mercoledì 12 ottobre 2016 - Camillo Pignata

La riforma costituzionale: potere oligarchico o assoluto?

Il Parlamento da anni versa in una condizione di estrema debolezza, con i governi che legiferano solo con decreti legge, con un ruolo ridimensionato dell’opposizione, del suo potere ostruzionistico, falcidiato dai regolamenti.

La stessa autonomia finanziaria è stata ridotta al minimo dal pareggio di bilancio, che le ha sottratto la discrezionalità sulla politica di bilancio in deficit, trasferendola alla commissione europea, un organo burocratico non elettivo, che la esercita con il gioco della flessibilità.

Su questa situazione di debolezza del parlamento, è intervenuta la riforma costituzionale che insieme alla legge elettorale, la riforma della Rai,,hanno indebolito ulteriormente i poteri di controllo del Parlamento e trasferito all’esecutivo molte competenze regionali e il controllo della Rai.

Ma per comprendere il significato e la natura della riforma occorre tener conto delle pressioni del potere finanziario che hanno accompagnato la sua nascita, la sua approvazione, ed oggi la scelta referendaria.
Sono intervenuti la “Trilateral”, il F.M.I, Soros, la Confindustria, ma anche l’ambasciatore americano, il “Financial times” il “Wall street juornal”: tutti hanno pressato per trasformare la Costituzione, da fonte per le limitazioni del potere governativo, in fonte di limitazioni del potere del Parlamento, e sostenuto la riforma Renzi, che ha realizzato le richieste di JP.Morgan e della B.C.E.

Quale il nesso tra gli interessi della grande finanza internazionale, dell'Unione Europea da una parte, e il rafforzamento dell’esecutivo? Al potere finanziario serve un esecutivo forte... e per fare che cosa?

Serve a garantire il pareggio di bilancio, la politica di austerità, la conseguente riduzione dei diritti sociali e politici della persona, e quindi il pagamento del debito pubblico.

Serve a garantire alle banche il potere sovranazionale sugli stati europei e quindi sui cittadini europei, con il rafforzamento del sistema intergovernativo controllato dalla BCE.

Ma in Italia tutto è passato sotto silenzio.

Se i media italiani avessero dedicato a questi fatti, un decimo del tempo che hanno dedicato ad aggredire Marino o Virginia Raggi, ne sapremo molto di più della riforma costituzionale, dei motivi per cui è nata e della sua natura. Avremmo potuto approfondire e chiarire, il significato e le ragioni delle lettere della banca americana J.P.Morgan e della B.C.E, che hanno sollecitato la nascita della riforma costituzionale e sottolineato:

a)un eccessivo peso del parlamento nel sistema decisionale e nei confronti degli esecutivi;

b)un eccessivo potere decisionale delle regioni;

c)un eccessivo potere di interdizione e di contrasto della società civile.

Avremmo potuto capire il perché di una indicazione così precisa: sbarazzatevi di costituzioni che prevedono “esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni”, e del controllo democratico dei cittadini.

Avremmo potuto capire che la riforma Rai, il jobs act la buona scuola, il decreto sanità hanno già violato la costituzione e, con la riforma Renzi, fanno parte di un medesimo disegno eversivo del potere finanziario.

Avremmo in sostanza capito perché le banche hanno chiesto di rafforzare l'esecutivo, indebolendo in parlamento, le assemblee regionali, i partiti e i sindacati, e il ruolo dei cittadini.

E c’è una ragione alla base di questa scelta.

Al potere finanziario non basta il regime presidenziale, vuole un potere incontrollato, non convalidato dal rapporto di fiducia del parlamento, e senza il controllo democratico dei cittadini.

Un governo forte con un parlamento forte, è pur sempre soggetto al controllo di quest’ultimo, limitato e controbilanciato.

Invece un governo forte che si rapporta ad un parlamento depotenziato, ai sindacati, ai partiti in crisi, ai cittadini con limitati poteri elettivi,è in sostanza un potere assoluto, senza controlli.

