mercoledì 31 luglio 2013 - alessandro tantussi

La direttiva Bolkestein e i problemi con le spiagge italiane

Quando l'Europa si occupa di cose che non conosce e ci impone leggi che non condividiamo.

Cos’è la direttiva BOLKESTEIN? Si tratta, in sostanza, di una bozza di legge comunitaria volta alla creazione, in ambito europeo, di un libero mercato dei servizi. La proposta è stata approvata all'unanimità dalla Commissione Europea, presieduta all'epoca da Romano Prodi.

L’obiettivo sarebbe, in sintesi, quello di realizzare un’armonizzazione giuridica fra gli stati membri per garantire, ai fornitori quanto ai beneficiari di servizi, il rispetto delle due libertà fondamentali di “stabilimento” e di “circolazione” tale da abbattere le barriere e gli ostacoli dovute/i alle diverse normative. Detto brutalmente: un idraulico, un elettricista, un commerciante o un operatore turistico di uno qualsiasi degli stati europei dovrebbe essere messo in grado di operare o aprire una attività anche negli altri stati, senza autorizzazione.

La direttiva intendeva semplificare le procedure amministrative, eliminare l'eccesso di burocrazia ed evitare le discriminazioni basate sulla nazionalità per chi intende stabilirsi in un altro paese europeo per prestare dei servizi.

La direttiva adottava il principio del paese di origine, secondo il quale un prestatore di servizi che si sposta in un altro paese europeo deve rispettare la legge del proprio paese di provenienza. Questo per incoraggiare i prestatori di servizi a spostarsi senza doversi informare su 25 diverse legislazioni nazionali.

Il principio del paese d'origine riguarda principalmente aspetti legali quali diplomi, regolamenti, necessità di autorizzazioni particolari. Ne è quasi del tutto escluso il diritto del lavoro, che è già disciplinato dalla direttiva 96/71/CE.

Ma il principio del paese d'origine è stato totalmente abbandonato nella versione definitiva della direttiva.

Se un idraulico italiano desidera andare a lavorare in Germania con una propria piccola ditta, deve sottostare alle regole tedesche. È ovvio che ciò favorisca i paesi più evoluti. L’inverso, ovvero l’idraulico che volesse lavorare in Italia o in Spagna/Grecia/Portogallo, probabilmente dispone delle competenze tecnico-burocratiche per superare l’ostacolo, ma soprattutto si troverà ad affrontare vincoli molto meno restrittivi di quelli che aveva in patria.

Molti sono i dubbi circa la direttiva in questione:

1) Ha un campo di applicazione troppo ampio; una serie di servizi d'interesse generale sono sottratti alla sovranità degli Stati membri e salta il controllo di larga parte delle politiche sociali e dei servizi.

2) Conflitto con altre disposizioni e strumenti comunitari (ad esempio: Direttiva 96 sul distacco; Regolamento 1408 sui regimi di sicurezza sociale).

3) Anticipa altre iniziative comunitarie future (mobilità dei pazienti e dei sistemi sanitari, sui servizi d'interesse generale, sui lavoratori temporanei, ecc.).

4) Le norme concernenti il distacco dei lavoratori proibiscono, di fatto, di assoggettare i fornitori di servizi a determinati obblighi sociali (autorizzazione, registrazione, dichiarazione e così via): il progetto renderebbe inoperante, in sostanza, l'ispezione condotta dallo Stato membro, rendendo inefficace la direttiva 96/71.

5) Blocca il principio del “paese d'origine”, secondo cui le imprese e i lavoratori che offrano servizi in un altro Paese membro possono essere sottoposti unicamente alle leggi del paese di provenienza.

6) Esclude totalmente le parti sociali dalla negoziazione dei dispositivi.

Tra i settori che coinvolgono detta direttiva, si parla di “servizi ai consumatori, quali i servizi nel settore del turismo, compresi i servizi ricreativi, i centri sportivi, i parchi di divertimento”, ricomprendendosi fra i destinatari della normativa anche le imprese turistico-balneari esistenti nel nostro territorio.

L’Italia come al solito (e, concedetemelo, per fortuna nda) non si è messa in regola: nel gennaio 2009 la Commissione Europea ha trasmesso al Governo Italiano un documento d’infrazione in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime.

LE INFRAZIONI CONTESTATE:

in ordine alle concessioni demaniali delle spiagge si contesta all’Italia:

- la compatibilità del diritto preferenziale di insistenza di cui all’art. 37 cod. nav. con i principi di cui all’art. 43 Trattato Ce e dell’art.12 di cui alla direttiva servizi n. 2006/123/CE;

- la compatibilità del rinnovo automatico della concessione alla scadenza sessennale di cui all’art. 1, c. 2, d.l. 400/1993, conv. L. 494/1994, e successivamente modificato dall’art. 10 L. 88/2001.

A parere della Commissione Europea detti due aspetti contrastano con i principi di libertà di stabilimento delle imprese comunitarie (art. 43 Trattato CE) e di imparzialità, trasparenza e pubblicità delle procedure di selezione dei concessionari (art. 12, direttiva 2006/123/CE).

In estrema sintesi: la concessione demaniale delle spiagge italiane per gli stabilimenti balneari dovrebbe essere messa a gara a livello europeo e le concessioni dovrebbero essere di durata limitata. Ciò, ovviamente, farebbe saltare in aria buona parte delle imprese che gestiscono gli stabilimenti balneari Italiani. 

