giovedì 22 agosto 2013 - Flaminia P.Mancinelli

Manifesto dell’autodeterminazione

Un Manifesto per l'Autodeterminazione, per il diritto della Persona, alla luce di tematiche quali: l'identità di genere e l'identità sessuale.

Forse dobbiamo partire dal vocabolario Treccani che spiega il significato di Autodeterminazione in questo modo:

«Autodeterminazione /autodetermina'tsjone/ s. f. [comp. di auto-¹ e determinazione]. - 1. (polit.) Atto con cui l'uomo si determina secondo la propria volontà: a. dei popoli, in diritto internazionale, il diritto dei popoli a scegliere da sé la propria condizione politica. 2. (topogr.) Operazione con cui s'individua sulla carta la propria posizione


Io preferisco questa definizione: "Autodeterminazione: Atto con cui l'essere umano, la persona, si determina secondo la propria volontà".

E quindi il passaggio successivo è: Io Sono.

Semplice e lapidario. Non occorre altro a testimoniare la nostra esistenza, il nostro diritto.

Ma… Ma invece, continuamente, siamo ricondotti al processo perverso della normalizzazione.

Normalizzazione che si esplica sia dal punto di vista dell’identità di genere sia dal punto di vista dell’identità sessuale. Che significa vi sono 2, e solo 2 generi (uomo e donna), e una sola sessualità: quella etero.

Poi, se proprio volete, possiamo parlare (solo parlare) della femminilità presente in un uomo o della mascolinità manifesta in certe donne… Ma solo parlarne… non è necessario altro. Così accade che chiunque percepisca se stesso come "Altro" rispetto a queste rigide categorizzazioni di identità di genere e di identità sessuale cada inevitabilmente nel tranello.

Il tranello, ma quale tranello?

Avverta, insopprimibile, la necessità di normalizzarsi.

Per l’identità di genere normalizzarsi significa cercare – secondo le modalità previste dalla legislazione e quindi dalle terapie – di uniformarsi ai modelli culturali vigenti: uomo e donna, secondo la rigida logica del binarsimo. Per l’identità sessuale normalizzarsi significa allargare la possibilità dall’eterosessualità all'omosessualità e alla bisessualità.

E si è precipitati nel tranello, senza più alcuna possibilità di una via d’uscita.

Così invece che considerare tout court la condizione umana (di tutti), una condizione di identità di genere transgender, alcune e alcuni costringono se stesse/si a normalizzarsi - con operazioni chirurgiche e assunzione di farmaci e ormoni - sino a rientrare nel canone stabilito per un’identità di genere maschile o per un’identità di genere femminile. Ma perché? Perché cadere nel tranello?

Per avere un diritto che già abbiamo? Per ricevere documenti che attestino ciò che già siamo?
Perché questa inumana costrizione a un’identificazione che, in quanto sovrastruttura culturale, non esiste se non in Mente Dei, ovvero nella perversità mentale di chi ci domina?


Allo stesso modo cadono nell’identico tranello perverso tutte quelle persone che hanno una sessualità altra da quella eterosessuale, nella fattispecie le persone omosessuali. Così lottano, in Italia come in Russia, da anni anche a costo della loro vita per ottenere lo stesso diritto al “matrimonio” permesso alle coppie “etero”.
Ma perché? Per ottenere un diritto che già appartiene loro? Per avere accesso a un rito (il matrimonio) che stabilisce un diritto economico e legislativo che si applica solo a coppie di maschio/femmina? 

Solo un maschio e una femmina possono avere diritto a crescere i minori che hanno generato o che sono loro affidati, solo a chi è legato dal rito del matrimonio è consentito beneficiare di pensioni di reversibilità, di beni in comune o del diritto di decidere circa le cure e la fine vitae dell’atra persona.
E perché?