Nella disputa sulla svolta autoritaria prevista nella modifica costituzionale, sull’uomo solo al comando, o più prudentemente sulla deriva oligarchica, la risposta di Renzi e dei suoi amici, è sempre la stessa: la riforma non ha attribuito nessun potere nuovo al presidente del Consiglio.

Ed è vero, nella riforma nessun potere aggiuntivo a quelli attualmente in dotazione, è previsto per il capo dell’esecutivo.

Ma un esecutivo si rafforza, anche se non riceve direttamente, nuovi poteri dalla riforma costituzionale.

Il rafforzamento dell’esecutivo deriva dallo spoglio, dalla riduzione di prerogative del Parlamento e delle assemblee elettive regionali.

Se si tolgono poteri alle regioni, questi vanno all'esecutivo. Se si limita il potere di controllo del parlamento, riducendo la fiducia, ad un rapporto tra il capo di governo e il suo partito, ad un atto interno del partito maggioranza, l'esecutivo si rafforza. Se si riduce il potere elettivo della società civile che non sceglie più senatori,l'esecutivo si rafforza.

E tutto ciò è il prodotto di una legge elettorale che, con uno sproporzionato premio di maggioranza, con la legittimazione elettorale del premier, riduce il Parlamento ad un votificio, perché lo rende succube della maggioranza di turno, per cui la fiducia diventa un atto dovuto.

Se poi i deputati, con le liste bloccate, li sceglie il capo del governo, segretario del partito di maggioranza, il quadro della debolezza del Parlamento, che rafforza l’esecutivo, si completa.

Quale controllo sul governo potranno esercitare parlamentari nominati, persone che devono la loro elezione e la loro conferma, al partito che esprime l’esecutivo?

Quale controllo potranno esercitare il presidente della repubblica, il CSM, i giudici della corte costituzionale se devono la loro elezione al partito che sostiene il governo?

Concentrare in questa camera eletta con una legge elettorale maggioritaria molto simile al “porcellum”, il potere di fiducia e di controllo sull'esecutivo, significa renderlo incontrollabile.

A tutto questo si aggiunge la centralizzazione di molte competenze regionali e provinciali, che inevitabilmente vanno ad arricchire i poteri dell’esecutivo

Si riduce l’autonomia finanziaria della regione, che decideva liberamente come spendere i suoi soldi, e la sua discrezionalità organizzativa, con cui stabiliva il numero di consiglieri e i loro emolumenti. Molte delle competenze assegnate, andranno in maniera esclusiva allo Stato, mentre le competenze concorrenti scompariranno completamente. 

Mentre le clausole di supremazia, permettono allo stato centrale di occuparsi di questioni esclusivamente regionali, nel caso lo richiede la tutela dell’interesse nazionale.

 

E “ dulcis in fundo” la definitiva abolizione definitiva delle province, le cui principali funzioni saranno gestite dall’esecutivo.

 

Poteri strappati al nostro parlamento e alle nostre regioni a statuto ordinario, confluiscono nel nostro esecutivo, ed attraverso di esso al sistema intergovernativo europeo.

Ma ad essere spazzati via non sono solo il controllo del Parlamento, ma anche a quello politico della società civile, con la norma che rende non elettivo il Senato, sottraendo al popolo il potere di scelta dei senatori e, con la riforma Rai, che la rende dipendente dell’esecutivo.

I cittadini non scelgono i senatori, li scelgono le regioni ,ma più che le regioni, sono le articolazioni territoriali dei partiti, controllate dal partito di maggioranza che sostiene il governo.

Un amministratore delegato onnipotente, nominato dal governo, che nomina e conferma, a direttore di rete gente di provata fede renziana,trasforma la Rai in “telerenzi”.

Scompare così anche il potere di controllo del cittadino, esercitato attraverso l'informazione rai. E tutto ciò modifica la natura dell’esecutivo.

Un potere governativo forte, che si confronta con il pluralismo dell’informazione, è solo un potere forte.

Un potere governativo forte, che opera in una società dove tale pluralismo non esiste, è un potere autoritario.

Un potere governativo autoritario, senza il controllo del parlamento, del CSM, del presidente della repubblica, della società civile, è un potere assoluto.
E’ quello che vuole il potere finanziario.




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