartieri della città. Scrive Lucia Pinna in una bella poesia significativamente intitolata Piccola città:

Piccola città, universo in un guscio di noce:/i nuovi quartieri formicolanti sorgono dove la campagna/in giorni ormai remoti offriva la cicoria e il finocchio selvatico;/non sempre ti ravviso fra la gente inurbata o giunta da lontano/e molte cose sono cambiate anche nella tua anima, travolte o stravolte,/ma nelle vie e nei vicoli del centro ritrovo me stessa/ e riannodo le fila di vecchie conoscenze col volto segnato/dal tempo e dalle pene, da morbi palesi e occulti./Allora ci sentiamo una famiglia ed è gioia e tormento.”

Una mirabile sintesi lirica, quella della poetessa, che testimonia dei cambiamenti non solo fisico urbanistici di Nuoro ma anche di quelli sociali e antropici. Dopo essere passato per diverse fasi evolutive (non di rado e giustamente criticate sotto più aspetti) che nell’ultimo mezzo secolo, poco alla volta, ne hanno stravolto l’aspetto, il capoluogo barbaricino è entrato “trionfalmente” nel mondo globale negli ultimi lustri, con tutto ciò che di negativo e di positivo tale ingresso comporta. Ad iniziare dall’accrescersi dei movimenti migratori in entrata e del multiculturalismo (con i problemi e le opportunità che dappertutto questi fenomeni hanno mostrato di implicare) e dalla diffusione massiccia delle moderne tecnologie cui si affiancano le portentose possibilità raggiunte oggi dai diversi mezzi di comunicazione. Si può facilmente osservare quanto oggi Nuoro costituisca non più una realtà tanto chiusa da sembrare impenetrabile dall’esterno ma relativamente aperta da quando i flussi di migrazione extracomunitaria in entrata hanno iniziato a interessare la città e la diffusione delle nuove tecnologie ha iniziato a collegare virtualmente tra di loro anche i più remoti agglomerati del pianeta. Innegabili gli aspetti positivi implicati da un progresso tecnologico globale che, agevolando lo scambio di culture e di conoscenze, consente ad esempio di comunicare, di concludere transazioni economiche oppure di inviare documenti importanti in ogni parte del mondo in tempo reale. E’ una evoluzione, quella di cui si parla, che consente livelli di integrazione piuttosto elevati anche all’interno di una comunità di entità modesta come quella nuorese, che fino a pochi lustri fa si presentava, anche per istinto di conservazione storica della propria identità, chiusa nei confronti di qualsiasi elemento esterno al proprio corpo sociale. D’altro canto, lo sbriciolarsi progressivo e inarrestabile dei residui delle culture e delle tradizioni dei paesi e delle città sarde risulta sempre più fortemente condizionante, ridimensionante e depauperante. Tutte le nostre città, Nuoro tra esse, appaiono sempre più allineate al nuovo acquisito modo di vivere e di essere “globali” delle popolazioni relative e “disallineate” per altri versi rispetto ai modelli sociali e ai valori di un tempo. “Oggi il Corso è desolato”, scriveva Mario Ciusa Romagna; “Lo percorri dall’alto al basso e incontri solo poche persone, che non ti guardano. Estranei che non hanno nulla da dirsi, non hanno segni o sogni, notizie belle o brutte da scambiarsi.” Riferendosi ai grandi mutamenti in atto Giacomino Zirottu parla addirittura di catastrofe antropologica, espressione che secondo l’autore starebbe ad indicare lo stravolgimento di tutte le certezze nei termini di un patrimonio storico, materiale, spirituale, folkloristico, linguistico che Nuoro era solita mostrare nel passato.

Se i rapporti umani sono più impersonali, molto più spesso di una volta basati sul mero interesse e certamente meno solidali di un tempo, il patrimonio culturale, materiale e folcloristico con il passare del tempo in parte scompare, e ciò che ne resta quasi sempre assume contenuti, significati e valori che le collettività, prese dal vorticoso divenire di quelli che sono gli accadimenti di ogni giorno, accantonano e trascurano perché mutati in relazione al differente modo di vivere delle persone e alle nuove esigenze delle stesse. Alla luce dei fatti, insomma, sul fatto che le cose siano in perenne divenire appare ai nostri giorni sempre di stringente attualità la massima di Eraclito, secondo cui “nello stesso fiume non è possibile scendere due volte”. Gli schemi conosciuti sono saltati per sempre. Oggi lo si può affermare a maggior ragione rispetto ai primi anni Duemila in cui Ciusa Romagna e Zirottu scrivono: quelli descritti dai due studiosi sono, ne più ne meno, i sintomi di un cambiamento che ha visto Nuoro, “paese” che conta, all’ultimo censimento, neppure quarantamila abitanti, trasformarsi definitivamente in “città” proiettata verso un futuro che oggi come oggi appare imperscrutabile.

E tuttavia ci sorprende quanto il vivere globale non impedisca ai nuoresi, anche in tempi di grandi cambiamenti, di nutrire una ferma e irrinunciabile consapevolezza di vivere in un contesto sociale e civile che ancora sembra reggersi su una forte identità culturale e su tradizioni ben salde. Nuoro appare oggi, da un lato, città a pieno titolo catapultata nel novero di quelle più “evolute”, dall’altro, oltre che essere luogo di origine di numerose ed eccelse espressioni letterarie e artistiche che il mondo intero conosce, segnata nel più profondo da un considerevole “patrimonio” di sofferenze e di lotte sociali e proprio per questo dotata di un rilevantissimo coacervo di memorie e di ideali cui è impossibile rinunciare. Ancora oggi tormentata da quegli scompensi economico sociali e infrastrutturali che nel corso della storia ne hanno sempre reso difficoltoso lo sviluppo, la capitale della Barbagia mostra di possedere notevoli potenzialità naturalistiche, culturali, turistiche (quindi, a tutti gli effetti, economiche) il cui sapiente utilizzo sarebbe in grado di determinare sensibili incrementi di benessere per la sua gente.

 




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