Autodeterminarsi significa capire che non vi è possibilità alcuna, né per Stati né per ordini costituiti né per apparati legislativi di alcun genere, di entrare nella sfera del Diritto della Persona e ordinarlo, normalizzarlo, determinarlo secondo regole e categorie che non solo non sono nella “Natura” ma non appartengono neppure lontanamente alla sfera del reale, per il fatto stesso che si tratta di mere convenzioni culturali.

Io sono: io secondo me stessa/o, secondo il mio Diritto di essere umano.
Io sono oggi il mio essere Donna ma domani sarò sempre e comunque Io nel mio esprimermi secondo un sentire maschile, e sempre io deciderò di amare un essere umano, senza nessuna altra necessità di definizione/categorizzazione di genere o sessualità.


A te Stato non importa la mia identità di genere, non ti serve per darmi i servizi sociali di cui necessito e per i quali pago le tasse, a te Stato non serve sapere con chi decido di fare l’amore, se questa mia scelta è “ortodossa” a un canone, a una categoria, e perciò-stesso non sei tu, Stato, a poter stabilire a chi mi è lecito lasciare i miei averi, la mia proprietà.


Così come non sei tu, Stato, a poter stabilire come deve concludersi la mia vita, ma sono io – in quanto mi Autodetermino – o chi io liberamente decido a poter scegliere delle cure o della mia soppressione.
Perché, semplicemente… Io sono.

 

Foto: Wikimedia



2 réactions


  • (---.---.---.234) 23 agosto 2013 10:44

    Argomento e articolo molto interessanti, grazie per aver scritto.

    Io ho diversi dubbi: da una parte l’autodeterminazione mi appare qualcosa come un "diritto naturale", dall’altra mi appare come un "problema mal posto", in quanto trascura il mondo circostante e le conseguenze dell’autodeterminazione.

     

    Esempio banale: l’autodeterminazione dei popoli. E’ un principio che ereditiamo dal risorgimento e dal colonialismo, che però si applica malissimo alle situazioni attuali. Solo nel caso degli abitanti delle Falkland mi sembra indiscutibilmente giusto. Quasi sempre oggi l’autodeterminazione di un popolo implica la negazione di almeno un altro. Vedi il caso degli arabo-islamici palestinesi che si arrogano il diritto di definirsi "palestinesi", come se non lo fossero gli altri che vivono in palestina : ebrei (di razza o di religione), atei, cristiani, buddisti, arabo-islamici non nazionalisti e/o non sunniti.

     

    Esempio meno banale: l’autodeterminazione di competenza-conoscenza.

    Il protestantesimo ha affermato -incontestabilmente- il diritto individuale di leggersi ed interpretare la bibbia, senza la mediazione di un prete. La società però vieta -giustamente- a chi è impreparato di fare il medico o il costruttore di case, ponti ecc; ci sono ambiti in cui quella linea di confine è molto più discutibile: è giusto che chi non ha competenze economiche sostenga teorie malfondate come quella del "signoraggio bancario"? è giusto che chi è schiavo di sottoculture, crede alla TV , agli oroscopi e ai maghi si possa proclamare "cittadino" e abbia diritto di voto come un "vero" cittadino? e chi è schiavo di droghe? e chi lo è di religione?

    Acquisite le dovute competenze, l’autodeterminazione professionale è -giustamente- un diritto civile individuale acquisto, ma oltre ad offrire un "ascensore sociale" teorico ha provocato gravi disagi sociali ed economici: figli di artigiani, di contadini e manovali che hanno respinto il loro "ruolo sociale", di cui la società avrebbe bisogno, che hanno studiato ed acquisito competenze di cui la società ha poco bisogno e che riserva a certe oligarchie.

     

     

    Esempio non banale e attinente all’articolo, cioè l’autodeterminazione di genere e sociale: una coppia omosessuale si autodetermina come " genitori"; ma se agisce per diventarlo (con adozione o con fecondazione o altro) invade molto pesantemente la determinazione e la vita dei propri "figli".

