martedì 6 ottobre 2015 - Giovanni Graziano Manca

Music highlights – Sigh no more, disco d’esordio dei Mumford & Sons (2009)

Il CD d’esordio dei Mumford e Sons ha mantenuto le promesse: la Indie british band costituitasi a Londra nel 2007 si è onorevolmente affacciata sulla ribalta internazionale con Sigh no more, disco uscito nel 2009 che ha conseguito notevoli successi di vendita e la prima posizione nelle classifiche dei dischi più venduti di diversi paesi. La band è, oggi, tra le più conosciute e apprezzate di folk revival. Stilisticamente accomunabili a gruppi come Fleet Foxes e Dodos, i quattro inglesi che compongono il sodalizio (Marcus Mumford – voce solista, chitarre e strumenti a percussione, Ted Dwyne – Contrabbasso, Country Wilson – Banjo, Ben Lovett - Tastiere) nel 2009 possono disporre di un bagaglio esperienziale piuttosto limitato: qualche EP all’attivo e la partecipazione, negli Stati Uniti, al festival folk di Glastonbury.

Il gruppo, che in questi ultimi anni ha maturato ulteriori significative esperienze consolidando la propria maturità concertistica a livello internazionale, già con Sigh no more si presentava al pubblico con quell’inestinguibile entusiasmo tipico degli esordienti suonando una musica perfetta per arrangiamenti proposti e dal punto di vista dell’esecuzione strumentale. Una musica estremamente lineare e priva di sbavature o inutili orpelli ma allo stesso tempo ricca e, soprattutto a livello vocale, finemente cesellata.

La proposta di una nuova tradizione folk rock avanzata dal gruppo inglese con Sigh no more apparve già allora favorevolmente accoglibile: nelle dodici canzoni che compongono la raccolta è presente una concezione ‘universale’ del genere musicale citato e un surplus che consiste nell’aver creato un indovinatissimo, fresco e a tratti spumeggiante, sicuramente gradevole e immediato all’ascolto, miscuglio di stilemi folk americani, celtici e di derivazione anglofona. Sigh no more potrebbe essere considerato musicalmente autoctono tanto a Dallas (il suono del banjo, per esempio, conferisce alla musica del gruppo quella colorazione e quell’incedere ritmico quasi ipnotico che ritroviamo nella musica delle praterie) quanto a Cork o anche a Londra, città di provenienza della band.

Le radici del sound dei Mumford & Sons vanno collocate sul solco a suo tempo tracciato da gruppi vocali come i Byrds (quelli di Sweetheart of the rodeo), i Flying burrito brothers, CSNY e, per altro verso, da bands che rielaborano la tradizione celtica come Chieftains, Fairport Convention, Pentangle, e così via.

Tra i singoli brani ho amato Sigh no more, la cui parte introduttiva molto west coast sembra rievocare le atmosfere di CSNY, e poi The cave, Winter winds, Dustbowl dance.

Difficile e quasi inutile, però, segnalare o raccomandare singole canzoni in un lavoro come questo che si presenta così compatto sotto il profilo della (elevatissima) qualità.

 




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