mercoledì 11 dicembre 2013 - Giovanni Sallemi

Le cause delle proteste degli agricoltori e una proposta per aiutare l’economia agricola e favorire i consumatori

Dalla Sicilia, la testimonianza di Giovanni, figlio di piccoli agricoltori. 

In relazione alle manifestazioni, “9 dicembre” degli agricoltori scrivo per dire che le cause che le hanno scatenate sono reali. Di solito gli agricoltori non protestano, pensano a lavorare la loro amata terra che non può aspettare la protesta.

Se protestano è perché non ce la fanno più, tanti stanno fallendo, abbandonando le loro terre al degrado e alle speculazioni immobiliari (causa anche delle alluvioni distruttive). Questa grave crisi dell’economia agricola che colpisce tutta l’agricoltura italiana. Sia al nord che al sud.

Al nord: lunedì a Piazza Pulita un agricoltore del nord riferiva che vende il radicchio al commerciante a 10 centesimi al chilo, mentre poi ai consumatori viene venduto molto più caro.

Al Sud: mio fratello, in questi giorni, vende al commerciante l’uva Italia sotto tenda (tante spese per ottenerla) a 60 centesimi al chilo mentre viene venduta, nel più popolare mercato per consumatori di Torino di Porta Palazzo a 2,50 euro al chilo.

Le cause della grave crisi economica, che colpisce l’agricoltura con tutte le sue conseguenze, ha le sue radici in scelte di politica economica ingiusta, egoistica e sbagliata che, fin dall’Unità d’Italia, ha sempre privilegiato lo sviluppo industriale a danno dell’agricoltura, specie del sud.

Giorni fa gli agricoltori, iniziando le proteste, hanno ispezionato dei TIR in ingresso in Italia (trasportavano, pasta di formaggio, carni estere che poi sarebbero state confezionate da industrie italiane, come prodotti in Italia) ed il ministro dell’Agricoltura, che era presente e sosteneva gli agricoltori, è stato accusato dal presidente di Confiindustria di comportamento scorretto (non ricordo bene il termine esatto usato, ma ricordo che non era piacevole).

Giorni fa dopo il nubifragio in Sardegna anche Eugenio Scalfari, su Repubblica, ha scritto del modello di sviluppo sbagliato che trascura l’ambiente.

Ed ancora vi chiedo, cari amici che leggete, secondo voi, come mai, nonostante quanto scritto in premessa e la grave crisi economica e sociale, la disoccupazione crescente, la crisi, per mancanza di competitività, dei tradizionali settori industriali italiani, i comportamenti non sempre limpidi di certi imprenditori industriali (quali: mancato aggiornamento tecnologico, per migliorare la competitività; esportazione illecita di capitali in paradisi fiscali), non si tenga conto da parte dei media e del governo delle potenzialità economiche di sviluppo che ha l’economia agricola, che peraltro, nonostante le difficoltà economiche degli agricoltori (specie al Sud, ove la crisi economica è più grave, vedi rapporto SVIMEZ 2013), continua, lentamente a crescere ed ad assorbire manodopera?

Vi chiedo perché, secondo voi, si continua sempre ad intervistare il rappresentante della Confindustria e mai, nemmeno una volta, il rappresentante della Coldiretti o della Confagricoltura? Forse i media ed il governo si occupano solo di chi si lamenta e licenzia?

Perché non si pensa come migliorare le strategie complessive per lo sviluppo economico e del lavoro, decidendo, alla luce della situazione economica globale, della concorrenza internazionale, delle peculiarità del Nostro Paese, dal punto di vista ambientale, culturale, turistico, qual è il settore economico che ha maggiori potenzialità di crescere? Ha detto recentemente un economista, a proposito della crisi economica e degli aiuti necessari a stimolare l’economia che Oltre a far bere il cavallo bisogna che si decida su quale cavallo salire per vincere le sfide dell’economia globale.