     

    Concordo che la negazione delle autodeterminazioni comporta delle "normalizzazioni", ma io ritengo che qualche compromesso fra il diritto di autodeterminazione e i diritti degli altri debba essere accettato: nell’articolo si accenna al diritto di disporre delle proprie eredità, e io trovo giusto che in Italia quel diritto venga limitato -non negato totalmente!- con quote di "legittima eredità familiare"; trovo anche giusto che quelle quote legali vadano riviste, ma considererei inaccettabile la totale deregulation. Del resto, in nessun paese civile è consentito ad un individuo di "autodeterminarsi" liberamente come ladro o come assassino; vorrà dire che qualunque patto sociale limita le scelte individuali ?

    GeriSteve


  • GeriSteve (---.---.---.234) 23 agosto 2013 10:49

    Argomento e articolo molto interessanti, grazie per aver scritto.

    Io ho diversi dubbi: da una parte l’autodeterminazione mi appare qualcosa come un "diritto naturale", dall’altra mi appare come un "problema mal posto", in quanto trascura il mondo circostante e le conseguenze dell’autodeterminazione.

     

    Esempio banale: l’autodeterminazione dei popoli. E’ un principio che ereditiamo dal risorgimento e dal colonialismo, che però si applica malissimo alle situazioni attuali. Solo nel caso degli abitanti delle Falkland mi sembra indiscutibilmente giusto. Quasi sempre oggi l’autodeterminazione di un popolo implica la negazione di almeno un altro. Vedi il caso degli arabo-islamici palestinesi che si arrogano il diritto di definirsi "palestinesi", come se non lo fossero gli altri che vivono in palestina : ebrei (di razza o di religione), atei, cristiani, buddisti, arabo-islamici non nazionalisti e/o non sunniti.

     

    Esempio meno banale: l’autodeterminazione di competenza-conoscenza.

    Il protestantesimo ha affermato -incontestabilmente- il diritto individuale di leggersi ed interpretare la bibbia, senza la mediazione di un prete. La società però vieta -giustamente- a chi è impreparato di fare il medico o il costruttore di case, ponti ecc; ci sono ambiti in cui quella linea di confine è molto più discutibile: è giusto che chi non ha competenze economiche sostenga teorie malfondate come quella del "signoraggio bancario"? è giusto che chi è schiavo di sottoculture, crede alla TV , agli oroscopi e ai maghi si possa proclamare "cittadino" e abbia diritto di voto come un "vero" cittadino? e chi è schiavo di droghe? e chi lo è di religione?

    Acquisite le dovute competenze, l’autodeterminazione professionale è -giustamente- un diritto civile individuale acquisto, ma oltre ad offrire un "ascensore sociale" teorico ha provocato gravi disagi sociali ed economici: figli di artigiani, di contadini e manovali che hanno respinto il loro "ruolo sociale", di cui la società avrebbe bisogno, che hanno studiato ed acquisito competenze di cui la società ha poco bisogno e che riserva a certe oligarchie.

     

    Esempio non banale e attinente all’articolo, cioè l’autodeterminazione di genere e sociale: una coppia omosessuale si autodetermina come " genitori"; ma se agisce per diventarlo (con adozione o con fecondazione o altro) invade molto pesantemente la determinazione e la vita dei propri "figli".


    Concordo che la negazione delle autodeterminazioni comporta delle "normalizzazioni", ma io ritengo che qualche compromesso fra il diritto di autodeterminazione e i diritti degli altri debba essere accettato: nell’articolo si accenna al diritto di disporre delle proprie eredità, e io trovo giusto che in Italia quel diritto venga limitato -non negato totalmente!- con quote di "legittima eredità familiare"; trovo anche giusto che quelle quote legali vadano riviste, ma considererei inaccettabile la totale deregulation. Del resto, in nessun paese civile è consentito ad un individuo di "autodeterminarsi" liberamente come ladro o come assassino; vorrà dire che qualunque patto sociale limita le scelte individuali ?

    GeriSteve


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