lunedì 9 marzo 2015 - Flaminia P.Mancinelli

Lucio Dalla: perché un omosessuale non deve nascondersi

Fare coming out è un elemento importante nella lotta contro l’omofobia. E lo è ancora di più se si tratta di un personaggio famoso come Lucio Dalla…

Se essere omosessuale fosse come amare le fragole o detestarle - in Italia, ma nonsolo - la decisone di Lucio Dalla di nascondere la sua omosessualità, sarebbe del tutto avulsa da commenti. Ma è dal giorno della sua morte, quando ha avuto inizio la polemica a questi giorni –nei quali un articolo di Pino Corrias su Il Fatto Quotidiano e una replica di Marco Travaglio sulla stessa testata–, che mi interrogo sulla posizione scelta dal cantautore italiano.

E interrogandomi su di lui mi interrogo, ovviamente, su me stessa, sulle ragioni che da decenni mi hanno portata a fare prima Coming Out e poi a portare avanti le mie battaglie contro l’omofobia a viso aperto, senza nascondere mai la mia omosessualità.

Lucio Dalla era, come lo definisce Corrias, “un uomo pubblico”, ma ciascuno di noi è, anche se in misura minore, “pubblico”. Ha parenti, amici e conoscenti di fronte ai quali esprime opinioni e assume atteggiamenti, esplica la sua figura sociale.

C’è poi da aggiungere che, in una nazione come la nostra, chi è “arrivato” in alto nella scala sociale, chi non ha problemi economici e svolge un mestiere “creativo”, può di sicuro permettersi di assumere posizioni anche “al di là”, tanto nella mentalità avita e comune questo è messo in conto e accettato.

Quindi è senz’altro più “semplice” per una persona celebre, per un artista dichiarare la propria omosessualità che per un operaio o un qualsiasi impiegato di banca, una maestra d’asilo o la salumiera di un piccolo paese di provincia. Le conseguenze hanno di sicuro un peso diverso.

 Ho parlato di “conseguenze”… ed a ragione, perché in un Paese come il nostro, ma nonsolo, i pregiudizi e l’omofobia sono ancora storia di tutti i giorni. Più ci si allontana dalle grandi metropoli, più ci si addentra nella oscura provincia e più ci si rende conto che l’omosessualità è una condizione ancora assolutamente non-digerita dalla maggior parte della gente.

Io parto dal pensiero ideale che a nessuno dovrebbe importare cosa faccio tra le lenzuola della mia camera da letto e con chi… [e mentre ho appena scritto queste parole, già immagino il sopracciglio di molti alzarsi e un irrefrenabile disgusto disegnarsi sul volto di altri…], io ritengo la sessualità e l’amore questioni molto private, che non ineriscono alla sfera sociale. Ma questo è il mondo ideale, nella realtà vi sono persone che per essere anche solo state sospettate di omosessualità sono state massacrate, villipese, fatte oggetto di violenze fisiche e verbali. E migliaia di altre, temendo tutto ciò, sono state costrette a nascondersi, a celare se stessi, la propria natura, il proprio sentire.

Mi viene in mente Michael Jackson che non poteva nascondere di essere un nero, e aveva tentato per tutta la vita di diventare un bianco, anche a costo di lunghe e dolorose operazioni; la situazione negli States di queste ultime settimane, i ragazzi di colore uccisi, ci raccontano inequivocabilmente che il razzismo in America non è morto, rigurgiti quasi quotidiani ci dimostrano che la “caccia al nero” è sempre aperta.

Bisognerebbe avere tempo e spazio per stabilire un parallelo tra neri e omosessuali, entrambi diversi da una normalità solo teorica, inesistente e che puzza molto di arianesimo, di pogrom e di inquisizione. Oggi tutti noi occidentali ci sentiamo minacciati dalla violenza del fondamentalismo islamico, dall’Isis, e dimentichiamo che solo lo scorso secolo nella democratica Europa anche le nostre donne non avevano diritto al voto… Che sempre in quegli anni la Chiesa di Roma compilava l’Index dei libri proibiti, e che appena qualche anno prima, nella civilissima Inghilterra, un certo Oscar Wilde veniva condannato al carcere perché omosessuale. Così non riesco a scandalizzarmi per i fondamentalismi islamici, è nella natura stessa dell’essere umano rifiutare e condannare chi percepisce come diverso da sé.

Però la violenza e i massacri che hanno costellato la storia dell’umanità hanno per fortuna risvegliato molte coscienze. Oggi –tranne rare eccezioni segnate a dito– percepiamo tutti come innaturale il razzismo e l’antisemitismo, ma lo stesso non accade ancora con l’omosessualità.

