venerdì 4 novembre 2011 - Sàntolo Cannavale

La crisi economica spaventa: l’Italia è davvero a rischio scalata?

Prosegue, intenso, il dibattito sulla possibilità che le banche italiane diventino preda di investitori stranieri. L’ipotesi è strettamente collegata alle ridotte valutazioni di mercato dei loro patrimoni, a seguito del perdurante, negativo andamento delle borse valori.

Uno degli ultimi articoli sul tema, “Quanto è concreto il rischio scalata delle banche in saldo”, è firmato da Marigia Mangano ed è stato pubblicato su Il Sole 24Ore in data 29 ottobre 2011. Vi si legge: “La domanda, sul mercato, sorge spontanea: che l'Italia del credito sia davvero a rischio scalata? Se la Borsa e la speculazione – si dice – molto presto inizieranno ad esercitarsi su matrimoni oltreconfine, gli esperti del settore e le banche d'affari restano scettici di fronte a tale ipotesi, pur non escludendo colpi di scena e ammettendo che è più probabile che si assista a una nuova stagione di aggregazioni "nazionali" nel mondo delle popolari".

Da mesi si assiste, impotenti, in Italia ed in altri Paesi europei a tempeste borsistiche collegate, in origine, alle oscillazioni anomale delle quotazioni di titoli di Stato. E’ un mondo che crolla. Da sempre questi titoli sono stati il punto di riferimento dei mercati finanziari e dei gestori di patrimoni per la loro peculiare caratteristica di “titoli a rischio zero”.

Le banche, vittime designate delle discutibili incursioni delle società di rating, risentono immediatamente di queste oscillazioni per i riflessi sul valore di dismissione (teorico) delle attività in portafoglio.
Per la “messa in sicurezza” del patrimonio delle banche europee, per un andamento meno traumatico dei mercati finanziari e per il rasserenamento dei risparmiatori, è ipotizzabile che i titoli di Stato posseduti dalle banche siano contabilizzati al valore di acquisto fino al giorno della relativa vendita o per un periodo minimo prestabilito.

Le banche interessate dovrebbero dichiarare espressamente che non venderanno i titoli in oggetto fino alla loro naturale scadenza. L’European banking autority (ABA), la Commissione europea e la Banca centrale europea (BCE), in questa particolare fase storica, dovrebbero riconoscere espressamente questa modalità operativa favorendo, in sintonia con i paesi dell’Area, la stabilizzazione economica e finanziaria dei mercati europei.

Con questa impostazione sensata, da sostenere e condividere, sarebbe possibile fronteggiare le anomalie dei mercati e le fluttuazioni a volte irrazionali ed incontrollabili, dei valori di borsa.
Il mondo attualmente vive di “convenzioni” e “surrogati di fiducia”. Un esempio di convenzione pacificamente accettata: nei Paesi a guida democratica i parlamenti ed i governi nazionali, tenuto conto degli alti livelli di astensione dal voto, vengono eletti abitualmente da percentuali limitate degli aventi diritto.

Ebbene in tali Paesi, tra cui l’Italia, si accetta che i massimi organismi di governo della nazione, pur eletti da una minoranza di cittadini decidano per tutta la popolazione. Per i "surrogati di fiducia" l’attenzione va, innanzitutto, all’uso della moneta cartacea. In tutto il mondo si scambiano beni e servizi accettando banconote di carta come controvalore, fidando sulla promessa implicita stampigliata sulle stesse di conservazione del valore assegnato, da “spendere” in qualsiasi momento futuro previa semplice consegna del “biglietto di carta”.

Volutamente si trascurano in questa sede questioni attinenti la svalutazione ed il rischio Paese che rappresentano la patologia del sistema monetario.
Appare opportuno e sensato, quindi, consentire alle banche di possedere titoli di Stato e di mantenere fermo nel tempo per gli stessi un valore di bilancio pari al costo di acquisto.

Alla naturale scadenza dei titoli la quotazione di mercato ed il valore nominale, salvo “fallimento” dello Stato emittente, saranno perfettamente allineati, senza alcuna negativa implicazione. E’ prioritario ed essenziale, come detto sopra, l’impegno esplicito della banca a trattenere fino alla naturale scadenza i titoli di Stato inseriti in portafoglio.

La vendita di titoli di Stato prima della naturale scadenza da parte delle banche è circostanza legata a valutazioni di opportunità o necessità del momento che contemplano anche l’eventualità di perdite in conto capitale.
Gli amministratori avranno i loro buoni motivi per decisioni straordinarie che possono danneggiare il patrimonio ed il conto economico della banca.

In tali casi gli azionisti, sollecitati anche dalle reazioni del mercato, valuteranno le specifiche situazioni ed agiranno in difesa dei propri interessi.
Le autorità di vigilanza bancaria svolgeranno il loro ruolo per arginare le situazioni di crisi tenendo conto, in via prioritaria, dell’interesse generale del Paese.




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