lunedì 30 gennaio 2017 - Oggiscienza

La genetica dei social network

Uno studio condotto su gemelli omozigoti ed eterozigoti suggerisce che l'utilizzo di chat, messaggi e altre applicazioni online possa essere in parte influenzato dai nostri geni.

di Davide Michielin

Nell’ultimo decennio la diffusione dei social network ha modificato profondamente il nostro stile di vita: messaggistica istantanea, condivisione di contenuti multimediali, possibilità di commentare o esprimere apprezzamento alle dichiarazioni di persone più o meno famose. Secondo il Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti, il tempo di permanenza media di un utente su Facebook, Instagram e Messenger ammontava nel 2016 a circa 50 minuti al giorno. Poco meno del tempo che dedichiamo ai pasti. Tuttavia, le persone differiscono notevolmente nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione via web. Uno studio del King’s College di Londra, pubblicato sulla rivista PLoS ONE, ha esaminato la predisposizione genetica per i social network. Sviluppata all’interno del Twins Early Development Study, un vasto progetto sui gemelli guidato da Robert Plomin, professore di genetica del comportamento, l’indagine ha esaminato l’uso dei social media in oltre 8500 gemelli sedicenni.

Studiare l’ereditabilità di un carattere significa capire quanta parte della variabilità dello stesso sia dovuta a fattori genetici e quanta a fattori ambientali. Confrontando le differenze individuali in gemelli omozigoti (che condividono il medesimo patrimonio genetico) e gemelli eterozigoti (che condividono il 50% dei geni), i ricercatori hanno stimato il contributo relativo dei geni nell’utilizzo di giochi, software per l’intrattenimento e l’apprendimento, utilizzo di chat, applicazioni di messaggistica istantanea e Facebook. La componente genetica è risultata un fattore importante nel determinare il tempo trascorso su tutti i tipi di media considerati: intrattenimento (37%), apprendimento (34%), gioco online (39%) e social network (24%). I ricercatori hanno inoltre osservato che i fattori ambientali unici, cioè le esperienze che i gemelli non condividono, contribuiscono per quasi due terzi alle differenze tra i soggetti. I fattori ambientali unici possono includere il diverso accesso alle fonti di informazione all’interno della famiglia (se, per esempio, solo uno dei gemelli possiede lo smartphone) oppure una disuguaglianza nel controllo dell’utilizzo dei social network da parte dei genitori.

“Nell’insieme, i risultati contraddicono la diffusa convinzione che le persone siano passivamente esposte ai social media”, spiega in un comunicato la ricercatrice Ziada Ayorech, prima autrice dello studio. “L’utente siede al volante dell’interazione con questi prodotti, personalizzando l’esposizione mediatica in base alle proprie esigenze”. Le differenze genetiche influenzano la nostra interazione: gli utenti selezionano attivamente le proprie esperienze e la scelta è correlata alla predisposizione genetica. Queste implicazioni sollevano dubbi su tutti i filtri e i supporti personalizzati che nei social media propongono principalmente contenuti allineati al nostro punto di vista. Tuttavia, anche in questo caso le differenze individuali svolgono un ruolo fondamentale. “Così come una persona può limitarsi alle informazioni che gli vengono mostrate, un’altra può decidere di esplorare anche i contenuti ritenuti sgradevoli o poco interessanti”, conclude Robert Plomin.




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