martedì 20 marzo 2012 - Enrico Emilitri

La Guerra Civile in Italia

Nel 1965 Giorgio Pisanò scrisse "Storia della Guerra Civile in Italia"; oltre vent'anni dopo Giampaolo Pansa riprese tale tematica sostenendo che la Resistenza Antifascista era da considerarsi come una Guerra Civile essendo stata combattuta da quanti (i partigiani) sostenevano il Regno d'Italia contro la Repubblica Sociale Italiana.

Tanto Pisanò che Pansa ritenevano, infatti, che così com'era stato concepito il Regno d'Italia in quanto tale (come, cioè, era sorto dalle lotte risorgimentali) non aveva più ragione di essere, e che avendo Vittorio Emanuele III tradito il giuramento di fedeltà alla Patria fuggendo da Roma e rifugiandosi tra le braccia degli Alleati aveva delegittimata la monarchia: era, pertanto, legittimo che Mussolini cercasse di riscattare l'onore italiano con l'aiuto dei tedeschi, i soli in grado di contrastare la potenza degli Alleati stessi e la barbarie da essi rappresentata.

Ora, nulla toglie che culturalmente parlando i popoli anglosassoni non siano al nostro stesso livello (non dimentichiamo che Shakespeare trasse ispirazione dal nostro Paese e che persino un grande architetto come Inigo Jones - che progettò Covent Garden e la prima cattedrale di San Paolo - usasse spesso l'italiano nei suoi progetti), cionondimeno - a parte quello francese - il più grande impero coloniale della Storia è stato senz'altro quello britannico, che dal 1945 in poi è stato, per certi aspetti, sostituito dall'imperialismo commerciale e finanziario (nonché militare) statunitense, stante per cui si può tranquillamente affermare che - perlomeno sotto questo profilo - ci sono (e ci sono stati, attualmente forse un po' di meno) decisamente superiori.

Prescindendo da ciò, vi sono dei presupposti che smentiscono le asserzioni di Pisanò e Pansa, innanzitutto il fatto che - fatta eccezione per la Germania nazionalsocialista e l'Impero del Sol Levante (più qualche Governo Collaborazionista, quale quello croato di Ante Pavelić e alcuni dittatorelli latinoamericani, che peraltro non avviarono mai regolari relazioni diplomatiche con la Repubblica di Mussolini e che, dopo la guerra, fecero rapidamente marcia indietro anche in ossequio a Gran Bretagna e Stati Uniti, dai quali dipendeva in buona sostanza la loro stessa sopravvivenza) - la Repubblica Sociale Italiana non ottenne alcun riconoscimento né ufficiale né ufficioso; essa non disponeva, inoltre, di adeguate istituzioni statali e periferico-territoriali al di fuori di quelle già esistenti, così come di una vera e propria Costituzione (quelle raccolte in un bellissimo e validissimo volume da Franco Franchi - non il comico siciliano, il cui vero nome era Francesco Benenato - e da Luciano Garibaldi nel suo "Mussolini e il professore" sono rimaste sostanzialmente lettera morta): quanto alle Forze Armate, in primo luogo l'esercito, esse erano costituite perlopiù da disertori, ex-internati (molti dei quali, a dire il vero, una volta rientrati in Patria dalla Germania, dove erano stati riorganizzati, armati, equipaggiati e addestrati, ne approfittarono per passare - in buona misura - o con gli Alleati o coi partigiani, tanto che lo stesso Hitler definì ironicamente le Forze Armate della RSI come "L'Ufficio Reclutamento della Resistenza Italiana"), cui si affiancarono le SS Italiane (in verità inquadrate nelle truppe germaniche), le Brigate Nere (che - al di là delle facili considerazioni ideologiche - erano spesso e comunque autentici delinquenti, che col Fascismo in quanto tale c'entravano come il petrolio nell'insalata) e la ben tristemente famigerata Xª Flottiglia MAS (o Xª MAS) del principe Junio Valerio Borghese (lo stesso che oltre un quarto di secolo dopo tenterà il Golpe alla vigilia dell'elezione di Giovanni Leone a Presidente della Repubblica) e della quale fece parte anche il noto attore Osvaldo Valenti che, alla fine della guerra, fu fucilato dai partigiani insieme alla compagna Luisa Ferida (nome d'arte di Luisa Manfrini).

