mercoledì 18 marzo 2015 - Agostino Spataro

La tabella del petrolio, ossia le vere ragioni della “guerra infinita” in Medio Oriente

di Agostino Spataro *

 

Quel che propongo non è un saggio, nemmeno un articolo, ma una “tabella” contenente i dati relativi alla produzione e alle riserve petrolifere dei principali Paesi che, nell’ultimo ventennio, sono stati coinvolti, come vittime o promotori, in questa sorta di “guerra infinita” che sta sconquassando il Medio Oriente e provocando pericolose tensioni in Europa e nel Mediterraneo.

L'intento è di rendere meglio l’idea del perché i principali Paesi detentori delle più grandi riserve petrolifere (Venezuela, Libia, Iran, Iraq, Siria, Russia) siano stati inseriti nella “lista nera” e soggetti ad attacchi di ogni tipo, anche militari.

Da notare che ad attaccare non sono stati tutti gli Stati membri della Nato ma solo alcuni, soprattutto quelli cui appartengono le principali multinazionali del petrolio ovvero: Usa, Francia, Gran Bretagna, Spagna e, purtroppo, anche Italia.

Nei giorni scorsi, nella “lista” è stato inserito il Venezuela, bollato con decreto del presidente Obama come una minaccia per la sicurezza nazionale degli Usa.

Ovviamente, nessuno crede a questa boutade che, in realtà, rafforza il sospetto di una nuova, pericolosa ingerenza mirata ad assumere il controllo della più grande riserva petrolifera del mondo che- come si evidenzia nella tabella- corrisponde a una previsione di 300 anni di produzione ai livelli attuali. Tre secoli! Dopo viene la Libia con 139 anni, ecc. ecc.

Insomma, un boccone troppo ghiotto in tempi di esaurimento delle riserve proprie che non si vuole lasciare al popolo venezuelano, unico e legittimo proprietario, per il suo sviluppo economico e civile. Siamo all'apertura di un fronte di destabilizzazione, di guerra anche in America latina?

C’è da sperare che la reazione, forte e unitaria, dei paesi dell’Unasur dissuada, faccia rinsavire i governanti Usa, come sembra stiano facendo rispetto alla disastrosa guerra provocata contro la Siria con il cui presidente (Bashara Assad) -a detta di Kerry- si vuole negoziare, dopo quattro anni di morte e di rovina che hanno provocato circa 200.000 vittime e diversi (dieci?) milioni di profughi. Meglio tardi che mai! E qui mi fermo lasciandovi alla tabella per ogni eventuale deduzione. (a.s.)

 

  PETROLIO- 2013: PRINCIPALI PAESI PER RISERVE E ANNI DI PRODUZIONE

 PAESE

Produzione (x1000 bg)

Riserve (mln barili)

 Riserve (anni) 

MONDO

 87.342

 1.658.106

 52

Venezuela

 2.722

 297.740

 300

Libia

 953

 48.470

 139

Iran

 3.194

 157.300

 135

Iraq

 3.031

 140.300

 122

Siria

 56

 n.d.

 122

Canada

 3.962

 173.200

 120

Kuwait

  3.109

 104.000

 92

E.A.U.

 3.570

 97.800

 75

Messico

 2.920

 10.264

 10

Arabia Saudita

 11.570

 268.350

 64

Nigeria

 2.459

 37.140

 41

Russia

 10.877

 80.000

 20

Cina

 4.177

 24.376

 16

Usa

 10.297

 36.665

 10

Area MENA

 31.477

 869.623

 76

  Fonte: nostra elaborazione su dati“ World Oil and Gas Rewiew- ENI- 2014”

 

17 marzo 2015. / *Direttore: www.infomedi.it

Nota: la “produzione” è indicata in migliaia di barili/giorno; le “riserve” in milioni di barili.

 

Foto: Sergio Russo/Flickr

 



3 réactions


  • Damiano Mazzotti Damiano Mazzotti (---.---.---.109) 18 marzo 2015 16:08

    Di sicuro tutto il caos in Medio Oriente serve a far aumentare il prezzo del petrolio, soprattutto a vantaggio di tutti i paesi che lo possono ottenere solo con costi di estrazione molto alti (Regno Unito, Norvegia, Canada, Stati Uniti). E soprattutto per l’Arabia Saudita che diventa la nazione leader del Medio Oriente che fotte tutto il resto della gente.


    • (---.---.---.10) 18 marzo 2015 16:28

      Ma non diciamo fesserie, suvvia


  • Damiano Mazzotti Damiano Mazzotti (---.---.---.109) 18 marzo 2015 19:30

    La crisi economica era prevista e si sapeva avrebbe fatto crollare il prezzo del petrolio...
    Probabilmente oggi, senza il caos nel Medio Oriente, un litro petrolio potrebbe costare quasi come l’acqua fresca. Di certo rende di più la vendita delle armi che vengono richieste per la paura sempre più diffusa tra i politici di molte nazioni.


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