Non per tutti… almeno.

Lucio Dalla, a differenza di Michael Jackson, ha potuto nascondere la sua diversità senza complesse operazioni, e lo ha fatto.

E così come qualsiasi nero rifiuta le scelte della celebre star americana, la sua fuga dalla sua etnia, così qualsiasi omosessuale dovrebbe rifiutare la scelta del cantautore bolognese.

Allora risulta evidente la ragione irrinunciabile per la quale io ho scelto di dichiarare apertamente al mondo la mia omosessualità e perché condivido l’opinione negativa di Pino Corrias su Lucio Dalla che nascose con ipocrisia la sua scelta di un amore diverso.

Ogni ragazza e ogni ragazzo omosessuale che oggi viene ancora insultato, picchiato, spinto al suicidio è un essere umano del cui destino la nostra società deve sentirsi responsabile.

Chi è adulto, lavora, ha un posto in società ed è omosessuale… è moralmente ed eticamente tenuto ad aiutare chi è più fragile, chi ha paura, chi – influenzato da pregiudizi e dogmi senza alcun valore – nasconde e nega se stesso, fino al limite estremo di negarsi la vita.

Tu sei un fantastico cantautore, una splendida cantante, un pittore, una scultrice, un romanziere o una saggista di successo… e sei omosessuale. Il tuo dovere etico ti impegna a fare Coming Out, perché il tuo esempio dimostri al di là di ogni dubbio possibile che anche una persona omosessuale può essere ammirata, apprezzata e avere una vita degna di questo nome.

L’esempio, il tuo esempio è fondamentale.

Così come lo è quello di tutti noi, scendendo nella scala sociale.

Ognuno di noi rappresenta per gli altri un esempio.

Io convivo con la mia compagna da oltre 16 anni e lo sbandiero ai quattro venti per una ragione semplice: essere omosessuali non è un vizio, non è una depravazione, è vivere se stessi.

Io scrivo, mi esprimo senza alias sui social network e chiunque mi avvicini sa che io sono un’omosessuale, quindi sceglie di essermi amica indipendentemente dal mio amare una donna. D’altro lato io so che chiunque mi sia amico non soffre di omofobia…

E io, pur nel mio piccolo, divento un esempio. I giovani che mi contattano, che mi leggono, hanno davanti a loro la prova provata che una vita è possibile anche per una persona omosessuale, e anche la felicità.

Così io non posso perdonare il silenzio dietro al quale Lucio Dalla –e molti altri come lui– si è nascosto, protetto, camuffato. Continua a martellarmi una domanda: se il grande Lucio avesse fatto un onesto Coming Out quanti ragazzi omosessuali si sarebbero sentiti meno soli e diversi? Quanto omofobi sarebbero tornati sui loro passi, si sarebbero fermati a pensare?

Oggi per un omosessuale è importante esserci, con impegno e con orgoglio perché la piaga dell’omofobia, della caccia al frocio, diventino solo un brutto ricordo del passato.



2 réactions


  • (---.---.---.246) 10 marzo 2015 09:59

    Articolo interessante, che mi ha fatto riflettere. Capisco il tuo punto di vista, prima non ci avevo pensato. Adesso concordo. i personaggi famosi dovrebbero dichiararsi, fare coming out, per aiutare le persone più deboli.

    Luca

  • (---.---.---.26) 10 marzo 2015 11:31

    Non entro nel merito dell’articolo, ma devo commentare perché la calunnia su Michael Jackson non è più tollerabile, con la miriade di informazioni che, grazie a Internet, sono ormai a portata di un semplice click. Jackson NON voleva diventare bianco, e quest’affermazione falsa è anche stupida, citando proprio quei ragazzi neri che da Ferguson in poi sono per le strade degli Stati Uniti a protestare usando le sue canzoni e la sua FIERA Blackness. Jackson era affetto da VITILIGINE: lo si trova scritto a chiare lettere su reperti medici e autopsia pubblicata online. Quali sarebbero le operazioni lunghe e dolorose che permettono a un nero di diventare un bianco? Se si ignora la malattia della pelle di Jackson, si sarà anche all’oscuro di tutte le sue altre problematiche: lupus eritematoso sistemico - anch’esso riscontrato dall’autopsia - e il calvario cominciato con le ustioni subite durante un incidente sul lavoro. Perché fare il nome di Michael Jackson se si sa ZERO di lui e della sua vita? Ma abbiate un po’ di rispetto per un essere umano che ha vissuto impegnandosi anima e corpo per rendere il mondo un posto migliore, quando cominciate a farlo pure voi?


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