Secondo me, l’economia agricola, legata alle caratteristiche peculiari, non esportabili e non delocalizzabili dei nostri territori, dal punto di vista ambientale, culturale, enogastronomico, turistico, può essere uno dei cavalli vincenti per aiutare lo sviluppo della nostra economia e del lavoro. Gli agricoltori, protagonisti dell’economia agricola, settore primarionaturali difensori del suolo agricolo e dell’ambiente non hanno bisogno di aiuti economici ma di:

  1. Miglioramento della concorrenza nel settore del commercio e della distribuzione dei prodotti agricoli. Il commercio e la distribuzione dei prodotti agricoli è gravato da rendite di posizione, speculazioni, scarsa concorrenza e criminalità che determinano, da una parte, insufficiente reddito degli agricoltori, per prezzi troppo bassi di vendita dei loro prodotti all’ingrosso, dall’altra, prezzi alti d’acquisto dei prodotti agricoli per i consumatori(spesso al di sopra delle loro possibilità economiche).
  2. Protezione e certificazione dell’origine di produzione e delle caratteristiche peculiari dei nostri prodotti agricoli ed enogastronomici. Spesso, infatti, i prodotti agricoli, comprati a caro prezzo dai consumatori, non sono certificati, relativamente alla provenienza ed alla qualità e non mancano esempi di frodi in questo campo (spesso vengono spacciati come di provenienza regionale italiana, prodotti agroalimentari non controllati, provenienti da nazioni extra U.E., utilizzando addirittura anche nomi di produttori italiani, ignari).
  3. Pubblicità, che abbia anche valenza di promozione turistica dei territori, a livello nazionale ed internazionale, che metta in evidenza le caratteristiche di specificità, legate al territorio di origine di ciascun prodotto agroalimentare.

Una proposta, che ora le sottopongo, avrebbe il pregio, oltre ad altri vantaggi citati nella stessa, di:

  1. Migliorare sicuramente la concorrenza nel settore del commercio e della distribuzione dei prodotti agroalimentari;
  2. evitare le frodi agroalimentari;
  3. implementare aspetti di economia sociale di mercato al commercio ed alla distribuzione dei prodotti agricoli, visto la loro importanza per la sopravvivenza non solo della popolazione ma anche dell’agricoltura, settore economico primario, utilizzando il ruolo costituzionale che hanno i comuni, o meglio consorzi di comuni, omogenei per tipo di produzioni agricole.
  4. utilizzare al meglio i consorzi di comuni che, si auspica(come in Sicilia), sostituiranno le provincie.

Premessa

Vi ricordo 4 problemi che conoscete bene:

  1. I consumi degli italiani diminuiscono; in particolare sta diminuendo il consumo di frutta e verdura anche a causa dei loro prezzi proibitivi al consumo;
  2. gli agricoltori italiani, specie quelli del centro-sud, sempre più sono costretti ad abbandonare la propria preziosa attività, portatrice di tradizioni, ricchezza culturale, difesa del territorio, mezzo di sostentamento;
  3. la crisi economica e sociale, specie nell’attuale periodo di grave crisi economica, accentua le spinte separatiste delle regioni italiane più produttive, non disposte ad “assistere” il centro-sud;
  4. nonostante il PIL agricolo continui a crescere, il reddito degli agricoltori continua a diminuire sia a causa dell’aumento delle spese di produzione che a causa di prezzi di vendita all’ingrosso dei prodotti agricoli scarsamente remunerativi del lavoro e spese impiegate.

A contribuire ed ad aggravare i 4 problemi citati, sicuramente, ha un ruolo fondamentale il fatto che ora espongo.

Il commercio dei prodotti agricoli è truccato in quanto non ubbidisce alle leggi della domanda dell'offerta ma è condizionato pesantemente dalla grande distribuzione, dal funzionamento alterato di alcuni mercati all'ingrosso, ove gli agricoltori vendono i loro prodotti.

