venerdì 27 gennaio 2017 - Aldo Giannuli

M5, alleanze, prospettive e pasticci

Corriere e Repubblica del 23 () hanno entrambi dato notizie di un accordo fra M5s, FdI e Lega, che starebbe bollendo in segreto, per il dopo elezioni, finalizzato a formare una maggioranza per il governo, da contrapporre all’asse Pd-Forza Italia. Non so quanto ci sia di vero, ma propendo a credere che si tratti di esagerazioni giornalistiche, magari qualcosa di vero c’è, ma assai meno di quel che si dice.

Lo penso –e lo auspico- anche perché come si fa a raccontare alla gente che il giorno pari si cerca di far gruppo con gli ultrà euristi dell’Alde ed i giorni pari di allearsi con gli ultrà antieuristi della Lega? E, peraltro, sarebbe una sciocchezza molto pericolosa e priva di scopo.

Entriamo nel merito. Come si sa il M5s si è presentato come l’alternativa alla casta nel suo complesso ed il mantra “né di sinistra né di destra” (tornerò a parlarne, non avendo mai nascosto di essere restato sempre di sinistra pur guardando con simpatia a questo nuovo movimento) precludeva la via ad ogni alleanza.

Per la verità ho sempre trovato eccessivamente rigida questa impostazione, perché, in assoluto non si può escludere da adesso al giudizio universale di potere/dovere allearsi con qualcuno, ma il punto è che, nell’attuale quadro politico, fra le tre forze maggiori (lega, Fi e Pd) non ce ne è una con cui il M5s possa decentemente allearsi, perché sono tutte a pari merito casta. Anche la Lega, compagna ventennale di Berlusconi nei suoi governi, per non dire delle giunte lombarde con il “Celeste”. E neppure si può dire che la Lega possa decentemente gridare “onestà onestà” con il M5s: Belsito, Tanzania, Università di Tirana… vi ricordano niente?

D’accordo, sono storie di sei anni fa, ma è anche vero che, da allora, la Lega di occasioni ne ha avute molto meno. Insomma un alleato imbarazzante. Diverso sarebbe se ci trovassimo di fronte a forze politiche nuove, sorte dal disfacimento di questo putrido sistema della Seconda Repubblica, che potrebbero essere valutate di volta in volta. Questi che ci sono, invece, già li conosciamo ed io, vecchio uomo di sinistra, sarei contrarissimo anche a qualsiasi intesa con il Pd.

Poi, c’è modo e modo di “allearsi”, un conto è concordare una campagna o una legge, un conto è confluire nella fiducia ad un governo: c’è la partecipazione organica allo stesso governo, c’è l’appoggio esterno con voto a favore e c’è quello con astensione.

Con un’avvertenza: nel caso di appoggio esterno, il più forte non è quello che, stando al governo, lo riceve, ma quello che, standone fuori, lo dà ed in ogni momento lo può ritirare facendo ballare il governo. Ebbene, nel 2013 il M5s decise di negare ogni appoggio a Bersani (che poi sarebbe consistito solo nell’uscire dall’aula al Senato, al momento del voto), adesso invece dovrebbe essere pronto a cercare il voto della Lega e di Fdi, mettendosi nelle loro mani.

Per di più, leggendo insieme i due episodi, si capirebbe che il M5s non è disponibile ad alleanze con la sinistra, ma con la destra si.

Che fine farebbe il “né di destra né di sinistra”? Mi pare che si scioglierebbe in un semplicissimo “di destra”. Non può esser vero che stanno facendo questa scemenza.

E la cosa darebbe assai incauta perché nel M5s ci si dimentica spesso che la zolla più cospicua del suo elettorato proviene dal Pd, da Rifondazione, da Sel e dall’Idv che della sinistra era alleato.

Siamo sicuri che una scelta del genere non costerebbe cara al movimento sul piano elettorale? Troppo spesso si fa un errore: si identificano gli umori dell’elettorato con quelli degli iscritti on line ed in particolare con quelli che partecipano alle consultazioni.