In Italia la legge n.88/2001 (“Nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime”) all'articolo 10 (“Disposizioni concernenti le concessioni dei beni demaniali marittimi”), ha introdotto il meccanismo del rinnovo automatico della durata delle concessioni demaniali marittime.

Per quanto attiene il canone di concessione, che in Italia era effettivamente irrisorio rispetto al valore della stessa, è stato fatto un passo avanti. La “legge finanziaria” 2007 ha modificato il precedente impianto normativo, prevedendo per la prima volta un'articolazione dei criteri di quantificazione dei canoni. Accanto al canone tabellare, che continua ad applicarsi per alcune tipologie di beni demaniali oggetto di concessione, è introdotto un canone commisurato al valore di mercato, sia pure mitigato da alcuni accorgimenti e abbattimenti.

Stando così le cose, comunque, entro il 2016 le concessioni andranno a gara.

Per effetto della “direttiva servizi”, le concessioni sul demanio marittimo non potranno più essere rinnovate automaticamente, non valendo più il diritto di insistenza, ma anzi dovranno essere oggetto di un bando con procedura di evidenza pubblica europea alla scadenza temporale di ogni concessione. I sacrifici e gli investimenti fatti da piccole e grandi attività imprenditoriali sarebbero vanificati dal colpo di spugna dell’Europa, rischiando di gettare sul lastrico moltissimi nuclei familiari che, dalla spiaggia e sulla spiaggia, traggono da generazioni il loro sostentamento

Le nostre imprese balneari sono tipicità nazionali a tutti gli effetti e offrono un monitoraggio costante del territorio, sia da un punto di vista ambientale, che della pubblica sicurezza della balneazione. Gran parte degli attuali concessionari, che rappresentato da piccoli imprenditori, sono preoccupati di veder vanificati gli sforzi compiuti in lunghi anni di lavoro nella creazione del valore economico degli stabilimenti balneari.

Può darsi che la direttiva introduca livelli di liberalizzazione che produrranno un contenimento dei prezzi o, per così dire, il “caro ombrellone”. Ma non è tutt’oro quello che luccica e del resto, in questi tempi di crisi, la maggior parte degli stabilimenti balneari non ha rialzato i prezzi.

Considerare le spiagge Italiane alla stessa stregua di quelle della Normandia sul Mare del Nord o dell’Estonia sul Mar Baltico non ha senso. Là si tratta di lande bellissime, ma per lo più desolate dove il mare si può fare solo in brevi periodi dell’anno ed in condizioni atmosferiche particolarmente favorevoli. Per questo, l’impianto di strutture fisse non ha senso, la stessa balneazione è resa assai problematica sia dalla grado di calore delle acque sia dalla rischiosità delle stesse.

Del resto il grado di calore percepito raramente segna, laggiù, livelli tali da provocare una fuga di massa al mare come avviene da noi. Ma la massa richiede strutture di accoglienza. È probabile che in Italia la quantità di spiagge libere sia troppo limitata, ma è certo che non tutti sono disponibili a rinunciare alla comodità dell’ombrellone, della tenda, delle sdraio, delle cabine, delle piscine, del bar, della discoteca, del ristorante, del camping o del servizio di sicurezza offerto dagli assistenti ai bagnanti o bagnini che dir si voglia.

Qual è il primo risultato della direttiva? Nell’incertezza sul futuro gli imprenditori turistici che gravitano intorno alle spiagge hanno immediatamente cessato ogni investimento sulle strutture. Centinaia di aziende che producono cabine, sdraio, ombrelloni, patini ecc. sono sul lastrico perché non vendono niente. Ci aveva già pensato la crisi economica, le spiagge il calo degli affari è considerevole di suo, quest’anno non è difficile trovare un ombrellone libero, non di rado a prezzo inferiore rispetto a quello dell’anno scorso. La direttiva è cosa buona e giusta? Forse no. Comunque sia, grazie Europa di impicciarti delle spiagge nostre. E pensare che i romani lo chiamavano “mare nostrum”.

Foto: Baiaverdesardegna/Flickr



2 réactions


  • (---.---.---.214) 12 novembre 2013 19:03

    Più che alla Normandia e all’Estonia, suggerisco a chi non ne conoscesse l’esistenza di paragonare la gestione delle spiagge italiane con quelle delle vicine e meridionalissime Spagna, Portogallo, Croazia, Grecia, Francia. 

    Altro che concessioni rinnovate automaticamente, altro che vendita del litorale. Altro che assenza di organizzazione e servizi adeguati. Se c’è un motivo per cui non trascorro mai le vacanze estive in Italia, è proprio per il modo in cui vengono gestite le spiagge.
    Un plauso alla direttiva europea, si vergognino invece i politici italiani che continuano a inventare scusanti per non applicarla e aggirarla nella difesa degli interessi peculiari di una lobby miserabile.

  • (---.---.---.88) 3 febbraio 2014 15:47

    Visto che parli di Spagna......llo sapevi che hanno prorogato le concessioni a 75 anni?....cosi giusto per dire....e magari sapevi anche che l’hanno fatto perchè in spagna ci sono investitori tedeschi vero!?......ecco appunto....


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