martedì 20 ottobre 2015 - Essere Sinistra

M5s alternativo al sistema? Ne siete davvero sicuri?

di Riccardo ACHILLI

I 5 Stelle possono vincere?
Certamente, per la fase attuale del capitalismo sono addirittura funzionali, desiderabili.

Rappresentano il passaggio finale della destrutturazione della società trasformata in monadi di generici cittadini egoisti ed infelici, formalmente liberi di vagare in uno spazio darwiniano di opportunità precostituite e disponibili per il più forte, sostanzialmente profondamente soli nel deserto delle libertà formali, eliminando gli ultimi bastioni della rappresentanza e del pubblico, inteso come anelito ad un interesse collettivo prevalente su quello individuale.

In questo senso, sono persino più funzionali al capitalismo post fordista dei fascisti, che in fondo continuano a collocare una entità statuale, seppur autoritaria, al di sopra degli interessi individuali e di classe.

Dentro una dialettica fra cittadino onesto che desidererebbe solo girovagare nelle lande solitarie delle opportunità, come un coyote affamato alla ricerca di cibo, e una casta di disonesti rinchiusi nella loro cittadella rifornita di viveri, vi è soltanto la volontà di ampliare lo spazio dell’ipercompetizione, livellando il playing field ed al contempo la volontà di eliminare definitivamente la dialettica di classe, in un omogeneizzato mondo di cittadini-liberi immersi nel darwinismo, che era il sogno dei borghesi che fecero la rivoluzione francese, o quella statunitense.

Dentro l’assemblearismo assurdo e parodistico, persino ridicolo in una società complessa, per cui gli elettori possono scegliersi il loro ministro o il loro assessore, come fossimo ad un beauty contest televisivo, si cela l’ultimo assalto alla dignità della politica, ridotta a marketing per gestire gli spazi residuali, perlopiù formali, lasciati dai padroni del vapore economico e finanziario.

Dietro al combinato disposto fra la previsione di un reddito minimo e l’austerità finanziaria nei bilanci pubblici, c’è l’idea di una mercificazione finale di ciò che resta del welfare pubblico.

Non più l’idea che esistano diritti universali e disponibili gratuitamente, come la salute o l’ istruzione, ma quella che tali diritti vadano comprati. Ovviamente con una differenza di potere di acquisto, e quindi di accesso alle tutele, fra il titolare di un reddito minimo ed un milionario. Non sono dei fascisti, né dei populisti.

Sono la fase compiuta del pensiero turboliberista nel postmodernismo liquido e metodologicamente individualista.

Non stupisce che piacciano tanto al mondo della piccola impresa e dei professionisti, che vive già dentro il deserto delle libere opportunità, o al proletariato cognitivo, formato nella illusione assurda di far parte della piccola borghesia della creatività.

Stupisce che tanti militanti storici della sinistra diano credito, e i loro voti, a questa creatura pro-sistema ammantata di propositi rivoluzionari fasulli. Ciò dimostra che la cultura politica non è un dato stabile, ma qualcosa che va continuamente manutenuto. Altrimenti, degenera.




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