Vorrei ricordare che a fronte degli oltre 8 milioni di voti (quasi 10 se i sondaggi hanno ragione) gli iscritti sono solo 130.000 e quelli che partecipano alle consultazioni sono circa 30.000. Peraltro, vorrei ricordare che, quando si trattò della questione dello ius soli per la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia, la consultazione bocciò le posizioni proposte da Beppe e Roberto, votando per la tesi favorevole agli immigrati. Lo si tenga presente quando ci si trovasse a trattare con la Lega su quel tema. Ripeto: non può essere vero che si stia andando in questa direzione.

Peraltro, l’ipotetico patto rischierebbe anche di essere una pistola scarica. Personalmente non sono affatto convinto che la sommatoria di M5s e Lega-FdI raggiunga la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Vedremo la legge elettorale che verrà fuori, ma direi che per lo meno al Senato non se ne parla nemmeno, atteso che: il M5s raccoglie una parte significativa dei suoi consensi fra i 18-25enni che non votano al Senato e che la Lega dall’Emilia in giù non becca un solo senatore e disperde i voti (forse ne prende uno in Lazio, grazie a FdI).

Ma poi, siamo sicuri che andare al governo in questo momento sarebbe un gioco che vale la candela? I prossimi 2-3 anni saranno i peggiori dall’inizio della crisi, tanto per l’Europa quanto per l’Italia (ne parleremo analiticamente in un prossimo pezzo) e, per di più, da gennaio in poi alla Bce non ci sarà più Mario Draghi, con il suo ombrello protettivo e bisognerà rendere conto all’Europa (e il ballo è già iniziato) di tutte le regalie referendarie di Renzi. Sai che bello, trovarsi a gestire i disastri prodotti dal Pd e gestendo un governo tenuto al guinzaglio dalla Lega! Non può essere vero.

Il rischio è quello di fare un governo che duri un anno ed in una situazione in cui la legislatura, in ogni caso, non andrà oltre i due. Ne vale la pena? In politica alleanze e strategie non si decidono sulla fregola governista di qualche giovanotto.

Insomma, non posso credere ad una prospettiva coì autolesionista da parte del M5s.

Quanto a me, da sempre uomo di sinistra, mi è capitato in questi giorni di riandare con la memoria ad una poesia di Giuseppe Giusti studiata in quinta elementare. Poesia non eccelsa, in verità, ma che rimase impressa nella mia memoria di ragazzino, al punto di ricordarla ancora oggi:
<< E buon per me se la mia vita intera
mi porti alfine a meritare un sasso
che porti scritto “Non mutò bandiera”>>



2 réactions


  • pv21 (---.---.---.30) 29 gennaio 2017 18:15

    Purchessia 40% >

    Il prof D’Alimonte è uno dei portavoce di quella categoria di “esperti” che concepiscono una Legge elettorale solo come sistema meccanicistico atto ad insediare una solida maggioranza di governo.

    Ossia: solo se “il voto decide chi governa”.


    Visto che la Consulta ha appena dichiarato incostituzionale il sistema del ballottaggio ora emerge il problema, non semplice, di fare in modo che una lista (coalizione) politica raggiunga la soglia del 40% dei consensi e venga “premiata” con la maggioranza assoluta (54%) dei seggi disponibili.

    In alternativa una maggioranza dovrebbe costituirsi in Parlamento quale frutto della convergenza programmatica di alcune forze politiche ivi presenti. Maggioranza di governo per sua natura “fragile” in quanto esposta a sopravvenuti distinguo, se non defezioni.


    Ecco allora il rimedio proposto.

    STABILIRE delle “soglie di ingresso” abbastanza alte da spingere i votanti a puntare solo sulle 2-3 forze politiche con più largo seguito.

    In sostanza.

