lunedì 2 dicembre 2013 - Antonella Policastrese

Morire di detenzione

Federico Perna trentaquattrene, originario di Latina è deceduto in carcere. 

In questo Paese la legge non è uguale per tutti e vi sono detenuti di serie A e di serie B. Un conto è se finisce dietro le sbarre una testa coronata, altro è se si tratta di un comune recluso, sbattuto dentro con tutti i suoi problemi, trattandolo magari come se fosse l'ultimo uomo della terra, che tanto se muore restituisce spazio ai numerosi condannati o in attesa di giudizio.

Questi si trovano a dover maledire persino il giorno in cui sono nati, per non aver capito che per i derelitti sbagliare è come toccare i fili dell'alta tensione. Intanto una ministra di questo governo in carica ha alzato la cornetta per interessarsi dello stato di salute in carcere di una detenuta doc, dichiarandosi dispiaciuta al telefono con i suoi stessi famigliari e giustificando il suo interesse normale in quanto è avvezza a farlo per chiunque la contatti. 

Le immagini di Federico Perna, pubblicate da un noto quotidiano destano orrore, fanno raggelare il sangue per i lividi che quel corpo martoriato ha conservato, segno del trattamento di favore che in carcere ha ricevuto, morto chissà tra quali atroci dolori. 
 
Un paese così democratico, il nostro, da far registrare casi analoghi che hanno per protagonisti altri comuni cittadini, finiti in carcere vivi e usciti morti dopo poco. La riabilitazione per loro è stata quella di seguire l'ultima strada prima di lasciare per sempre la vita.
 
Cucchi, Aldrovandi e ora lo stesso Perna, ridotti a larve con i volti tumefatti e tanta violenza su corpi maciullati nel tritacarne. Come rimanere impassibili di fronte a tanto orrore, come giustificare una ministra che nel pieno delle sue funzioni si adopera per conoscere la condizione di una "povera ricca" ignorando l'altra faccia della medaglia.
 



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