sabato 8 ottobre 2016 - Antonio Moscato

Nobel per la pace a Santos: un premio coerente con la storia

Non mi ha sorpreso l’assegnazione del premio Nobel per la pace al presidente della Colombia Manuel Santos. La grande maggioranza dei premiati erano già noti o si sono rivelati ben presto per il loro impegno in imprese belliche, condite da belle frasi sulla pace.

Di esempi se ne potrebbero fare moltissimi, dal premio offerto allo zar Nicola II (che lo rifiutò con uno dei pochi gesti rispettabili della sua vita) per le chiacchiere profuse un una Conferenza sugli armamenti, poco prima della guerra russo giapponese e della Prima Guerra Mondiale, a quello assegnato a un Obama che continuava a mantenere basi militari in decine di paesi e a non mantenere gli impegni presi. Oppure si potrebbe ricordare che ben 8 volte il premio è stato assegnato alle Nazioni unite (o a suoi esponenti o organizzazioni) nonostante la più che verificata incapacità di contribuire alla soluzione di qualsiasi conflitto. O a Kissinger che aveva la paternità confessa del colpo di Stato di Pinochet.

Ma su questo rinvio al mio articolo che passava in rassegna questa galleria di ipocriti (Lo scandaloso premio Nobel a Kofi Annan e all'ONU ) o quello sul caso del conflitto mediorientale (La Palestina e l'ONU). In questo caso non era scandaloso che il premio venisse assegnato anche a due dei principali responsabili della cacciata dei palestinesi dalla loro terra, ma che si concedesse sulla fiducia dell’efficacia degli “accordi di pace” su cui era invece possibile dubitare (e fu fatto da molti) prima della verifica definitiva del carattere di trappola mortale per la causa palestinese.

Quello che mi pare più scandaloso in questa edizione del premio è che si è scelto di assegnarlo a una sola delle parti in causa, Manuel Santos, solo perché una parte dei suoi amici (e complici per anni) sono rimasti dell’idea che una guerra civile che dura da più di mezzo secolo nonostante l’enorme sforzo militare e paramilitare finanziato dagli Stati Uniti con il pretesto della lotta al narcotraffico possa e debba essere risolta con le armi.

È un premio di consolazione per la sconfitta di Santos nel referendum? Vuole ricompensare gli sforzi fatti dal presidente in quattro anni di trattative? Ma perché non tenere conto degli sforzi per arrivare a un accordo fatti da un movimento guerrigliero che ha già sperimentato sulla sua pelle l’inattendibilità della controparte, subendo ogni volta feroci repressioni appena deponeva le armi?

Dimentichiamo per un attimo le corresponsabilità personali di Santos (che è stato per anni ministro della Difesa con Uribe) in tanti crimini, come quello dei falsos positivos, cioè di quei giovani contadini rastrellati a caso nelle zone contese, rivestiti con una divisa e assassinati come se fossero guerriglieri per intascare le taglie con cui gli Stati Uniti finanziavano la "lotta al terrorismo”. O dei bombardamenti (guidati da tecnici israeliani) in territorio equadoregno per eliminare insieme a decine di accompagnatori il più tenace fautore del dialogo, Raúl Reyes? E che dire degli “assassinii mirati” che hanno eliminato, già sotto la presidenza di Santos, due dirigenti delle FARC, il “Mono Jojoy” e il massimo esponente delle FARC Alfonso Cano, con l’aiuto dei servizi israeliani e statunitensi?

Quello che è scandaloso è che Santos ha subito accettato il ricatto del voto di una pur importante minoranza (tutta concentrata tuttavia in zone dove non c’è mai stata la guerriglia) manipolata da una campagna forsennata dei media che assicuravano che le case migliori sarebbero state assegnate agli ex guerriglieri, con lauti stipendi ottenuti tagliando le pensioni ai buoni colombiani. In realtà degli accordi i militari uribisti rifiutavano soprattutto la mancata amnistia per i crimini compiuti dall’esercito o dai fiancheggiatori paramilitari e già condannati dalla magistratura. Sintomatico che il risultato migliore il NO lo ha avuto all’estero, negli Emirati Arabi Uniti, dove molti militari inquieti si sono spostati negli ultimi anni come mercenari. Il neo premio Nobel si è affrettato ad annunciare la ripresa delle trattative non con chi le ha portate avanti pazientemente per quattro anni, ma con chi le ha sempre rifiutate.

Sarebbe ora che quel poco che resta di vera sinistra smetta di avere illusioni nell’ONU e perfino in una istituzione ambigua come il Premio Nobel per la pace. (a.m.)

Vedi anche il recente commento al referendum Due segnali di imbarbarimento “maggioritario”

Foto: Global Panorama/Flick

 

 




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