A questo punto diventa ovvio che a fronte di simili considerazioni la categoria della Guerra Civile non può essere applicata alla Resistenza Italiana in quanto gli stessi Alleati non consideravano come soldati gli appartenenti alle Forze Armate della RSI benché, a differenza dei partigiani, indossassero una regolamentare uniforme militare (così come il saio non fa il monaco, l'uniforme non fa necessariamente il soldato, benché possa in qualche modo qualificarlo quantomeno come combattente), tendenza questa già manifestatasi nei confronti di altre Resistenze (per rimanere nell'attualità, basti pensare a quanto avvenne in Jugoslavia, dove inizialmente furono sostenuti i Četnici monarchici guidati da Draža Mihajlović, poi l'Armata Popolare di Liberazione comunista di Josip Broz Tito, che dimostrò anche una migliore organizzazione e notevoli capacità militari), stante il principio che - come del resto recitano molte convenzioni internazionali - laddove vengono meno delle Forze Armate regolari (e con questo termine vengono definite quelle a disposizione e agli ordini di un Governo legittimamente riconosciuto, benché della parte avversa, come del resto era, sino all'Armistizio, quello dello stesso Regno d'Italia) vengono riconosciute in tale qualifica quelle non regolari purché vadano a sostituire le medesime nelle zone da esse in precedenza presidiate o quelle più o meno immediatamente limitrofe e si mantengano in qualche modo fedeli allo stesso Governo in carica o alle legittime istituzioni esistenti o esistite sino al momento delle ostilità. E qui occorre fare una precisazione: non tutte le forze partigiane erano comuniste (o, comunque, di Sinistra), e anche nel caso esse furono riconosciute come parte delle Forze Armate del Regno d'Italia, anche nel caso in cui esse avessero prestato o rinnovato il proprio giuramento alla Patria ma non al Re, dato che essendo rimasto sino a tutta la prima metà del 1946 il nostro Paese una Monarchia (uso il maiuscolo in riguardo all'aspetto istituzionale, non certo come omaggio ai Savoia), tale giuramento si estendeva, di fatto, anche allo stesso Vittorio Emanuele III (si può, dunque, tranquillamente affermare che anche un partigiano comunista, socialista, anarchico, o repubblicano che non si riconoscesse nel Re rimaneva de facto fedele a quest'ultimo).

Tale principio non poteva, invece, essere esteso ai fascisti che combattevano per la Repubblica Sociale e, di riflesso, per i tedeschi: il Fascismo storico, infatti, era definitivamente decaduto dopo il Golpe del 25 Luglio 1943, portato a termine, tra l'altro, proprio dagli uomini più vicini a Mussolini, per cui esso non disponeva più di alcuna legittimità né interna né internazionale, e persino la Germania Nazionalsocialista non lo accreditava più di alcuna credibilità (tra chi l'ha visto, chi non ricorda la battuta di Richard Burton in "Rappresaglia":"Ormai il Fascismo è morto!"?), e chi ne indossava l'uniforme veniva qualificato (in buona misura giustamente) come disertore proprio anche in base al medesimo diritto militare internazionale (la stessa cosa avvenne anche per quanti si arruolarono nelle truppe regolari e negli ustaše in Croazia; o per i norvegesi che seguirono Vidkun Quisling, poi fucilato dai connazionali nel 1946, donde, appunto, l'espressione "Governo - o Gabinetto - Quisling"; non parliamo poi di quanti in Unione Sovietica si batterono a fianco degli invasori nazifascisti … ). Che poi, al di là dell'appartenenza politico-ideologica, tutte queste forze partigiane facessero comodo agli Alleati perché svolgevano il lavoro sporco è altrettanto vero, ma è certo che comunque dobbiamo in buona misura a esse se abbiamo recuperate libertà e democrazia.

Riassumendo, per questi e altri motivi (che mi astengo dal riportare per non rubare ulteriore spazio e tempo, ma che sono facilmente intuibili) non possiamo usare, sia sul piano tecnico che su quello storico e storiografico, la categoria di "Guerra Civile" nei riguardi della Resistenza Antifascista (nostra e di altri), così come non possiamo mettere sullo stesso piano i resistenti (partigiani, ma anche membri non combattenti della Resistenza) con i cosiddetti "repubblichini" o con i caduti di via Rasella dato che così come vi erano molti ex-sudditi italiani di origine sudtirolese che a partire dal 1939 avevano deciso, col pur truffaldino referendum delle "Opzioni", di passare il Brennero e divenire cittadini del Terzo Reich [tra i quali Silvius Magnago, padre fondatore e a lungo Obmann (=segretario generale) del Südtiroler Volkspartei (SVP)], parte di questi erano, in realtà, disertori delle nostre Forze Armate, e sempre in base al diritto militare sia interno che internazionale non possono pertanto essere qualificati neppure come miltari combattenti.

Spero con questo mio articolo di aver chiariti molti dubbi e molte riserve, anche se francamente so benissimo che non saranno pochi coloro che - pur allineati alla mia stessa scuola di pensiero - mi muoveranno numerose obiezioni e contestazioni reputandomi sin troppo fazioso o, comunque, poco obiettivo.



2 réactions


  • (---.---.---.96) 20 marzo 2012 11:31

    Opinioni in libertà punto e basta.
    Il 2 maggio 1945 Gli alleati firmarono l’armistizio con il M.llo Graziani Capo delle Forze armate della RSI che poneva fine ai combattimenti con L’onore delle Armi.


    • Enrico Emilitri Enrico Emilitri (---.---.---.251) 20 marzo 2012 13:08

      In effetti mi sono limitato solo a riportare alcuni aspetti che solitamente non vengono considerati; che poi sia avvenuto pure questo è un altro paio di maniche, anche se ciò non toglie che la Repubblica Sociale Italiana non tutt’ora considerata uno Stato nel vero senso della parola e neppure alle sue Forze Armata è mai stata riconosciuta la legittimità in quanto tali, e con questo intendo, al di là del retroterra culturale e ideologico, sottolineare degli aspetti puramente e principalmente giuridici.


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