Nei mercati all'ingrosso i commissionari, il cui ruolo è quello di cercare di vendere i prodotti agricoli a loro affidati, per lo più dagli agricoltori, al miglior prezzo possibile ed al miglior offerente, in modo da ottenere una provvigione migliore, probabilmente è possibile che una parte, possano preferire concordare (al ribasso), con i commercianti che acquistano il prezzo di vendita dei prodotti, essendo una parte, loro stessi commercianti.

Detti commissionari, essendo, spesso, anche commercianti, potrebbero preferire vendere a prezzo basso i prodotti, in modo che poi, nella veste di commercianti, possono inviarli nei mercati di consumo, ricavandone un guadagno maggiore di una provvigione, eventualmente più ricca (se vendessero ad un prezzo più alto quanto loro affidato); tutto ciò a danno degli agricoltori. C'è stata anche una indagine della magistratura nel grande mercato ortofrutticolo di Vittoria (RG) che avrebbe accertato quanto da me sospettato.

Nonostante i problemi esposti l’agricoltura potrebbe rappresentare una speranza di sviluppo economico sia per compensare la recessione dovuta alla diminuita produzione industriale che per collocare i tanti lavoratori disoccupati, creati dalle attività industriali dismesse.

Inoltre un miglioramento della redditività delle attività agricole è un prerequisito per fermare l’abbandono delle campagnecausa principale del dissesto idro-geologico del territorio, specie nel centro-sud e specialmente quelle gestite da piccoli agricoltori che, spesso coltivano, alcuni prodotti preziosi, perchè caratteristici di un dato territorio.

Proposta

Per raggiungere l'obiettivo, citato sopra, occorrerebbe, a mio avviso, che i Comuni, o meglio, consorzi di Comuni vicini, gestiscano, in varie città lontane* dai luoghi di produzione, con propri dipendenti, luoghi di vendita diretta ai consumatori dei prodotti agricoli dei propri concittadini.

I produttori agricoli invierebbero, a loro spese, gli ortofrutticoli, prodotti nel loro territorio, nei punti vendita gestiti dai loro comuni. Il prezzo di vendita dei prodotti agricoli sarebbe stabilito dai produttori, tenendo conto delle spese di produzione e delle condizioni del mercato. Tale prezzo, libero dalla speculazione degli intermediari, sicuramente sarebbe molto conveniente per i consumatori. 

Questa proposta determinerebbe:

  • l'aumento della concorrenza fra i commercianti che acquistano i prodotti agricoli ortofrutticoli all'ingrosso nei luoghi di produzione;
  • un aumento della concorrenza nella vendita con generale calmieramento dei prezzi di vendita degli ortofrutticoli al dettaglio;
  • un miglioramento del reddito dei produttori agricoli, indispensabile per evitare che tanti continuino ad abbandonare la loro preziosa attività, portatrice di tradizioni, ricchezza culturale, difesa del territorio;
  • un singolare e solidale scambio culturale fra i vari territori d'Italia;
  • un aumento della coesione territoriale e della solidarietà in Italia perché farebbe sentire più vicini e solidali i cittadini produttori ai cittadini consumatori, desiderosi sia di risparmiare che di conoscere l'esatto luogo di produzione del prodotto acquistato, che automaticamente gli farebbe immaginare più vicino quel territorio di origine.

La realizzazione di questa proposta aiuterebbe a caratterizzare meglio, anche dal punto di vista produttivo agricolo i nostri territori, favorendo così l’agriturismo dei territori e sarebbe un esempio per i Comuni e per la politica di come si possano aiutare i cittadini con servizi e non con il solito assistenzialismo (causa del clientelismo).

*attualmente esistono già i mercati dei contadini, che, però, non sono adatti a vendere la totalità (garanzia di reddito sufficiente) degli ortofrutticoli prodotti giornalmente dagli agricoltori italiani né li rappresentano tutti (tutta la varia e ricca produzione ortofrutticola italiana, da Treviso a Pachino), essendo gestiti direttamente dai contadini del luogo, che possono vendere solo una piccola parte dei loro prodotti, dovendo principalmente svolgere il loro mestiere principale di agricoltori.

Sicilia 10-12-2013 

Foto: Riccardo Pastore/Flickr




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