    Nel caso del ballottaggio, come nel caso di una siffatta “forzata preselezione” delle proposte in campo, il livello di partecipazione del corpo elettorale risulta essere una componente obsoleta, negletta, se non addirittura “penalizzabile”.

    Ossia.: meno vanno a votare e più crescono le possibilità che la quota del 40% sia raggiunta.


    Con buona pace dell’incipit della Costituzione che proclama la repubblica “democratica” e la “sovranità” che appartiene e viene “esercitata” dal popolo, previa elezione della propria “rappresentanza”.

    Anche nel paese del Barbiere e il Lupo non difettano soluzioni davvero singolari …


  • Persio Flacco (---.---.---.160) 29 gennaio 2017 20:32
    Caro Giannuli, mi pare che ci stiamo rompendo la testa per risolvere un problema che, a causa di una falsa premessa, è irrisolvibile.
    Il problema è il seguente: "Premesso che il Governo può rimanere in carica fin quando ha la fiducia del Parlamento, come garantire la stabilità del Governo se nessuna forza politica, o coalizione, ha la maggioranza assoluta dei seggi? E come garantire la stabilità del Governo se la maggioranza parlamentare che gli attribuisce la fiducia è talmente composita da essere soggetta ai ricatti della sua più piccola componente, la quale in ogni momento può far venire meno la maggioranza e di conseguenza far cadere il Governo?".
    Il problema è irresolubile perché la premessa è FALSA. Infatti, NON E’ VERO che il Governo può rimanere in carica fin quando la maggioranza parlamentare lo sostiene, il Governo è perfettamente legittimato a rimanere in carica fino al termine del suo mandato, o fino ad una mozione di sfiducia parlamentare, ANCHE SE LA MAGGIORANZA CHE GLI HA ASSEGNATO LA FIDUCIA SI DISSOLVE. Chiedo scusa per l’uso del maiuscolo ma il punto è rilevante.
    Questo non solo perché è la Costituzione a stabilirlo (si veda l’art.94 cost. e si ignori la "questione di fiducia" inserita nei regolamenti parlamentari) ma anche perché l’architettura istituzionale delle moderne democrazie liberali si fonda sulla DIVISIONE DEI POTERI, che sarebbe di fatto negata se Parlamento e Governo diventassero una entità UNITARIA e BICEFALA.
    Un assetto questo che indubbiamente giova al controllo partitocratico del potere e legittima l’imposizione incostituzionale e antidemocratica della disciplina di partito ai parlamentari e pone Governo e Parlamento alle dipendenze delle segreterie di partito.

    Il problema diventa invece risolvibile se si torna nell’alveo della legalità costituzionale e democratica: il Governo deve avere la fiducia del Parlamento UNA E UNA SOLA VOLTA, dopodiché le maggioranze parlamentari possono liberamente variare, come è naturale che avvenga in un sistema democratico dinamico, senza che ciò comporti alcuna instabilità governativa.
    In una democrazia sana il Parlamento DEVE rappresentare i cittadini, e se tra i cittadini vi è una varietà di opinioni politiche diverse la soluzione NON PUO’ essere la limitazione della rappresentanza, nemmeno quando si ritenesse desiderabile una maggiore uniformità di posizioni in seno al Parlamento.
    La falsa premessa di cui sopra è invece il pericoloso alibi usato per introdurre artifici elettorali il cui scopo è tagliare fuori dalla rappresentanza alcune posizioni politiche esistenti nella società e per alterare gli equilibri della rappresentanza. Una ragione in più per dichiarare falsa quella premessa.
    A fronte di una maggioranza parlamentare frammentata, spetta al Capo dello Stato trovare le mediazioni necessarie a presentare un governo che ottenga la fiducia. E se ciò non fosse possibile il Capo dello Stato può "imporre" il governo che ritiene maggiormente rappresentativo e presentarlo al Parlamento come ultima scelta prima dell’inevitabile scioglimento delle Camere. E’ stato fatto, può farlo.

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